Iniziato davanti alle Assise criminali il processo per le aggressioni alla discoteca Blu Martini di Lugano e per l'uccisione di un 50enne a Chiasso
«È stata un'aggressione intensa, selvaggia e brutale». È iniziato stamattina davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta il processo nei confronti di quattro imputati che, a titolo diverso, devono rispondere dei reati principali di assassinio (fatti commessi a Chiasso il 1° marzo 2024) e tentato omicidio intenzionale, in via subordinata aggressione (all'interno della discoteca Blu Martini il 28 marzo 2023). Due differenti inchieste riunite in un unico procedimento, essendo uno degli imputati implicato in entrambi i casi. Alla sbarra compaiono un 28enne somalo, un 30enne boliviano, un 30enne svizzero e un 32enne cubano, tutti già noti alla giustizia per precedenti specifici. «Provengono tutti dal Basso Mendrisiotto e si conoscono da lungo tempo, alcuni di loro dalle scuole dell'obbligo – sono state le parole del procuratore generale sostituto Moreno Capella –. E sono tutti frequentatori del Blu Martini nel fine settimana». La discoteca di Lugano «è luogo poco raccomandabile e fonte di lavoro per la polizia: dal gennaio 2018 al luglio 2023 gli interventi sono stati 148. Tra questi ce ne sono 62 per discussioni, 24 per furti, 8 per aggressioni e 2 tentati omicidi nel 2017».
Al termine della prima giornata di dibattimento sono arrivate le richieste di pena per le aggressioni e quelle che Capella ha definito «imputazioni accessorie». Proposte che vanno dai 4 anni ai 4 anni e 10 mesi di detenzione. L'accusa ha chiesto anche 7 anni di espulsione dalla Svizzera per il boliviano e 20 anni, con iscrizione al Sistema informativo di Schengen, per il cubano, già espulso nel 2019 e attualmente senza uno statuto specifico in Svizzera. Domani mattina il procuratore pubblico Zaccaria Akbas, titolare dell'inchiesta relativa ai fatti di Chiasso, presenterà la richiesta di pena per il 28enne somalo. Alla stessa andranno aggiunti i 2 anni e 6 mesi per aggressione e gli 8 mesi per rissa chiesti dall'altro rappresentante dell'accusa. In seguito la parola passerà ai rappresentanti degli accusatori privati (gli avvocati Samuel Maffi e Micaela Stefania Negro) e alle difese con gli interventi degli avvocati Carlo Borradori, Sabrina Aldi, Marina Gottardi e Marco Morelli. La sentenza potrebbe essere pronunciata nella serata di giovedì.
I fatti di Chiasso sono stati preceduti da due distinti episodi avvenuti alla discoteca Blu Martini di Lugano, per cui l'accusa principale è di tentato omicidio (per due di loro), in via subordinata aggressione, ipotesi poi scelta dall'accusa. I fatti risalgono al 28 gennaio 2023: da una parte i quattro imputati hanno riconosciuto le imputazioni, ma dall'altra tre di loro hanno negato di avere colpito la loro vittima. Come descritto nell'atto d'accusa, i fatti si sono svolti tra le 2.33 e le 3.03 nei bagni del locale. Guardando verso i bagni, il 30enne svizzero ha «visto la vittima litigare con il 28enne somalo. Mi sono avvicinato, lui mi ha insultato e dato una spallata e ho reagito con due pugni al viso. Ero molto ubriaco, barcollavo, non posso averlo colpito forte». Gli altri tre imputati hanno come detto negato di aver colpito la vittima che, stando ai referti medici, ha riportato varie ferite al volto e in varie parti del corpo che lo hanno esposto a un concreto pericolo di morte. Il 30enne boliviano ha ammesso di aver visto la scena, ma «il mio intento era quello di separarli, ma non ho colpito nessuno e visto che ero di spalle, non so dire chi ha fatto cosa». Il somalo ha affermato di «non ricordare molto di quella sera» e il cubano di «essere al bancone al momento dei fatti e di essermi avvicinato solo quando ho visto che c'era movimento». La seconda aggressione risale invece al 6 febbraio 2022. A dover rispondere del reato solo il somalo e il boliviano. Entrambi hanno contestato la ricostruzione dei fatti dell’accusa.
C’è stato un punto che ha accomunato quanto espresso da Capella per i quattro imputati. Ovvero «motivi a delinquere inesistenti, inspiegabili e futili tanto da essere gravissimi». I quattro – già definiti «branco» nella precedente condanna del 2019 – hanno dimostrato «volontà di partecipare al pestaggio». A sostegno della tesi accusatoria c’è il racconto della vittima. Un racconto che «non può essere sposato in toto perché non riesce a riferire un movente se non la sua supposizione che nel bagno sia avvenuto qualcosa di illecito. Ma non mente, tanto che gli inquirenti gli hanno creduto». La vittima, «che ha avuto una convalescenza con un decorso positivo», è descritta come una «persona tranquilla, mansueta e per bene che quando è arrivata in discoteca non era ubriaca e da nessuna parte emerge che lo fosse». Per l'accusa è quindi da «escludere che abbia in un certo modo innescato quanto gli è successo». Il numero di ferite riportate indica che «l'aggressione è stata selvaggia, intensa e brutale» e che non sono quindi volati unicamente «3-4 pugni. Nessuno degli imputati ha del resto riportato ferite o lesioni».
Passando ai fatti di Chiasso, avvenuti il 1° marzo dell'anno scorso, il 28enne somalo ha dichiarato di aver conosciuto il 50enne «tre giorni prima» e che i due erano «conoscenti». Trascorsa con altre persone la notte precedente al Blu Martini, «dove ho consumato un bel po’ di cocaina e alcol», quando è rientrato, poco prima delle 7 del mattino, si è recato a casa della vittima, in via Pestalozzi a Chiasso. «Sapevo che aveva della cocaina: l'avevo vista nei giorni precedenti a casa sua, ma non per questo volevo accoltellarlo. Volevo drogarmi di nuovo e sono passato da lui per recuperare altra sostanza». Dopo essersi fatto aprire il portone d'ingresso da un vicino, il 28enne è entrato in casa del 50enne. «Insistevo per avere della droga e lui mi ha spinto fuori dalla sua abitazione». Sarebbero state proprio queste spinte ad armare la mano del giovane. «Era un periodo un po' confuso – ha dichiarato –. Avendo il coltello, che ho rubato a casa di un amico, a portata di mano, dall'agitazione l'ho estratto perché mi sono sentito minacciato. È stato un attimo, non ero in me e non so cosa mi sia preso». Il 28enne ha portato il coltello da bistecca a punta anche in discoteca «per difendermi perché avevo tanti debiti». Il 50enne, si legge nell'atto d’accusa, è stato colpito con 18 coltellate. «Mi ricordo solo la prima all'altezza del collo, dopo ho un blackout totale». Una volta ripresosi e avendo visto il 50enne privo di sensi a terra, «sono corso fuori perché non avevo il telefono, ho fermato la prima persona che ho visto e chiesto se poteva chiamare i soccorsi perché avevo ucciso una persona». Il giovane ha poi atteso l’arrivo della polizia a pochi passi dall’abitazione dove aveva appena commesso il fatto di sangue. Al 28enne, che sta seguendo un trattamento psicologico in carcere, è stato riconosciuto un disturbo cognitivo medio.