L'APPROFONDIMENTO

Quel che c'è da sapere sul 5G e perché (oggi) cambia poco

Il tema è complesso e dibattuto. Notizie vere si mescolano a mezze verità e bufale. Ecco una serie di risposte per iniziare a farsi un'idea

2 luglio 2019
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Cos’è il 5G?

Il 5G è uno standard per la comunicazione mobile. Il suo scopo è aumentare la velocità di comunicazione e diminuire i tempi di risposta.

Cosa non è il 5G?

Il 5G non è “onde millimetriche”. Lo standard è sì pensato per essere impiegato anche nello spettro citato, ma attualmente in Svizzera può essere installato solo su frequenze analoghe a quelle già utilizzate per la telefonia mobile.

Cosa sono le onde millimetriche?

Sono onde con frequenza dai 24 GHz in poi. Il loro effetto sulla biologia umana è tuttora poco studiato.

Il 5G impiega onde millimetriche?

In Svizzera no, il suo uso per la telefonia è vietato: la concessione attuale non ne prevede l’impiego e l’attribuzione di queste frequenze (dai 24 GHz in su) dovrebbe comunque passare da un nuovo iter di assegnazione, per ora non previsto. È corretto invece dire che la rete 5G è pensata per essere completata con microantenne posizionate in luoghi strategici per garantire maggiore velocità di connessione. Queste userebbero lo spettro dai 24 GHz in su. Dell’impiego eventuale di queste frequenze a livello internazionale si discuterà a novembre alla World Radiocommunication Conference di Sharm el-Sheikh.

Servono nuove antenne?

L’Associazione svizzera delle telecomunicazioni stima che dovranno essere posate altre 15mila antenne oltre alle 18’500 già in funzione.

Perché servono altre antenne?

Nei centri città la capacità di emissione è già sfruttata al 90%. Per creare nuovo “spazio” bisogna innalzare i limiti o posare altre antenne.

Più antenne significa più radiazioni?

Sì e no. Spesso è vero il contrario: con più antenne, ogni singola antenna irradia meno.

Abbiamo bisogno del 5G?

Oggi no. Per l’uso che viene fatto attualmente dei dispositivi mobili non è generalmente necessaria maggiore velocità di navigazione. Per consultare i social network, scrivere messaggi e vedere dei video basta il 4G. Va considerato però che il volume di dati via rete mobile raddoppia ogni anno, con la costante richiesta di maggiore banda. In questo senso il 5G garantisce i giusti margini di “espansione”. Il 5G sarà invece indispensabile per applicazioni in cui il tempo di risposta è critico, come le auto a guida autonoma.

L’irraggiamento maggiore proviene dalle antenne?

No. Il 90% delle radiazioni “subite” da un individuo è generato da apparecchi personali come telefonini, tablet o dalla rete WiFi casalinga. L’intensità di un campo elettromagnetico diminuisce con la distanza, per cui un oggetto molto vicino (come il telefono) sottopone l’individuo a un campo elettromagnetico maggiore rispetto ad un’antenna a una certa distanza.

Il 5G è pericoloso?

Intanto bisogna capire di quali frequenze si sta parlando. Attualmente in Svizzera le uniche autorizzate per il 5G sono del tutto analoghe a quelle impiegate per il 4G e per il WiFi. L’Oms ha classificato il campo elettromagnetico delle radiofrequenze come “possibilmente cancerogeno” (gruppo 2B), assieme a piombo, cobalto, diesel e benzina. Ma anche assieme all’estratto di ginkgo biloba, l’estratto di foglie di aloe vera, la cocamide Dea (agente schiumogeno per bagnischiuma e saponette) e all’acido caffeico. Allo stato attuale è considerata più cancerogena la carne rossa (gruppo 2A: probabilmente cancerogeno), il fumo (gruppo 1: cancerogeno) e le bevande alcoliche (sempre gruppo 1) . Alcune ricerche sperimentali suggeriscono però che tale grado debba essere innalzato e l’Oms analizzerà l’eventualità in uno dei prossimi aggiornamenti della lista. Sino ad ora l’unico effetto attribuibile con certezza alle radiofrequenze è il riscaldamento delle cellule. L’insorgenza di malattie come diabete, deficit d’attenzione, danni neurali, è citata in altri studi, ma mancherebbero prove conclusive. Gli effetti delle onde millimetriche (non in uso) non sono per ora studiati.

Il 5G arriverà anche dai satelliti

Esistono progetti, come lo StarLink di cui SpaceX ha recentemente lanciato i primi satelliti di test, per fornire internet a tutto il pianeta tramite satellite. StarLink utilizzerà onde millimetriche che vanno da 40 a 75 GHz. Non si tratta di 5G però e i limiti applicabili in Svizzera sarebbero quelli per gli apparecchi mobili (non quelli per le antenne). In ogni caso, fa sapere l’Ufcom, per la messa in funzione nella Confederazione sarebbe comunque necessaria una concessione.

In Svizzera i limiti sono 10 volte più bassi?

È vero, ma solo nei luoghi in cui la popolazione risiede o lavora (il limite elvetico è di 6 V/m), nelle zone di transito sono più alti, ma al di sotto di quanto raccomandato dai valori limite (61 V/m). Raramente, comunque, i valori reali sono alti: in Ticino le misure del Cantone evidenziano valori tra gli 0,40 e i 2 V/m (www.oasi.ti.ch)

Le compagnie telefoniche che operano in Svizzera vogliono alzare i limiti?

Gli operatori chiedono di elevare la soglia ad almeno 20 V/m, contro gli attuali 6. Nel marzo del 2018 il Consiglio degli Stati ha respinto per la seconda volta questa richiesta. L’innalzamento è considerato dagli ambienti economici, operatori in primis, indispensabile per permettere un’introduzione veloce ed efficace del 5G in Svizzera.

Siamo di fronte a una psicosi collettiva?

Il dibattito sul 5G unisce spesso informazioni vere a supposizioni, mezze verità e informazioni false. Ciò non aiuta sicuramente i cittadini a farsi un’opinione chiara.

Chi ci guadagna dal 5G?

Le tre principali compagnie telefoniche svizzere hanno investito poco meno di 380 milioni per acquistare le frequenze. Dovranno poi investire pesantemente nell’ammodernamento della rete e in nuove antenne. È evidente che prevedano un ritorno economico. Stando a un recente studio dell’Associazione svizzera delle telecomunicazioni, l’introduzione rapida del 5G in Svizzera porterebbe tuttavia alla creazione di 137mila posti di lavoro in Svizzera e a un aumento del valore della produzione annua fino a 42,4 miliardi entro il 2030. A beneficiarne maggiormente sarebbe l’industria manifatturiera. 

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