Mendrisiotto

Comuni e proprietari al bivio della pianificazione

Preoccupano gli effetti del computo delle zone edificabili sui Piani regolatori alla luce delle diverse visioni di Cantone e Confederazione

Il comparto Valera a Mendrisio: caso emblematico
(Ti-Press)

A un bivio pianificatorio, i Comuni non sanno più da che parte guardare. Solo meno di due anni orsono non sembrava essere un dossier urgente, invece il tempo corre e l’applicazione della scheda R6 (Sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili) del Piano direttore cantonale, varata nel giugno del 2021, incombe. Agli enti locali, infatti, sono stati dati due anni di tempo (dall'entrata in vigore) per verificare sul terreno il dimensionamento del proprio Piano regolatore (Pr). Sullo sfondo lo spauracchio di ritrovarsi con una estensione di zone edificabili più vasta del dovuto. Così mentre, da un lato, c‘è chi - come Mendrisio (da nostre informazioni) - preferisce sospendere l'esercizio, in attesa di maggiori chiarimenti; dall'altro vi è chi - come Novazzano -, fatto i compiti, denuncia la difficoltà di venire a capo del compendio: il percorso è rallentato e le incertezze sono ancora troppe. Il punto è che senza calcoli precisi non è possibile mettere mano al Pr e soprattutto avviare l'elaborazione del Pac, ovvero del Programma d’azione comunale per lo sviluppo insediativo centripeto di qualità. Uno strumento, quest'ultimo, che darà modo di rileggere il territorio (locale e regionale) nel segno di un ’utilizzo‘ più attento e consapevole.

Interrogativi e preoccupazioni

I Municipi del Distretto (e non solo) sanno bene di avere a che fare con uno snodo cruciale. Allo stesso modo i proprietari privati stanno cominciando ad avere dei pensieri: che effetto avrà l’applicazione dei principi della Legge federale sulla pianificazione del territorio? Di recente la sezione regionale della Catef, la Camera ticinese dell'economia fondiaria, ha voluto andare al fondo del problema interpellando alcuni specialisti del settore. E il seguito ottenuto dall'incontro pubblico - con la presenza di oltre un centinaio di persone - ha mostrato in modo chiaro che oggi c’è fame di informazione in materia. Tant‘è che si sta pensando di replicare la serata nel Luganese.

«Le preoccupazioni non mancano – ci conferma il presidente sezionale della Catef Gianluca Padlina –. L'accelerazione della procedura ha colto di sorpresa: in effetti, la macchina si è messa in moto. Quindi si è capito che le decisioni e le scelte, almeno quelle allo stadio del primo traguardo intermedio, sono dietro l'angolo. E d'altro canto, il contrasto tra la visione federale – orientata a far leva sugli scenari demografici aggiornati, che annunciano una crescita della popolazione nettamente più contenuta (30mila abitanti e non 46mila entro il 2040) – e quella cantonale, non sulla stessa lunghezza d'onda, non lascia tranquilli. Anche perché a fronte di un esproprio formale – tema su cui si è soffermato l'avvocato Filippo Gianoni, presidente della Commissione federale di stima del 13° Circondario (Ticino-Grigioni) – il diritto a un indennizzo non è dato per certo».

Un esercizio che rischia di debordare

D'altra parte, come ci fa notare ancora Padlina, le modifiche apportate a Berna sono «radicali» se si pensa alle condizioni quadro che accompagnano la scheda R6. E uno degli snodi strategici è legato al modello di calcolo delle superfici edificabili, dunque agli eventuali sovradimensionamenti dei piani. E qui il Ticino si è discostato dal resto della Svizzera, proponendo tre soli parametri di riferimento (a fronte della ventina prevista da altri Cantoni). Un approccio che, rimarca il presidente, può fare la differenza una volta rapportati i dati al territorio. L'esercizio, rilancia Padlina, potrebbe «deragliare» proprio a causa delle disparità tra governo cantonale e federale. Mettendo, di fatto, in difficoltà i Comuni davanti all’applicazione di quei parametri, «poco adeguati a restituire una fotografia attendibile della situazione odierna».

Come se ne può uscire? «Andrebbe affinata una serie di meccanismi – ci risponde il presidente sezionale –, al fine di arrivare ad avere un sistema di calcolo più preciso, che tenga conto delle peculiarità dei singoli Comuni e quartieri». Certo se la pianificazione locale dovesse risultare ’fuori norma', delle misure di salvaguardia si imporranno; a cominciare dalle zone di pianificazione.

L'esempio di Mendrisio

L'avvocato Luca Pestelacci porta l'esempio di quanto è in corso a Mendrisio. A fine 2020 la Città aveva già effettuato un calcolo delle sue riserve pianificatorie. «Il risultato, che non ha tenuto conto di alcune modifiche fatte al Piano direttore dal Gran Consiglio e dal Consiglio federale, ha evidenziato che Mendrisio mostrava già un potenziale sovradimensionamento delle zone edificabili del 120 per cento. Un dato – sottolinea Pestelacci – che a me spaventa particolarmente». Il Municipio aveva da subito evidenziato che, dati alla mano, «nel settore dello sviluppo territoriale avrebbe dovuto immediatamente adottare delle misure di salvaguardia della pianificazione, e quindi una zona di pianificazione». Per questo esercizio «i Comuni hanno ampia libertà».

La ‘fortuna’ del Canton Ticino è quella di essere arrivato per ultimo. «Zone di pianificazione adottate dagli altri Cantoni sono già arrivate fino al Tribunale federale e quindi abbiamo alcune indicazioni di cosa può essere ritenuto lecito». Nei casi di Croy e Oron-la-Ville, per esempio, il Tribunale federale (Tf) ha tutelato la scelta dei Comuni di imporre una zona di pianificazione a tutte le zone edificabili comunali, comprese le particelle già costruite. Un modo di agire che, secondo il Tf, garantisce una chiara parità di trattamento tra tutti i proprietari fondiari e quindi non genera favoritismi e permette, inoltre, di evitare dei lavori di rinnovo e ampliamento di proprietà già edificate con aggravio della situazione. L'argomentazione del ricorrente nel caso di Croy, secondo la quale la sua proprietà si situava nel centro del Comune, già edificato, e che il mappale fosse già equipaggiato e lato strada, non giustificava una valutazione diversa.

Per adottare una zona di pianificazione, aggiuge Pestelacci, «l'autorità comunale deve avere un'idea della pianificazione futura che intende adottare». Contro la zona di pianificazione «il privato, così come chiunque dimostri un interesse, è legittimato a ricorrere, ma il ricorso non ha effetto sospensivo». Di principio, continua il legale, «la legittimità di una zona di pianificazione non va esaminata riguardo alle intenzioni pianificatorie future. Quando siamo confrontati con una situazione come quella di Mendrisio, con zone sovradimensionate di oltre il 100%, di motivi ce ne sono ben pochi». Situazioni come quelle della Città «se ne sono riscontrate davvero tante. A livello cantonale Mendrisio non sarà assolutamente un caso isolato e ci sarà ben poco da fare».

‘Stiamo entrando in un'economia pianificata’

Nell'esercizio in corso un ruolo importante è quello del pianificatore. «Stiamo entrando in un sistema dove non sono così preoccupato del fatto che qualcuno possa essere dezonato o meno – sono le parole dell'ingegner Stefano Wagner –, ma per il fatto che staremo oltre dieci anni a fare procedure, studi e approfondimenti e a ogni tappa c‘è la possibilità di trovarsi in tribunale a discutere. Sono più preoccupato dall'imbarazzo di fare un lavoro che ci porta via dalla sicurezza del diritto, con anni di discussione e insicurezza». Una «macchina della burocrazia» che «noi stessi abbiamo deciso». Tra i vari temi sollevati dal pianificatore c’è il concetto dei 55 metri quadrati di cui una persona ha potenzialmente bisogno per vivere in una zona residenziale. «Stiamo entrando in un'economia pianificata in cui ci sono dei parametri che mi spaventano».

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