Ticino

I tanti dubbi attorno al valore locativo

La procedura di consultazione ha fatto emergere divisione sull’attuazione di una misura auspicata da molti anni. È in ballo la parità tra contribuenti

(Ti-Press)
30 luglio 2019
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Chi vive in un immobile di proprietà lo sa bene. Ogni anno, oltre ai redditi da lavoro, pensionistici o da capitale, deve dichiarare al fisco come ulteriore entrata il cosiddetto valore locativo. Un reddito ‘fittizio’, compreso generalmente tra il 60 e il 70 percento della pigione che si sarebbe dovuta pagare per vivere in una casa in affitto equivalente a quella di proprietà, che va ad aumentare l’imponibile totale annuo e quindi l’onere fiscale. Una sua eliminazione darebbe quindi sollievo finanziario a tanti proprietari. Ma perché tassare un reddito che di fatto non esiste? Il motivo della tassazione risiede nel sistema fiscale solidale della Svizzera.

Il valore locativo, infatti, è considerato reddito in natura. Ciò significa che il proprietario non percepisce alcun reddito in denaro nel senso di un affitto, tuttavia ottiene un ricavo in termini di utilizzo, dal momento che abita il suo immobile. Questo ricavo di utilizzo corrisponde al valore economico dell’affitto che avrebbe potuto conseguire in caso di locazione. Dal momento che ciascuno deve vivere da qualche parte, abitare nella propria casa rappresenta un risparmio: non si paga alcun affitto.

A ciò si aggiunge il fatto che i proprietari di casa possono applicare diverse deduzioni, ad esempio gli interessi ipotecari e i costi di manutenzione. Ai fini di una parità fiscale con i locatari, i quali non possono avvalersi di queste deduzioni, i proprietari di case devono quindi pagare di fatto un’imposta sul valore locativo.

Il principio è stato introdotto una prima volta più di un secolo fa nel 1915 durante la Prima Guerra Mondiale, come imposta di guerra ‘una tantum’. In questo modo lo Stato riuscì a compensare il crollo dei proventi doganali a seguito degli eventi bellici.

L’imposta però non rimase ‘una tantum’: il Consiglio federale la reintrodusse dopo il crollo dell’economia mondiale degli anni 30, sotto forma di ‘contributo federale di crisi’ per risanare le finanze statali. Prorogata più volte durante il secondo conflitto mondiale, è entrata a far parte delle legislazione fiscale ordinaria dal 1958 dopo l’approvazione di popolo e Cantoni.

Un sì del Ticino con distinguo

A distanza di 60 anni si riparla di abolizione del valore locativo e l’idea abbraccia in Parlamento un’ampia maggioranza che però si restringe a seconda delle modalità di attuazione. La proposta dalla Commissione dell’economia e dei tributi (Cet-S) non ha quindi la strada spianata tanto che nella procedura di consultazione avviata nelle scorse settimane sono emerse diversità di vedute tra le cerchie interessate, prime tra tutte le associazioni degli inquilini ma anche tra i Cantoni toccati direttamente nel vivo delle casse pubbliche.

Lo stesso Consiglio di Stato ticinese è tiepido, se non contrario all’ipotesi di eliminazione tout court (senza compensazioni) del valore locativo. L’attuale sistema d’imposizione della proprietà abitativa – si legge nel testo della consultazione – è ritenuto migliore rispetto alla proposta formulata dalla Commissione tributaria degli Stati.

Dopo una lunga premessa in cui si specificano le criticità delle cinque varianti immaginate dalla Cet-S sulla deducibilità totale o parziale degli interessi ipotecari o delle spese di manutenzione, il Consiglio di Stato si dice favorevole a sostenere il cambio di sistema solo a precise condizioni: rispetto del principio dell’uguaglianza giuridica tra proprietari e inquilini; mantenimento del valore locativo per le case secondarie a uso proprio; medesime deduzioni fiscali tra Confederazione e Cantoni, in linea con i principi costituzionali di armonizzazione verticale e orizzontale delle imposte dirette; mantenimento delle deduzioni fiscali, sia a livello federale sia cantonale, per investimenti destinati al risparmio energetico e alla protezione dell’ambiente.

Per quanto riguarda il primo punto, la parità di trattamento si raggiungerebbe attraverso l’abolizione di tutte le deduzioni (spese di manutenzione, riattazione di immobili di nuova acquisizione, premi di assicurazioni e spese di amministrazione) legate al conseguimento del reddito in natura nella forma del valore locativo. Infine dovrà essere garantita un’adeguata ‘neutralizzazione fiscale’ degli interessi passivi.
Infine, ricorda il CdS, il valore locativo è un parametro utilizzato anche per il calcolo delle prestazioni sociali (premi di cassa malati, prestazioni complementari eccetera). Una sua eliminazione implicherà anche l’adeguamento della legislazione cantonale di riferimento.

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