Mendrisiotto

Nuove sfide, e direttrice, per la Provvida Madre

Anna Romanens succederà ad Adriano Cattaneo, col quale abbiamo parlato dei cambiamenti della Fondazione negli ultimi decenni e di futuro

In sintesi:
  • Le attività svolte negli ultimi decenni
  • I principali cambiamenti vissuti dall'istituto
  • L'integrazione sociale
(Infografica laRegione)

Era il settembre del 1980 quando Adriano Cattaneo mise piede per la prima volta alla Fondazione Provvida Madre di Balerna, che si occupa di persone con disabilità. Da allora è passato da educatore, a capo équipe a direttore nel 2001. Dopo oltre vent’anni in quest’ultimo ruolo, a fine anno andrà in pensione e gli succederà Anna Romanens, attuale direttrice del Centro Miralago di Brissago. A pochi mesi dal passaggio di testimone abbiamo parlato con Cattaneo dei principali cambiamenti che ha vissuto l’istituto negli anni e delle nuove sfide.

Quali sono stati i cambiamenti principali che ha vissuto nei primi anni di attività come educatore?

Quando sono arrivato l'istituto accoglieva solo minori. Il Cantone in quegli anni ha chiesto alla fondazione di accogliere anche persone adulte che necessitavano di una presa a carico residenziale, richiesta prontamente accolta con l’apertura dei primi foyer interni. Dopodiché l’offerta è stata ulteriormente ampliata. Nell’89 è stato aperto il primo appartamento esterno e nel ’91 il secondo, per la creazione del quale ho collaborato in modo diretto in quanto capo équipe.

Appartamenti esterni che hanno una particolare importanza, anche simbolica.

Sono stati voluti da un lato per fare spazio all'interno delle istituzioni ai minorenni che diventavano adulti, e che avevano bisogno di essere accolti in una zona protetta, e dall’altra parte per dare la possibilità a persone con più autonomia di stare all'esterno, quindi di essere più integrati nel tessuto sociale. Gli appartamenti funzionano come delle famiglie, c’è un educatore che supervisiona, ma le persone che ne usufruiscono vanno al lavoro. È stato proprio un cambiamento culturale di quegli anni: andare verso l’esterno e non chiudere l’istituto a riccio. È stata una scelta molto positiva e lungimirante fatta da chi mi ha preceduto e io ho proseguito su questo solco.

Visione che si è tramutata anche in altri progetti.

Sì, da lì poi sono state sviluppate le scuole dell'infanzia integrate, inizialmente a Balerna e da settembre anche a Novazzano, e la scuola elementare inclusiva, sempre a Balerna. Si è dunque continuato a lavorare sull’aspetto di integrazione sociale, senza tralasciare il fatto che c’è anche chi ha bisogno di più protezione. Si lavora quindi su due fronti. Uno è quello di sviluppare il più possibile l'autonomia di coloro che possono essere stimolati e seguiti in un modo mirato, in maniera tale che possano acquisire le loro competenze per stare nella società. Per chi invece ha bisogno di più assistenza, di un contesto più protetto, le accogliamo in istituto. Sono due filoni che non vanno in contrasto, ma che naturalmente viaggiano su binari un po' diversi.

Avete optato, però, anche per un altro tipo di apertura.

Dove non era possibile fare un’inclusione all’esterno, abbiamo aperto le porte dell’istituto, per avere comunque uno scambio con la popolazione. Abbiamo creato un parco giochi fruibile a tutti, abbiamo dato la possibilità ad associazioni e scuole di utilizzare la nostra piscina e la palestra.

Quali sono le sfide principali che ha dovuto affrontare in questi ultimi anni?

La più importante riguarda l'invecchiamento delle persone disabili, un aspetto al quale alcuni decenni fa non si pensava, in quanto la speranza di vita di queste persone era di 50 o 60 anni. Ora abbiamo già cinque utenti in età Avs nell’istituto. Inoltre nelle nostre strutture diurne ci sono alcune persone che pian piano avranno bisogno di un collocamento, in quanto i familiari curanti cominciano anche loro a far fatica a seguirli a causa dell’età.

Questo ci porta a dover modificare il tipo di presa a carico. Stiamo formando il personale per modificare l’organizzazione delle giornate e l’attitudine dell’educatore, che è preparato per stimolare l’utente, per fargli acquisire nuove competenze, per aumentare le abilità e fare in modo che sia più autonomo. Con gli anziani non è più questo l'obiettivo, ma è far star bene la persona e mantenere le capacità presenti.

Oltre all’invecchiamento degli utenti, cos’altro dovrà affrontare chi la succederà?

Una questione molto importante è quella logistica. Dopo aver costruito casa Ursula qui a Balerna, è necessario rinnovare gli stabili principali, che sono stati realizzati negli anni 70. E il tutto va fatto mantenendo in attività l'istituzione. Una sfida importantissima su cui stiamo lavorando già da un paio d'anni e che ne richiederà almeno ancora quattro.

La ristrutturazione porterà a un ampliamento?

Solo in minima parte, ci saranno quattro posti letto in più e nuovi locali per presa a carico diurna, ma non vogliamo creare un’istituzione troppo grossa, si tratterà di un miglioramento qualitativo degli spazi.

Per quale motivo non ci si vuole ingrandire troppo?

Perché si rischia di perdere il clima e la qualità della presa a carico. Sono ancora di vecchio stampo e per me è importante conoscere tutti i dipendenti e gli utenti. Se si diventa più grossi risulta più complicato. Rispetto a quando ho cominciato a lavorare nell’istituto siamo già molti di più. Da 60 collaboratori siamo passati a 220, addirittura 260 contando stagisti, apprendisti e personale supplente. Quindi è più difficile mantenere un clima familiare, ma ci stiamo riuscendo. Lo prova anche il fatto che abbiamo un turnover di personale bassissimo, i collaboratori rimangono volentieri. La nostra è dunque un’istituzione molto stabile, la Fondazione ha ormai cinquant’anni alle spalle e ha avuto solo due direttori. Per la persona che prenderà il mio posto sarà importante garantire la continuità.

Cosa si aspetta per il futuro dell’istituto?

I problemi delle finanze cantonali si ripercuoteranno sicuramente anche sul settore sociosanitario, che comporta un esborso di parecchi milioni l’anno. In passato abbiamo già dovuto far fronte a situazioni difficili e ce l’abbiamo fatta.

Anni di progetti e tanto lavoro. Quali sono i suoi pensieri riguardo al termine di questa carriera?

È stato un periodo veramente molto importante, impegnativo ma anche particolarmente gratificante e stimolante. Ho avuto la possibilità di conoscere e collaborare con molte persone, portare avanti iniziative già presenti e contribuire con altre. Questo dando sempre spazio ai collaboratori e sviluppando le loro idee senza soffocarle. Ho sempre pensato che si lavora come squadra ed è importante cogliere e stimolare le parti positive di ognuno. Ho inoltre sempre fatto questo lavoro con spirito di servizio verso il prossimo, un valore che viene dalla mia formazione scout, movimento col quale continuerò a collaborare.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE