Ticino

Nel sondaggio spunta la 'razza': proteste da alcuni insegnanti

Si chiede di specificarla in un rilevamento su coronavirus e vita quotidiana (ma il Decs non lo aveva autorizzato). Il problema nel riutilizzo di un formulario Usa.

(Depositphoto)
17 giugno 2020
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L’intenzione era nobile: invitare gli insegnanti delle scuole ticinesi a un sondaggio internazionale per “capire come le persone stiano vivendo l’attuale pandemia e che senso le stiano dando”. Una ricerca della blasonata Northeastern University di Boston, che ha un istituto appositamente dedicato all’uguaglianza in tema di salute e alla giustizia sociale. Eppure gli insegnanti hanno trovato nel testo una parola che ha fatto parecchio arrabbiare alcuni di loro: “razza”.

Alla terza schermata del rilevamento online – dopo domande quali “che cosa le ha insegnato la pandemia a proposito di ciò che è importante e significativo per Lei?” e “cosa non vede l’ora di fare quando sarà finita?” – ecco in effetti le richieste anagrafiche di rito: età, genere e, appunto, “etnia/razza”. Ecco allora che alcuni interpellati si sono indignati: il concetto di razza, si sa, “è considerato destituito di validità scientifica, dacché l’antropologia fisica e l’evoluzionismo hanno dimostrato che non esistono gruppi razziali fissi o discontinui” (così l’Enciclopedia Treccani). In breve: la razza non esiste.

Usi e Decs non c’entrano

Chiamati in causa sono stati l’Università della Svizzera italiana (Usi) – dato che il sondaggio era stato fatto circolare attraverso un suo indirizzo e-mail, sia pure “in veste personale” – e il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs): a riceverlo sono stati gli insegnanti di scuola ai loro indirizzi professionali. Il Decs ha subito smentito qualsiasi ruolo nell’accaduto: «Il sondaggio non è autorizzato dal Decs, il Decs non ne sapeva niente, e per la sua diffusione non abbiamo fornito né autorizzato alcun utilizzo delle e-mail dei nostri insegnanti», ha tagliato corto Emanuele Berger, direttore della Divisione della scuola. Con un'e-mail a tutti i docenti, il Dipartimento ha poi segnalato che il sondaggio "è il frutto dell’uso improprio dell’indirizzario docenti e operatori. L’invito può quindi rimanere senza risposta".

Anche l'Usi, tramite il rettore Boas Erez, ha preso le distanze: «Abbiamo verificato e l’Usi non ha autorizzato la diffusione di questo sondaggio, né collabora allo studio. Da quanto abbiamo potuto appurare il link al sondaggio è stato distribuito a titolo personale da un collaboratore del Decs che ci risulta essere anche uno studente dottorale esterno dell’Usi che non ha un contratto di lavoro con noi. L’afferenza al Laboratorio dell’Usi, non esistendo alcun coinvolgimento istituzionale, non andava indicata: abbiamo contattato la persona in questione, che per sua stessa dichiarazione ha detto di aver diffuso lo studio 'a titolo personale'».

Da parte sua, l'interessato aggiunge di aver seguito la prassi dell’aiuto reciproco nella ricerca scientifica, e ricorda come lo studio abbia l’approvazione del comitato etico della Northeastern. 

Ma qui ‘razza’ non ha valore genetico

Per quanto riguarda le reazioni, l’impressione è che si sia trattato del classico caso di termine ‘lost in translation’: una parola che smarrisce il suo senso originario al momento del trasloco dalla sensibilità americana a quella italofona e svizzera (la traduzione è stata resa disponibile in diverse lingue a livello internazionale e non risultano coinvolti attori locali). Se infatti è vero che in America si chiede spesso la ‘razza’ (race) di una persona in ogni sorta di moduli, dovrebbe essere scontato per gli statunitensi che il concetto non è in alcun modo da intendersi in senso genetico. Come si legge sulla pagina web dell’Ufficio del censimento Usa, ad esempio, “i dati sulla razza si basano sull’autoidentificazione e le sue categorizzazioni riflettono una definizione sociale. Le categorie non cercano di definire la razza dal punto di vista biologico, antropologico o genetico”. Una categorizzazione liberamente basata sul senso d’identità personale, insomma, peraltro “decisiva per elaborare scelte politiche, in particolare per i diritti civili”.

Da noi, invece, “razza” è un termine dal sapore molto più univocamente odioso: il trasferimento del termine nel contesto ticinese ha dunque smarrito la sua iniziale cornice interpretativa. In tempi nei quali la sensibilità sul tema è comprensibilmente elevata, ecco emergere allora un certo malcontento. Con buona pace di un sondaggio certamente benintenzionato.

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