Mendrisiotto

Sul Pozzo Prà Tiro c'è una doppia inchiesta

In parallelo all'indagine penale sono in corso degli accertamenti amministrativi del Dipartimento del territorio. Interpellati anche i Pompieri

Le misure adottate garantiscono la potabilità dell'acqua (Ti-Press)
2 ottobre 2020
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Andare alla fonte del problema. Ormai è un chiodo fisso. Ora che si è messa al sicuro la qualità dell'acqua attinta dal Pozzo Prà Tiro a Chiasso - è di mercoledì l'arrivo dei sei silos al carbone attivo -, tanto nel Basso Mendrisiotto che a livello cantonale si persegue l'obiettivo di capire da dove proviene lo Pfos, il perfluoro-ottansulfonato, che dall'inizio dell'estate tiene col fiato sospeso autorità e tecnici. I più da queste parti lo dicono a bassa voce, ma si vorrebbe evitare di finire come con il Pozzo Polenta a Morbio - messo fuori uso dall'infiltrazione di idrocarburi nel 2008 -, senza una risposta ai tanti perché e, soprattutto, senza sapere a chi attribuire la responsabilità dell'inquinamento. Per adesso, comunque, la speranza non è ancora venuta meno, come la determinazione a fare chiarezza su quanto accaduto nella falda che corre a ridosso della collina del Penz e lungo l'area ferroviaria. In effetti, non consola il fatto che il Pozzo da anni sia iscritto tra le fonti idriche a rischio del Distretto, in attesa della captazione a lago. Quindi l'Age, l'Azienda acqua, gas ed elettricità della cittadina, gli enti locali e la Spaas, la Sezione protezione aria, acqua e suolo del Dipartimento del territorio, hanno fatto quadrato per trovare il bandolo della matassa. E a testimoniare la loro pervicacia ci sono quattro denunce depositate sul tavolo della Procura e di cui ora si sta occupando la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis. Aperta una inchiesta penale, a condurre, in parallelo, una indagine ma di carattere amministrativo è anche la Spaas, fin dai primi momenti in stretto contatto con l'Age. Oggi contatti e incontri, come ci ha fatto sapere il direttore dell'Azienda Corrado Noseda, sono periodici, proprio per fare il punto della situazione, fra analisi dell'acqua e sondaggi geologici.

Un fitto scambio di informazioni sul caso

Sta di fatto che si indaga, e da due diversi 'osservatori': quello della magistratura e quello del Cantone. Dal Ministero pubblico, da noi interpellato, il riserbo è dovuto. Le denunce sono giunte; di conseguenza la procuratrice Alexakis ha aperto un incarto e dunque ha disposto "i necessari atti istruttori per chiarire eventuali responsabilità", ci confermano. Gli accertamenti, però, sono in corso, quindi non è possibile saperne di più al momento. Ciò che è certo è che sono in diversi a essersi rimboccati le maniche sul caso del Pozzo Prà Tiro. E lo scambio di informazioni è fitto tra l'Age, la Spaas e la stessa Procura. «Con regolarità trasmettiamo alla magistratura la documentazione con i dati aggiornati», ci ha spiegato lo stesso direttore dell'Azienda chiassese quando lo abbiamo incontrato sul cantiere della posa del maxi-filtro.

La collaborazione è proficua pure per il Dipartimento del territorio, ci ribadisce a sua volta Nicola Solcà, a capo dell'Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo. Anche il responsabile cantonale è parco nel fornire delle indicazioni - «il nostro lavoro si intreccia con quello della Procura» -, ma si capisce bene dove si vuole andare a parare. «È scritto nell'Ordinanza sulla protezione delle acque - fa notare Solcà -: è nostro dovere, davanti a un tale inquinamento, andare alla ricerca della fonte anche dal profilo amministrativo. Certo, al momento, non sappiamo ancora se sussiste una responsabilità penale, amministrativa o addirittura se sono date entrambe. In ogni caso, da parte nostra intendiamo capire cosa è successo, dove, come e quando». Insomma, in sospeso ci sono, come sempre, le domande chiave. E l'impressione è che non si tralasci alcuna pista: lo Pfos, vietato in Svizzera dall'agosto 2011, veniva utilizzato nell'industria, nei processi galvanici, o come additivo nelle schiume antincendio.

Effettuato un sopralluogo con i Pompieri

Non a caso il Dipartimento del territorio si è messo in contatto con il Centro soccorso cantonale Pompieri del Mendrisiotto, sottobraccio la richiesta di ricostruire la cronologia e i luoghi delle esercitazioni (oltre che degli eventuali interventi) organizzate negli anni nell'area del Pozzo Prà Tiro. Una sollecitazione alla quale, stando a nostre informazioni, il Corpo ha dato seguito, andando a consultare gli archivi ed effettuando, altresì, un sopralluogo sui siti interessati con la Spaas e l'Age. Va detto che l'ultima simulazione del Corpo regionale risale al 2014. L'esercizio del Dt, sempre da nostre indicazioni, si sarebbe ripetuto con le Ffs, questa volta in merito all'attività dei militi dell'Unità intervento dell'azienda. Sebbene le Ferrovie, da noi contattate il giugno scorso, abbiano escluso siano mai stati fatti in passato esercizi utilizzando prodotti contenenti Pfos. I tecnici cantonali si stanno concentrando su questo fronte? «Non posso entrare nei dettagli, posso dire che stiamo conducendo diverse attività, sono tuttora in corso, per chiarire cosa possa essere successo», ci spiega Solcà. D'altro canto, ci rende attenti, ci vorrà del tempo prima di trovare il bandolo della matassa del perfluoro-ottansulfonato. Rincuorano i risultati della recente Campagna di monitoraggio sulla qualità delle acque sotterranee nel cantone condotta dal Laboratorio cantonale: sondate tutte le falde del Ticino, per quanto riguarda le sostanze perfluoroalchiliche è affiorato che oggi il solo caso "problematico" è quello di Chiasso.

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