Mendrisiotto

Operato di un ex fiduciario (ancora) alla lente del Tribunale

L’uomo andrà a processo davanti alla Corte penale federale a Bellinzona. A riaprire in parte il caso un verdetto del Tribunale federale

Sullo sfondo una vicenda che si è trascinata per anni
(Ti-Press)

Il processo si aprirà martedì prossimo, con inizio alle 9.30, al Tribunale penale federale (Tpf) a Bellinzona. E di fatto farà riecheggiare in aula una vicenda che per la giustizia è già stata archiviata un anno fa. A doversi presentare (di nuovo) davanti alla Corte, che sarà presieduta dalla giudice Fiorenza Bergomi - a latere i giudici Monica Galliker e Alberto Fabbri - sarà l’ex fiduciario chiassese prima condannato, poi assolto dal Tribunale federale (Tf) dal reato di riciclaggio, aggravato. Una decisione che ha riscritto i fatti e allontanato così l’ombra della ’ndrangheta che per anni ha inseguito il professionista locale.

La settimana prossima l’uomo, assistito nel suo cammino processuale dall’avvocato Mario Postizzi, si ritroverà di fronte il procuratore federale Stefano Herold, lo stesso che in passato aveva sostenuto l’accusa. Questa volta, però, le contestazioni saranno di altro tenore. Il dibattimento, come riferisce lo stesso sito del Tpf, si terrà per le ipotesi di carente diligenza in operazioni finanziarie e diritto di comunicazione, falsità in documenti e infrazione alla legge federale sugli stranieri, e infine inganno nei confronti delle autorità.

Per quale motivo si torna in aula? Il procedimento fa seguito alla sentenza pronunciata il 13 gennaio dello scorso anno e con cui il Tribunale federale ha parzialmente accolto il ricorso inoltrato dall’ex fiduciario chiassese, prosciogliendolo dall’accusa principale. Una sentenza che, come detto, ha ribaltato il verdetto emesso dalla Corte penale del Tpf nel dicembre 2017, poi impugnato.

Per i giudici di Mon Repos, in effetti, l‘ex fiduciario - finito sul banco degli imputati accanto a colui che veniva additato ed è stato riconosciuto come l’uomo di fiducia del clan Martino in Svizzera - era stato ‘usato’ come altre figure e istituti della piazza ticinese per estendere gli ‘affari’ della ’famiglia’, presenza conclamata nel Milanese dagli anni Ottanta, anche al di qua della frontiera. In altre parole, non era a conoscenza della provenienza del denaro delle persone che si era ritrovato in ufficio un giorno di marzo del 2012.

Tornando all’attualità, dopo che l’Alta Corte di Losanna ha rispedito al Tribunale penale federale l’incarto per un nuovo giudizio, adesso la Corte penale dovrà esaminare, come si annuncia ancora dal portale del Tpf, se l’imputato, agendo a titolo professionale, "abbia accettato, preso in custodia, aiutato a collocare o a trasferire valori patrimoniali altrui", inizialmente depositati su una relazione bancaria, "senza accertarsi, con la diligenza richiesta dalle circostanze, dell’identità dell’avente economicamente diritto". I giudici dovranno pure esaminare se l’imputato "debba essere o meno riconosciuto autore colpevole del reato di falsità in documenti in relazione a un formulario, nonché di complicità in inganno nei confronti delle autorità riferito al permesso di soggiorno di C".

La Corte del Tribunale penale federale, si segnala infine sul sito, dovrà statuire nuovamente su pene, misure, spese e indennizzi.

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