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Medici, il Tf ridimensiona l'obbligo di segnalazione

Losanna accoglie parzialmente il ricorso di quattro dottori. Gli operatori sanitari tenuti a informare la Procura solo dei casi di morte per causa certa o sospetta di reato

25 marzo 2021
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Nel giorno in cui stila un bilancio dei propri checkpoint, a un anno dalla loro installazione sul territorio, per i test anti-Covid, l’Ordine ticinese dei medici incassa una vittoria a Losanna. Il Tribunale federale ha infatti parzialmente accolto il ricorso con il quale quattro medici - patrocinati dall’avvocato Mario Molo di Bellinzona - contestavano l’introduzione, nell’ambito della revisione della Legge sanitaria approvata dal Gran Consiglio nel dicembre 2017, di disposizioni più severe circa l’obbligo di segnalazione alla magistratura, da parte degli operatori sanitari, dei reati di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della loro attività professionale. Disposizioni ritenute dai ricorrenti, fra cui il presidente dell’Ordine (Omct) Franco Denti, lesive del segreto professione che gli operatori sanitari devono osservare. Operatori che, alla luce della sentenza dell’Alta Corte intimata stamattina alle parti, saranno tenuti a informare il Ministero pubblico unicamente di ogni caso di morte provocata da un reato o che sospettano sia da ricondurre a un reato. Nessun obbligo di segnalazione invece di altri reati perseguibili d’ufficio, per esempio le lesioni gravi.

Per il Tribunale federale deve essere dunque annullata parte del secondo capoverso dell’articolo 68 della legge ticinese, secondo cui l’operatore sanitario “ha l’obbligo di informare rapidamente entro un massimo di trenta giorni il Ministero pubblico, direttamente o per il tramite del Medico cantonale, di ogni caso di malattia, lesione o di morte per causa certa o sospetta di reato perseguibile d’ufficio venuto a conoscenza in relazione con l’esercizio della propria funzione o professione”. Così come confezionata dal Gran Consiglio, la norma non va bene, ha quindi considerato in sostanza Losanna. Il citato capoverso, scrivono i giudici di Mon Repos, va pertanto annullato “nella misura in cui eccede l’obbligo per l’operatore sanitario di informare l’autorità di perseguimento penale delle morti per causa certa o sospetta di reato di cui è venuto a conoscenza in relazione con la sua professione”. Di conseguenza, aggiunge il Tf, “occorre annullare i termini ’di malattia, lesione o (...) perseguibile d’ufficio’ contenuti nell’articolo 68”.

Non solo. I giudici di Mon Repos hanno accolto anche un’altra richiesta dei ricorrenti, ovvero l’abrogazione del terzo capoverso del medesimo articolo. Quello in base al quale l’operatore sanitario “ha parimenti l’obbligo di informare rapidamente entro un massimo di trenta giorni il Ministero pubblico, direttamente o per il tramite del Medico cantonale, di ogni altro caso di reato perseguibile d’ufficio perpetrato da un operatore sanitario in relazione con la propria funzione o professione, fatto salvo il segreto medico nel rapporto terapeutico”.

Il Tribunale federale ha per contro respinto la tesi dei quattro medici ricorrenti, per i quali il quarto capoverso dell’articolo 20 della Legge sanitaria, che impedisce di opporre il segreto professionale all’autorità di vigilanza qualora chieda informazioni per assolvere i suoi compiti di ispezione e di vigilanza, violerebbe il segreto in questione. Annota fra l'altro Mon Repos: “In tale contesto, il medico o l’operatore sanitario oggetto della procedura disciplinare non può validamente invocare il segreto professionale per impedire all’autorità cantonale di vigilanza di accedere all’incarto sanitario pertinente per l’inchiesta".

Denti: una vittoria storica per la medicina svizzera

Tornando all’articolo 68, il Tf ridimensiona dunque l’obbligo di segnalazione alla magistratura per gli operatori sanitari. E meglio: ridimensiona le disposizioni varate poco più di tre anni da Consiglio di Stato e Gran Consiglio. «Sono davvero soddisfatto di questa importante decisione del Tribunale federale, importante non solo per il Ticino - commenta Franco Denti, interpellato dalla ’Regione’ -. Il segreto medico, che è alla base del rapporto medico-paziente, è di nuovo tutelato nella sua interezza. I cittadini che necessitano di cure - prosegue il presidente dell’Omct - devono avere la massima fiducia nell’operatore sanitario al quale si affidano per guarire. Come ho avuto modo di scrivere in passato, il segreto professionale tutela non il medico, ma i suoi pazienti, i quali affidano al primo, nel rapporto terapeutico, informazioni sensibili e confidenziali. La missione del medico è anzitutto una: curare. E questa decisione del Tribunale federale è una sentenza storica per la medicina svizzera».

 

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