Intervista a Massimo Cereghetti, presidente momò della Sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori
Massimo Cereghetti, 58 anni, ingegnere civile, dal maggio scorso è stato nominato presidente della Sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (Ssic-Ti): 165 aziende, tre quarti della manodopera e della cifra d’affari totali del Cantone. Carica che rivestirà almeno per un quadriennio. Avendo origini momò, distretto dove continua a risiedere, a Besazio, ci è occasione per scandagliare le ‘fondamenta’ di una professione, quella edile, fortemente confrontata con i venti delle crisi, con i capricci del mercato e con la necessità di un futuro più ‘green’.
Nel suo discorso di inizio mandato ha detto di voler “contribuire a combattere quell’ostilità che purtroppo sento radicata nell’opinione pubblica attorno alla figura degli imprenditori”. A quali critiche si riferiva?
Come imprenditori si è ancora troppo spesso guardati un po’ male… come se pensassimo unicamente al profitto, mentre le imprese si sforzano di restare nelle cifre utili, per salvaguardare i posti di lavoro, in quanto il problema oggi è riuscire a far collimare entrate con uscite. Se la maggior parte delle aziende può vantare qualità e professionalità, continuano a essere presenti troppi pregiudizi condizionati dalle ‘pecore nere’ incappate in qualche problema o malversazione. Così, spesso, si fa di ogni erba un fascio e si cercano correttivi. Ma se chi si comporta secondo le regole continuerà a farle con più paletti, chi opera al di fuori della legge riuscirà sempre a trovare il sistema per… raggirare l’ostacolo. A noi il compito di sradicare questa immagine, mettendo in mostra i nostri punti di forza, come la qualità, la prevenzione infortuni, il servizio, la presenza sul territorio nel tempo e la messa a disposizione di personale formato.
Se parliamo di maestranze, non è raro incappare in chi considera le aziende come capaci di attivare un alto turnover rivolto all’abbassamento degli stipendi anziché di seguire e fidelizzare i praticanti, definiti questi ultimi vere e proprie mosche bianche. Le risulta?
Nel nostro settore vige un Contratto collettivo di lavoro, quindi rispettiamo i minimi salariali che sono tra i più alti tra i settori della costruzione. In più puntiamo molto, come detto, sulla formazione professionale dei nostri apprendisti. E in questo, il Cantone ci premia grazie all’applicazione dei criteri di aggiudicazione nell’ambito degli appalti pubblici. Il problema è che se da una parte l’autorità politica plaude e insiste sulla formazione, dall’altra ci capita di assistere a ‘fughe’ di apprendisti diplomati proprio verso gli enti pubblici, quali Polizia, Dogana ecc. Parlo a questo punto della mia esperienza personale (è contitolare della Gianini & Colombo Sa di Chiasso, Ndr), dove i dipendenti hanno ancora un nome. Nella nostra azienda cerchiamo di evitare di assumere e licenziare facilmente. Lo dimostra il fatto che, nella nostra impresa, abbiamo festeggiato dei quarantesimi e dei trentacinquesimi di anzianità professionale. Del resto, anche dover continuamente sostituire la manodopera è un costo, mentre poter disporre di personale rodato facilita la comunicazione e l’organizzazione. Ci sono tanti vantaggi nel disporre di manodopera fidelizzata. E per averla è necessario dimostrare rispetto da entrambe le parti.
Come in altri settori, notate una certa difficoltà nel reclutare nuovo personale?
Se partiamo dal discorso del frontalierato, dall’Italia, con il nuovo sistema fiscale, per un lavoratore non è più così vantaggioso come prima. Quindi notiamo una certa diminuzione. Inoltre se in passato vi era un passaggio di ‘consegne’ da padre in figlio, al giorno d’oggi i figli dei nostri dipendenti, per esempio, avendo goduto di maggiori possibilità economiche, sono diventati piuttosto ingegneri.
Crede che in Ticino si costruisca ancora troppo?
Negli ultimi anni, in certi momenti, si è costruito effettivamente forse troppo. Con i tassi di interesse che si sono alzati e le banche che hanno cominciato a stringere a livello creditizio, abbiamo assistito a una frenata un po’ brusca. A mio avviso, si può ancora costruire bene, anche se in Ticino non c’è più la richiesta come nel resto della Svizzera, dove l’attività permane alta soprattutto per edifici ad abitazioni con pigioni moderate. Nel nostro cantone prefiguro soprattutto un futuro legato a investimenti in particolare per ristrutturazioni. Abbiamo, infatti, un parco immobiliare che sta invecchiando, e nuove tecnologie anche dal punto di vista del risparmio energetico, quindi bisognerà giocoforza metterci mano, e penso anche a un impegno con aiuti mirati di Cantone e Confederazione. Malgrado al giorno d’oggi la richiesta di un leasing per l’acquisto di un’auto da parte delle banche viene concessa piuttosto facilmente, si riscontrano invece ancora difficoltà per ottenere un credito per sostituire una termopompa.
In Ticino, pare, si sia più predisposti ad abbattere edifici, anche ‘storici’ piuttosto che ristrutturare il parco edilizio.
È sempre tutto relativo. Ci sono vecchi palazzi che hanno altezze dei soffitti ormai fuori misura e dispendiosi dal punto di vista del consumo energetico, e che dunque non avrebbero più ragion d’essere se non riconvertiti (ottenendo tre piani laddove ce ne sono due ad esempio). Lo sfruttamento del terreno di costruzione dal punto di vista centripeto porta a demolire per costruire nuovi edifici più funzionali. Sicuramente dal punto di vista del concetto può sembrare assurdo, dal punto di vista anche economico risulta invece sensato.
Com’è approdato nel campo dell’edilizia?
È stata una scommessa. Terminati gli studi di ingegneria civile e dopo una breve esperienza come assistente al Politecnico federale di Zurigo, mi è stata proposta una posizione vacante in un’impresa di costruzioni così da “saltare il fosso”, come si dice. Ho accettato la sfida e in questo settore, e nella stessa azienda, ci sono ormai da 34 anni, diventandone anche contitolare.
Quali sono le maggiori caratteristiche e criticità del comparto edile momò?
Sono costruzioni ‘medie’, non abbiamo dei grossi complessi a eccezione di grandi progetti puntuali. Sono piuttosto palazzine, casette singole/schiera, e molti lavori di genio civile legati a infrastrutture, pgs, canalizzazioni, risanamento di strade e viario in genere. Il Mendrisiotto, anche sotto l’aspetto ecologico, si pone nella media del resto del cantone, non ci sono per questo nei diversi centri delle grandi differenze. La frontiera futura resta il rinnovamento, anche se sotto l’aspetto tecnico non ci occupiamo di quello che è l’intervento diretto. Pensiamo al teleriscaldamento che ci trova in prima fila nella posa delle infrastrutture, mentre per quanto riguarda pannelli fotovoltaici, termopompe o cappotti per le facciate, siamo solo di supporto, pur essendo interventi necessari.
Permane la preoccupazione dell’aumento dei costi delle materie prime?
Abbiamo avuto un aumento dei materiali di costruzione durante il Covid, oltre ad avere dei grossi problemi di consegna. Ora non siamo tornati ai livelli pre-pandemici, però il sistema si è calmierato. Quello che ci fa più paura oggi sono gli aumenti dei costi della manodopera. Se si continua così si arriverà a un punto in cui il cittadino, se non può disporre di un terreno di famiglia, difficilmente potrà permettersi una casa di proprietà. Pensiamo inoltre a tutto il discorso del rischio di trovarsi il terreno dezonato o azonato a seguito dell’applicazione della Legge federale sulla pianificazione del territorio. Chi ha custodito un terreno per generazioni, con l’idea di poterci costruire un giorno, si ritrova all’improvviso con la sorpresa che non è più edificabile…
Il vostro è un settore che continua a essere fortemente sindacalizzato. Spesso anche per questo avvertite tensioni?
Se prendiamo il Contratto collettivo di lavoro (Ccl) dell’edilizia con i minimi salariali e lo paragoniamo ad esempio con il Ccl delle imprese forestali, che possiamo equiparare per la durezza del lavoro, un nostro muratore qualificato viene oggi pagato 33,05 franchi l’ora, mentre un ingegnere forestale Sup solo 29,50. Se guardiamo invece un manovale edile 27,30, mentre un ausiliario forestale unicamente 21,10: quasi il 30% di differenza, eppure è solo contro di noi che si mobilitano i sindacati per le dimostrazioni in piazza…
È stato rimarcato un sensibile calo degli appalti pubblici, vi preoccupa?
Sì, e specialmente in Ticino. Il Cantone, così come gli altri enti pubblici, stringe la cinghia e diminuisce gli investimenti, girando delle spese sui Comuni che risparmiano a loro volta. Come associazione, monitorando gli appalti pubblici abbiamo notato un calo molto significativo. Quasi la metà rispetto a pochi anni fa, se non negli importi, quantomeno nel numero di appalti.
Un calo lo si registra anche nella manodopera, mentre aumenta la burocrazia...
Diverse ditte, anche nel Mendrisiotto, hanno chiuso. Molte altre aziende faticano a trasmettere il know how di generazione in generazione. Vendere un’azienda oggi non è facile. A contribuire nel nostro caso al minor numero di dipendenti vi è anche la possibilità di prepensionamento a 60 anni, dove praticamente il 100% delle maestranze lo accetta. Ora, arrivando le generazioni a bassa natalità, faticheremo a recuperare la manodopera qualificata che lascia. Del resto, siamo confrontati anche con più burocrazia. Le prime offerte si componevano di pochi fogli, oggi sono faldoni. Spesso facciamo fatica a districarci in tutta la carta che ci viene richiesta. Pensiamo, per esempio, all’applicazione del criterio della responsabilità sociale delle imprese per gli appalti pubblici, trenta domande ma con una serie copiosa di documenti da allegare per attestare ogni risposta.
Come è cambiata la clientela facilmente attratta in passato, per questioni di concorrenza dei prezzi, dai cosiddetti padroncini?
Il numero delle ditte italiane attive sul nostro territorio è abbastanza stabile. Molte volte però fatto il lavoro è difficile richiamarle per assistenza, ciò per cui poi chiamano noi. Continuano a esserci clienti che si limitano a guardare la parte economica, reputando ingiustificatamente ed erroneamente le ditte indigene più care. La sorpresa di quanto costerà effettivamente chi non si conosce, ma che offre unicamente il prezzo più basso, si avrà però al termine. Ci sono persone che vorrebbero il prezzo basso, l’esecuzione migliore e subito, ma qualità e professionalità deve essere ricercata con cura.
Nel 2026 il Centro di formazione di Gordola compirà 50 anni. E state investendo non solo in risorse ma anche in impegno finanziario.
Stiamo costruendo la struttura Pragma che costerà circa 30 milioni di franchi più altri quasi 5 milioni nel risanamento di due blocchi esistenti, puntando a un rinnovamento sotto l’aspetto anche energetico. Ciò mi porta a dire che stiamo facendo la nostra parte per l’economia ticinese. E non solo per la nostra associazione ma anche per altre corporazioni di mestiere, che attraverso il nostro Centro potranno godere di moderni spazi. Un investimento, vorrei sottolineare, soprattutto a favore della formazione dei nostri giovani. A livello nazionale stiamo, infatti, rivedendo il Masterplan 2030 e a breve partiranno le prime nuove formazioni. Se il futuro di alcune professioni legate al mondo dell’edilizia, come i muratori, potrebbe subire un contraccolpo, anche per un calo che registriamo del numero degli apprendisti, dobbiamo ricordare che un giovane che esprime un interesse ha la possibilità di entrare nel nostro mondo, con una formazione di base, e poi via via di poter guadagnarsi una carriera importante, a dipendenza della propria volontà e possibilità. Purtroppo c’è ancora il preconcetto di alcuni genitori che vedono in certe professioni una “via di fuga”. Spesso ci sentiamo dire “mio figlio ha provato altre strade ma non hanno funzionato, così gli abbiamo consigliato di fare il muratore”. Ebbene ciò è sbagliato, questi ragazzi non arriveranno in fondo! Chi pensa che il muratore sia l’ultimo della scala si sbaglia di grosso in quanto la nostra è una formazione impegnativa sia sul piano teorico che pratico.