Ticino

Affidi coatti, la storia di Sergio Devecchi

Oggi le scuse della Chiesa evangelica riformata nel Ticino. La testimonianza dell'ex presidente della Società svizzera di pedagogia sociale

Ti-Press
12 novembre 2019
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Di oggi la notizia che il Sinodo della Chiesa evangelica riformata nel Ticino chiede "scusa e perdono" alle vittime per gli affidi coatti che si sono perpetrati nel corso degli anni. Lo ha fatto dopo aver ascoltato la testimonianza di Sergio Devecchi, sottratto alla madre e affidato a istituti evangelici. Riportiamo di seguito l'intervista che Devecchi, poi diventato presidente della Società svizzera di pedagogia sociale, ha rilasciato al nostro giornale l'11 aprile 2019. La sua storia l'abbiamo raccontata già a partire dal 2014.

La storia

«Sono una vittima delle misure coercitive a scopo assistenziale. Ma quale assistenza? In realtà lo Stato mi ha messo in un angolo, abbandonato ad un’infanzia e un’adolescenza tormentate e mortificanti».Un senso di vergogna gli ha impedito di parlare per anni. Abbiamo raccontato la storia di Sergio Devecchi nell’aprile 2014 quando in Ticino il tema era ancora tabù. Pedagogista in pensione, Devecchi ha presieduto la Società svizzera di pedagogia sociale, sempre celando il suo passato di ‘illegittimo’ cresciuto in orfanotrofio tra Ticino e Grigioni. «La mia colpa? Essere un figlio illegittimo. Mia madre, cresciuta in una famiglia di modeste condizioni, aveva 19 anni quando ha avuto un’avventura amorosa con mio padre, anch’egli appena diciannovenne. Non l’ho mai conosciuto. Sono stato strappato a mia madre a Lugano da bebè per ordine dell’autorità». All’oscuro della madre, viene portato all’istituto ‘Dio aiuta’ di Pura, dove resta fino all’età di 11anni.«Si pregava e lavorava finché era buio.C’era poco da mangiare». Una vita dura, segnata anche da tentativi di abuso. «Il primo è stato a Pura, avevo 9 anni.Ne sono seguiti altri nei Grigioni da parte di educatori. Li ho denunciati al direttore, ma mi sono preso una sberla». A 12 anni viene spostato al Von Mentlen di Bellinzona. «Nessuno mi ha detto perché. Ero come un pacco». Scappa, viene fermato dalla polizia: «Gli agenti mi davano la cioccolata, sono i ricordi più belli del Ticino». Viene spostato all’istituto ‘Dio aiuta’ a Zizers, nei Grigioni: lo rinchiudono in una stanza senza vestiti, per togliergli la voglia di scappare. Fino al 1981, i bambini potevano essere strappati alla famiglia solo perché illegittimi, rinchiusi in un istituto e spesso dimenticati. «Io ce l’ho fatta, ma tanti altri sono finiti in miseria».La storia di Devecchi è diventata un libro che ha dato forza ad altri,ora c’è anche initaliano: ‘Infanzia rubata’, edizioni Casagrande. Riassume gli anni di internamento, il riscatto sociale e la svolta inattesa: il ritorno in istituto, questa volta, però, nei panni di direttore.

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