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‘Nuovi aiuti da Berna doverosi, ma occhio ai conti pubblici’

Le reazioni dal parlamento ticinese sul raddoppio delle risorse finanziarie per i casi di rigore. Gobbi: passo timido sugli ingressi in Svizzera

27 gennaio 2021
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Covid-19, oggi a Berna si è parlato anche di economia, soprattutto di aiuti alle aziende. «È senz’altro positivo - afferma il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi - l’aumento della dotazione di risorse finanziarie per i casi di rigore, segno che anche in Consiglio federale vi è la consapevolezza delle difficoltà in cui si trovano non poche attività economiche, soprattutto quelle che sono state chiuse o che hanno subìto una forte contrazione della cifra d’affari a seguito delle chiusure. Da considerare positivamente è anche la possibilità data alle autorità cantonali di infliggere multe disciplinari, sanzioni che avranno un effetto deterrente potendo essere decise e applicate subito, una volta constatata la violazione delle disposizione anti-Covid. Quanto ai controlli per chi entra ed esce dal nostro territorio il Consiglio federale ha invece compiuto un timido passo, che non risponde completamente alle richieste che come governo cantonale abbiamo formulato a più riprese, ritenuto che un‘elevata mobilità transfrontaliera è comunque uno degli elementi che contribuiscono alla diffusione del virus.  Evidentemente la preoccupazione rimane». Prosegue Gobbi: «Come mi ha riferito nel pomeriggio, il segretario di Stato della migrazione Mario Gattiker, l’autorità federale guarda anche come si muovono le cose a livello europeo e in particolare all’interno dello spazio Schengen: se la situazione dovesse peggiorare, potrebbero essere predisposti i controlli alle frontiere come quelli attuati la scorsa primavera». 

Il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian VItta rimanda ogni considerazione a venerdì, giorno in cui è prevista una conferenza stampa per illustrare l’applicazione delle norme cantonali sui casi di rigore dopo il recente via libera in Gran Consiglio e i contenuti del decreto esecutivo elaborato dal Consiglio di Stato.

Durisch (Ps): ‘Ampliare i casi di rigore’

I casi di rigore, appunto. «La decisione del Consiglio federale di mettere a disposizione ulteriore denaro è nuovo ossigeno per le aziende in difficoltà - osserva il capogruppo del Ps in Gran Consiglio Ivo Durisch -. A questo punto il mio auspicio è che tra i casi di rigore, quindi tra i beneficiari degli aiuti, rientrino anche le aziende istituite dopo il marzo 2020 e quelle con una cifra d’affari sotto i 50mila franchi. Aiuti che se non giungono da Berna, spero arrivino dal Cantone». Ampliare dunque la casistica. L’auspicio di Durisch è condiviso anche dal liberale radicale Matteo Quadranti, già relatore in Gran Consiglio sul decreto legislativo e la legge riguardante i casi di rigore ticinesi: «Non si capisce infatti il senso del limite del primo marzo, visto che ci sono anche persone che prima di quella data avevano pianificato, firmato contratti o preso impegni per rilevare o aprire nuove società». Per Quadranti, il rafforzamento dell’arsenale finanziario deciso dal Consiglio federale «era un passo dovuto, visto che gli ordini di chiusura di determinate attività economiche sono giunti da Berna».

Questi soldi «salveranno tante realtà e si tratta di ossigeno necessario, ma bisogna rendersi conto che sono mezzi di sostentamento che servono perché in un determinato periodo una persona, un’azienda non ha avuto entrate. Non sono milioni dedicati al rilancio, servono alla sopravvivenza». È soddisfatto ma prudente, molto prudente, il presidente del Plr Alessandro Speziali. Lo è perché «sono milioni che servono, ripeto, e il Gran Consiglio sarà chiamato ad avallare il terzo della somma che è di competenza cantonale. Ma non hanno l’effetto leva che hanno gli investimenti. Anzi, vanno a pesare sulle finanze pubbliche compromettendo, in parte, alcuni investimenti futuri». Questo ossigeno, per Speziali, «ha un costo, non solo finanziario ma anche progettuale. Il campanello d’allarme sul futuro deve suonare ancora più forte, ed è ancora più impellente che la Gestione, nei sei mesi di tempo che si è data, inizi a pensare a misure per il rientro». Con il timore che «a un certo punto ci accorgeremo di questa ondata lunga a livello di salute delle finanze, e temo saranno dolori».

Secondo il granconsigliere leghista Michele Guerra, che è anche membro della commissione parlamentare della Gestione, «in questo periodo di difficoltà è dovere dello Stato e di noi politici erogare i giusti aiuti all'economia e ai cittadini, ma occorre anche - e al più presto - un piano di rientro per 'tirare la cinghia' su quelle voci di spesa che non sono più prioritarie di fronte alla pandemia e alle sue conseguenze economico-finanziarie. Non dovessimo farlo, tra due o tre anni il governo si troverebbe obbligato ad aumentare a tutti tasse e imposte e questo significherebbe scaricare ancora sul cittadino, già tartassato da questa emergenza, il peso economico della pandemia. Detto ciò, ora avanti a tutta con gli aiuti, che sono indispensabili».

Quella giunta da Berna «era una notizia che circolava nell’aria, il fatto che questi fondi siano stati raddoppiati lo saluto con estremo piacere ed è una decisione doverosa: la situazione per l’economia ho paura che sia ancora peggiore di quella che immaginiamo», spiega da noi contattato il presidente del Ppd Fiorenzo Dadò. «Naturalmente - continua - siccome ci sono soldi in più bisogna valutare se ci sono settori che non sono ancora sostenuti, o poco, e allargare a loro l’intervento». Perché «bisogna aiutare tutte le persone e tutti i settori in difficoltà, l’obiettivo del Ppd è non lasciare indietro nessuno, ma davvero nessuno». E in merito alle uscite, per Dadò «non si può non prestare un occhio anche a queste, se è vero che bisogna attutire il colpo è altrettanto vero che bisognerà colmare il buco che si crea: è evidente che un ragionamento va fatto, e ci aspettiamo dal governo una valutazione in questo senso». 

Aggiunge il capogruppo popolare democratico in Gran Consiglio Maurizio Agustoni: «Bisognerà verificare se nella ripartizione della quota che verrà messa a carico dei cantoni sia possibile istituire un meccanismo di solidarietà che tenga conto dell'impatto che ha avuto il coronavirus sulle singole economie cantonali. Sarebbe ingiusto che i cantoni maggiormente colpiti fossero anche quelli chiamati a contribuire in modo piu importante».

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