Ticino

Ansia e nervosismo: ecco la quarantena

Riflettori puntati sulla salute mentale, sempre più minacciata dal protrarsi della crisi pandemica

(Keystone)
23 dicembre 2020
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Una telefonata. ‘Lei deve stare in isolamento’. Un momento di smarrimento e poi mille pensieri a raffica. Molte persone hanno vissuto o stanno vivendo il confinamento a casa a causa del Covid–19 e i risvolti psicologici sono molti. Smarrimento, incredulità, noia, ansia. Sono alcune delle sensazioni che possono sopraggiungere quando si scopre di dover rimanere in isolamento o quarantena. Nel primo caso si è certi di essere stati contagiati dal virus, nel secondo no, e si aggiunge dunque l’incertezza. 

«Dopo dieci giorni di quarantena il nostro equilibrio psichico inizia a vacillare: possono comparire stress e ansia», ci spiega la psicologa Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono, responsabile del servizio di psicologia Osc (Organizzazione sociopsichiatrica cantonale) e della task force psicologica Covid–19, che cita uno studio dell’università King’s College di Londra. «Dopo nove giorni dal termine della quarantena i medici riscontravano sintomi compatibili con il disturbo acuto da stress, che si caratterizza per incapacità di provare emozioni positive, la presenza di pensieri intrusivi, disturbi del sonno, ansia e facile irritabilità. In alcune persone tale quadro di disagio si è prolungato sino a tre anni dopo il periodo di quarantena (lo studio si basa su pregresse epidemie)». 

Le cause che portano a sviluppare questi sintomi e sensazioni sono molteplici. «Quando viene ordinata una misura di isolamento o quarantena spesso non si è pronti», prosegue Ferrazzo Arcidiacono. «In maniera istantanea dobbiamo sospendere le routine quotidiane e fermarci. A questo si somma la preoccupazione per i sintomi che comporta la malattia», come pure lo stress per il lavoro e le possibili conseguenze economiche e il timore di contagiare le persone vicine. Inoltre, spiega, «la riduzione delle possibilità di relazionarsi con gli altri, protratta per settimane o per mesi, può causare ritiri depressivi, o comparsa di sentimenti di noia e frustrazione». A rincarare la dose anche l’essere quotidianamente a confronto con «notizie, cambiamenti di disposizioni e un senso generale di insicurezza e precarietà che ci può portare a sviluppare paure irrazionali».

Sintomi a cui prestare attenzione

Ognuno è però diverso e in alcuni casi possono sopraggiungere sintomatologie come lo shopping compulsivo, le dipendenze da internet e i disturbi del comportamento alimentare. A livello trasversale possono inoltre comparire «un senso generale di sfiducia verso le istituzioni e le fonti ufficiali di informazione che può generare comportamenti sfidanti inconsci e trasgressione delle regole», precisa la psicologa, come pure «la comparsa di pensiero catastrofico, ovvero la tendenza a prefigurarsi il peggio con il rischio di demotivarci, distorcere il senso della realtà rendendola ancor più faticosa».

Catastrofico può sembrare lo scenario appena descritto, ma non bisogna generalizzare. I modi per vivere in maniera più serena una quarantena o un isolamento ci sono. «Prendersi cura della propria salute psichica permette di evitare un sovraccarico emotivo, e ci protegge da eventuali disturbi a lungo termine», ricorda Ferrazzo Arcidiacono. «È importante affidarsi alle proprie risorse personali, e qualora non dovessero bastare si può chiedere aiuto al proprio medico di famiglia che saprà valutare lo stato di salute e, se necessario, indirizzarci a uno/a specialista».

Ad essere maggiormente vulnerabili sono comunque le persone che già prima della pandemia soffrivano di alcuni disturbi psichici. «Le manifestazioni maggiormente osservate riguardano patologie conosciute come la depressione, sindromi ansiose, il disturbo ossessivo–compulsivo e fobie specifiche», chiarisce la psicologa. «In questo periodo hanno sicuramente sofferto maggiormente i quanto hanno vissuto il materializzarsi delle angosce che li caratterizzano: ci si può ben immaginare le conseguenza su questi soggetti di tutte le continue raccomandazioni e attenzioni richieste per il rispetto delle norme igieniche, la disinfezione, la distanza sociale, ecc.». Inoltre non bisogna dimenticare che «la sofferenza si accentua perché aumenta a dismisura il controllo che dobbiamo avere sull’ambiente e di conseguenza anche il dispendio di energia psichica. Questo può determinare un sentimento di inadeguatezza e fragilità».

La preoccupazione che caratterizza il confinamento è anche quella di poter contagiare gli altri. Angoscia che può protrarsi anche al termine della quarantena. Alcune persone hanno infatti paura di essere ancora contagiose nonostante le rassicurazioni del medico. «In una pandemia dovrebbe estinguersi lo stigma sociale – afferma Ferrazzo Arcidiacono –: non esiste un untore che sparge il virus; esiste una probabilità di ammalarsi che possiamo ridurre adottando le misure di protezione indicate dalle autorità».

Difficoltà pratiche

A livello più pratico molte difficoltà si riscontrano nei nuclei familiari. «Organizzare una quarantena in famiglia non è semplice, soprattutto in contesti abitativi molto stretti», ci spiega Marina Lang, psicologa della polizia cantonale e responsabile del contact tracing. «Questo genera ansia in genitori che vogliono rispettare in maniera corretta la prassi ma si scontrano con le difficoltà di applicazione in casa».

«Le telefonate lasciano trasparire una generale stanchezza data dal perdurare della pandemia, stanchezza che può portare a qualche resistenza in più di fronte a quarantene ed isolamenti». I tentativi di ritrattare periodi e durata dei confinanti sono in aumento in particolare nel periodo delle festività. «Una reazione comprensibile» racconta Lang, fatto che trova conferma nelle recenti pubblicazioni e definita dall'Organizzazione mondiale della sanità come fatica pandemica.

«Anche i giovani, che hanno dato prova di grande resilienza durante l’anno, mostrano attualmente più insofferenza verso i limiti – prosegue la psicologa –. Per non pensare alle persone che hanno già effettuato più di una quarantena ed hanno accumulato difficoltà su diversi piani. Rispetto alla primavera scorsa, dove a farla da padrone erano paura, smarrimento e incertezza per una malattia sconosciuta ci troviamo oggi saturi d’informazioni stanchi e insofferenti. Reazioni comprensibili che le istituzioni cercano di accogliere dando un senso sia durante le telefonate del contact tracing sia attraverso canali di sostegno specializzato come l’hotline psicologica», conclude Marina Lang.

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