Mendrisiotto

Piccole bande sotto la lente della Polizia di Chiasso

Il nuovo fenomeno giovanile sta impegnando l'antenna Sad e il Gruppo visione giovani. I dati 2019 della Polizia Regione I

In aumento il numero di interventi (archivio Ti-Press)
16 giugno 2020
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Il fenomeno delle bande giovanili sta impegnando anche la Polizia Regione I di Chiasso. Il tema, di strettissima attualità visto quanto accaduto a Bellinzona e a Pregassona, è stato affrontato questa mattina dal comandante Nicolas Poncini e dal responsabile del Servizio antidroga-Gruppo visione giovani Mauro Mantovani, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell'attività 2019. «Il nostro sforzo è soprattutto concentrato sulla prevenzione verso i giovani e nelle scuole – ha spiegato il comandante Poncini –. Quello del bullismo è un problema che, in modo più o meno nascosto, abbiamo sempre riscontrato. La vera novità sono queste bande». A costituirle, come emerso nei recenti fatti di cronaca, sono «minorenni e giovani adulti – sono state le parole di Mantovani –. Anche qui abbiamo piccoli gruppi: uno di questi è sotto inchiesta». Il denominatore comune è «l'esaltazione del soldo da parte di colui che veste il ruolo di leader: sui social network, in particolare su Instagram, vengono pubblicati spot con soldi (non sempre veri, capita infatti che vengano stampati), macchine di lusso, farmaci. Stiamo monitorando e cercando di fermare una situazione abbastanza nuova». I reati principali di cui queste bande possono rendersi protagonisti sono spaccio, bullismo, vie di fatto, minacce ed estorsioni. 

Degrado negli appartamenti

Un altro settore sul quale si sta concentrando l'attività della Polizia regionale è quello legato ai tossicodipendenti incalliti «che creano problemi di ordine pubblico – ha aggiunto Mantovani –. Persone in difficoltà che hanno quale unico obiettivo procurarsi una dose». A seguito di controlli effettuati, «sono stati trovati appartamenti in condizioni igieniche scandalose». In questo ambito, dopo la pausa imposta dal coronavirus, sono ripresi i tavoli di lavoro con i servizi sociali e di protezione «per affrontare, prevenire e cercare di risolvere la situazione delle persone particolarmente problematiche – ha spiegato Sonia Colombo-Regazzoni, capodicastero Sicurezza pubblica di Chiasso –. A breve riprenderà anche il lavoro degli operatori di strada, sul modello di quanto avviene a Lugano, per approcciare queste persone». Il Municipio vuole seguire con attenzione questo tipo di problematica, che interessa anche i Servizi sociali. «Stiamo facendo valutazioni sulle possibilità di intervento – ha precisato la municipale –. Tra le ipotesi c'è quella di coinvolgere i proprietari delle case e di inserirci con misure di mancata abitabilità perché le situazioni sono di vero degrado».

Interventi in aumento

Lo scorso anno la Polizia Regione 1 ha effettuato 4'698 interventi (a fronte dei 3'994 del 2018). Le casistiche maggiori sono quelle legate a liti-risse-disagi (279) e incidenti (204). Furti, scippi e rapine sono invece stabili. Nella casistica occupano un certo spazio (60; 29 nel 2018) gli interventi legati ai richiedenti l'asilo. «Un fenomeno ciclico – ha spiegato Poncini – che dipende molto dalle persone che vengono ospitate nei nostri centri. Lo scorso anno è stata registrata la presenza di richiedenti magrebini, e come da copione le problematiche sono aumentate». Gli interventi di soccorso con il defibrillatore sono invece stati 19 (8). «Casi non molto frequenti ma che hanno portato al salvataggio di alcune vite». Fatta eccezione per alcuni fatti puntuali, è stata l'analisi di Sonia Colombo-Regazzoni, «Chiasso e i comuni convenzionati vivono una situazione tranquilla dove il sentimento di sicurezza, anche soggettivo, è sicuramente buono».

Il bilancio di quest'anno sarà con ogni probabilità condizionato dal coronavirus. Durante gli ultimi mesi la Polcom è stata poco sollecitata. «Settimanalmente lo Stato Maggiore cantonale di condotta ci inviava direttive per i controlli. Le segnalazioni che abbiamo ricevuto, relative ad assembramenti, sono state pochissime – ha confermato il comandante – e svolto attività di prevenzione». Un punto particolarmente 'caldo' è stata la zona della Breggia. «A livello di polizia, il lockdown ci è servito per affinare legami e collaborazione tra tutti gli enti». E per prepararsi al meglio alle priorità stilate – prima dell'emergenza coronavirus – per l'anno in corso. Una di queste è il consolidamento dei settori specialistici con sinergie con la Polizia cantonale. Sono infatti in corso discussioni legate al controllo abitanti. «Dopo gli incresciosi fatti di via Odescalchi e le richieste del Municipio di Chiasso – ha spiegato Poncini – abbiamo potenziato il servizio e sarebbe molto utile una maggiore coordinazione».

Una videosorveglianza regionale

Un'altra priorità è il potenziamento regionale della videosorveglianza. Dopo l'estensione della rete gestita dalla Centrale operativa a Morbio Inferiore e Balerna, a breve dovrebbe sbloccarsi la situazione con Novazzano. Contatti sono in corso anche con Vacallo. «La videosorveglianza è uno strumento molto apprezzato e indispensabile per molti casi – ha commentato Sonia Colombo-Regazzoni –. L'obiettivo non può quindi essere che allargare lo spettro della sorveglianza a livello regionale». Grazie alle immagini, lo scorso anno sono stati sviluppati 160 casi. Quelli messi a disposizione della Polizia giudiziaria per il proseguimento dell'inchiesta sono stati 49. Oltre alla già citata estensione, quest'anno è prevista anche la sesta tappa di sviluppo nei quartieri di Chiasso. Il sistema sviluppato a Chiasso, ha fatto sapere il comandante, «ha ricevuto la benedizione dell'incaricato della protezione dei dati cantonale in quanto rispetta tutti i criteri di sobrietà e sicurezza richiesti dal Cantone». Grazie al supporto del Cantone, è stato installato anche un impianto al centro richiedenti l'asilo di Pasture.

Accattonaggio in calo

Tra i reati legati alla Legge sull'ordine pubblico, l'accattonaggio è in diminuzione (37 a fronte dei 59 casi del 2018 e 2017). «L'effetto deterrente ha funzionato – ha concluso Poncini –. All'inizio abbiamo fatto fatica perché alcuni Municipi non avevano recepito il meccanismo. Spedire una raccomandata a qualcuno che vive in un campo rom può non avere molto senso, ma è un atto formale che si deve fare per avere un'escalation del caso e arrivare a un divieto di entrata o arrivare nel campo penale. È una legge macchinosa, ma sta dando i suoi frutti».

 

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