Ticino

Ristorni, la discussione è tra Ticino e Berna

Tassazione frontalieri: la commissione parlamentare della Gestione alle prese con la mozione Galeazzi/Bignasca che chiede di bloccare i versamenti all'Italia

(foto Ti-Press)

Il dibattito sui ristorni dei frontalieri, dopo il parere giuridico della professoressa Andrea Opel dell’Università di Lucerna che ritiene possibile una disdetta unilaterale dell’accordo del 1974 senza far decadere la Convenzione contro la doppia imposizione tra Svizzera e Italia (Cdi), torna a essere preminentemente interno. Non più dichiarazioni declamatorie dal Ticino verso Milano e Roma che lasciano il tempo che trovano, ma il tentativo più sensato di intavolare una discussione sull’asse Bellinzona-Berna in prima persona con il consigliere federale competente del dossier: il direttore del Dipartimento delle finanze Ueli Maurer. È questa, a prima vista, la strada che una buona parte della Commissione della gestione del Gran Consiglio vuole battere per conseguire almeno un obiettivo: ottenere una compensazione finanziaria da parte della Confederazione che attenui l’onere dei ristorni delle imposte dei lavoratori frontalieri che pesa, a onor del vero, sul solo Ticino. La questione è annosa. E di difficile soluzione. Perlomeno, non a breve. E la discussione di ieri in Gestione sulla mozione di Tiziano Galeazzi (Udc) e Boris Bignasca (Lega) che chiede proprio di bloccare il versamento dei ristorni delle imposte dei frontalieri sino alla firma dell’accordo parafato nel 2015 è anche un modo per tornare a fare pressione proprio su Berna.

«Disdire o no l’accordo sulla tassazione dei frontalieri è di competenza federale e la decisione è quindi meramente politica anche se c’è un parere giuridico che afferma che l’eventuale denuncia da parte svizzera non comprometterebbe la Convenzione contro la doppia imposizione con l’Italia», rileva il granconsigliere liberale radicale Matteo Quadranti. «Ma proprio alla luce di questa possibilità sarebbe interessante che il Consiglio federale - tenendo conto dei flussi finanziari derivanti proprio dalla Cdi - compensi il Ticino», aggiunge Quadranti. Come dire: se a Berna va bene mantenere in vigore gli accordi con l’Italia come sono ora, non sia solo Bellinzona a pagare l’intera somma che ogni anno va oltre confine. «Dal 1974 sono stati versati più di un miliardo di franchi e sarebbe opportuno sapere anche come sono stati spesi dai Comuni italiani della fascia di confine», prosegue Quadranti. A ogni modo questa sarà eventualmente musica del futuro. Per rimanere al presente, nelle prossime settimane il Consiglio di Stato incontrerà Maurer proprio per discutere del dossier tassazione dei frontalieri e chiedere verosimilmente di accelerare l’iter negoziale con il governo di Roma ormai fermo da quasi cinque anni. Al presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi e al responsabile del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, sentiti ieri dalla Gestione, la commissione ha chiesto anche di visionare l’intera analisi giuridica di Opel, di cui a inizio agosto sono state rese note dal governo solo le conclusioni.

'Vogliamo sapere quali margini di manovra ha il Gran Consiglio'

«Così non si può andare avanti: sulla fiscalità dei frontalieri bisogna arrivarne a una - dichiara il popolare democratico Maurizio Agustoni, relatore in Gestione con il democentrista Paolo Pamini sulla mozione Galeazzi/Bignasca -. Prima di pronunciarci nel merito dell'atto parlamentare intendiamo però approfondire alcuni aspetti giuridici legati al vigente accordo italo-svizzero: come commissione abbiamo così allestito oggi (ieri, ndr) un primo elenco di domande indirizzate al Consiglio di Stato». La convenzione del 1974 «dice, per esempio, che del versamento dei ristorni all'Italia sono competenti gli 'organi finanziari' dei Cantoni coinvolti nell'accordo (Ticino, Grigioni e Vallese): ebbene, vorremmo capire se il Gran Consiglio possa essere considerato un organo finanziario ai sensi dell'accordo e pertanto, ed eventualmente, decidere lui il via libera o il blocco dei pagamenti. Oppure se possa pretendere di essere interpellato, per un preavviso, dal Consiglio di Stato qualora risultasse di quest'ultimo la competenza». Non solo: «Chiediamo inoltre al governo lo stato dell'arte dopo roadmap e lettere d'intenti con la Regione Lombardia. Poi, chiaramente, attendiamo di conoscere gli sviluppi delle discussioni tra il Consiglio di Stato e il Consiglio federale. In ogni caso non è normale che il Canton Ticino continui a essere ostaggio dei tentennamenti o della mancanza di buona volontà dell'Italia che di fatto non ha ancora ratificato l'accordo parafato nel 2015.  A meno che Berna - prosegue il capogruppo del Ppd in parlamento - non preveda una forma di compensazione a favore del nostro Cantone. È comunque nostra intenzione, quali relatori, esaminare tutte le questioni pendenti riconducibili alla convenzione del '74, con la volontà di individuare in tempi ragionevoli una soluzione concreta, ritenuto anche che oggi il Ticino è doppiamente penalizzato: il vigente accordo ci impone il versamento all'Italia di quasi il 40 per cento delle imposte alla fonte e dalla perequazione intercantonale riceviamo meno soldi perché questa considera il reddito dei frontalieri che lavorano in Ticino nel "potenziale di risorse“ del Cantone. Insomma, oltre al 'danno' la beffa».

L'incontro tra il governo ticinese e il consigliere federale Maurer dovrebbe tenersi il mese prossimo o a inizio ottobre, indica, da noi interpellato, il presidente del Consiglio di Stato. «Visto che Maurer si è detto disponibile ad affrontare il dossier per arrivarne finalmente a una, discuteremo con lui una strategia comune», dice Norman Gobbi. Nel frattempo il Gran Consiglio è alle prese con la mozione di Galeazzi e Bignasca che sollecita il blocco dei ristorni. «L'ultimo blocco, seppur parziale, che come governo abbiamo deciso ha portato a qualche risultato: di recente infatti il parlamento italiano ha inserito nel decreto legge il pagamento dei debiti di Campione con il Ticino sino alla fine del 2018», osserva Gobbi. E ricorda: «Il blocco totale dei ristorni è un'opzione che come Consiglio di Stato abbiamo già preso in considerazione se l'anno prossimo le cose con l'Italia non dovessero cambiare in relazione all'accordo parafato nel 2015».

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