Ticino

‘Ndrangheta, al maxi processo di Lamezia c’è pure Pulice

Killer giovanissimo, il collaboratore di giustizia ha trascorsi anche in Ticino dove avrebbe riciclato denaro per conto del clan Mancuso

L’aula bunker di Lamezia Terme dove è in corso il maxi processo
(Keystone)
18 gennaio 2021
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Come il prezzemolo Gennaro Pulice, 41enne killer (sei omicidi quando ancora era minorenne) lo si trova, spesso con un ruolo determinante, nelle più importanti inchieste che nel corso degli ultimi anni, hanno contribuito a disarticolare la ’ndrangheta lametina e vibonese, quali ‘Andromeda’, ‘Rinascimento-Scot’ e ‘Imponimento’. Ma non solo. Pulice è uno dei 58 collaboratori di giustizia, fra i quali Andrea Mantella, di cui si è parlato a lungo lo scorso anno, nell’ambito dell’operazione ‘Imponimento’, che alla Dda di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, hanno fornito elementi utili per supportare l’accusa nel maxi processo nei confronti di 325 presunti ‘ndranghetisti nell’ambito dell’operazione ‘Rinascita-Scott’ che nel dicembre 2019 aveva portato all’arresto della maggior parte degli attuali imputati, fermati dai carabinieri in Italia, Germania, Bulgaria e Svizzera.

Nei faldoni del più grande processo per mafia da quello tenuto a Palermo oltre 30 anni fa e coordinato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ampio spazio ai racconti forniti dai pentiti, come quelli di Gennaro Pulice, che confermano come il killer della l'ndrangheta, che si qui ha collezionato condanne per una trentina di anni, per tre dei sei omicidi di cui si è autodenunciato, dopo gli anni dello stragismo, ha cambiato pelle, diventando un consulente finanziario a Lugano, dove in una ventina di mesi, prima di essere arrestato nel maggio 2015, era riuscito a riciclare oltre cinquanta milioni di euro. Una ventina dei quali, si apprende dagli atti del processo Rinascita-Scott, a favore della ‘ndrina Mancuso di Limbadi, territorio a cerniera fra la Piana di Gioia Tauro e il Vibonese.

Quello dei Mancuso è considerato dalla Commissione Antimafia, come “il clan finanziariamente più potente d’Europa, grazie ai professionisti organici alle cosche”. Come per sua stessa ammissione, è considerato Gennaro Pulice. Il processo dopo l’udienza di mercoledì scorso nell’aula bunker di Lamezia Terme, è stato aggiornato a domani 19 gennaio.

Prima in tutta la Calabria una struttura del genere non c’era. Meno che mai in quel pezzo di regione. Così come mai prima di Rinascita Scott c’era stata un’inchiesta capace di tenere insieme oltre dieci anni di storia criminale di una provincia che si è fatta conoscere per i killer che ha sfornato, per le faide che hanno coinvolto ragazzini, ma anche come feudo e casa dei Mancuso di Limbadi, uno dei clan più potenti della ’ndrangheta tutta. Uno dei pochi - sette, secondo le più recenti acquisizioni della magistratura reggina, che all’individuazione della direzione strategica dei clan lavora da tempo - che hanno facoltà di decidere le macro-strategie per l’intera organizzazione, anche grazie ai legami con la politica e la massoneria.  

Dalle carte processuali emerge il ruolo di consulente finanziario (lo ammetto lo stesso pentito) sul versante svizzero di Gennaro Pulice della holding della finanziaria della cosca Mancuso. Era lui che si preoccupava del riciclaggio dei soldi sporchi della ‘ndrangheta vibonese e degli investimenti che spaziavano da Las Vegas ai Paesi dell’Est europeo. L’altro pentito, il cui nome ricorre anche nell’operazione Imponimento, per l’accusa radicata anche in Ticino, Andrea Mantella, ex padrino emergente di Vibo Valentia, oltre che sulla cosca Mancuso, si sofferma anche al clan Morabito-Palamara e sui traffici di droga, armi, soldi e droga con la Svizzera. Tra gli imputati sotto processo a Lamezia Terme troviamo un 39enne di Vibo Valentia, residente in provincia di Varese, titolare di un’officina meccanica nel Luganase, e un avvocato di cui si è parlato a lungo dopo che nel novembre 2019 al valico di Brogeda era stato trovato un assegno da 100 milioni di euro che era stato emesso il 5 ottobre 2018 dal Credit Suisse di Ginevra. Lo aveva uno ’ndranghetista legato al clan Mancuso.

Oltre 325 imputati solo per il troncone con rito ordinario, cui si aggiungeranno probabilmente i quattro che hanno scelto il giudizio immediato, tutti presenti in aula o collegati in videoconferenza, più di 600 legali chiamati a rappresentarli e a difenderli dagli oltre 400 capi d’imputazione che vengono loro contestati, quattro magistrati - il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, e i pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso - pronti a rappresentare l’accusa.

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