Sarà ultimata per l'inizio del 2021. Aspettando il varo del reparto dei letti post-acuti. 'Per noi è una necessità impellente', dice il direttore Selmoni
Il colpo d’occhio che si gode su Mendrisio dalle finestre di Graziano Selmoni è imperdibile. Dal tetto dell’Ospedale regionale è (forse) più facile scorgere anche il futuro prossimo della sanità formato distrettuale. Appesi al muro una pala blu e un caschetto giallo attendono solo di essere usati. «Capiterà a settembre», ci informa il direttore dell’Obv. È previsto per allora l’appuntamento con la prima zolla di terra del terreno destinato a fare posto alla nuova ala del nosocomio: investimento circa 34 milioni. Ora che le resistenze al progetto sono acqua passata, seppur con 10 mesi di ritardo sulla tabella di marcia si è pronti a far buon uso della licenza edilizia staccata dal Municipio. Martedì si aprirà il cantiere, e nel 2021 (in prima battuta era il 2019) si inaugurerà la struttura ospedaliera. Ma la pala e il casco? «Un regalo del mio staff per il compleanno. Vede, accanto, quell’ala scolpita, è di un paio di anni fa: segna l’avvio del concetto del progetto».
Oggi nessuno regala niente – fa notare Selmoni –. Vale, credo, per tutti i settori economici, anche per quello sanitario. Qui abbiamo la fortuna di aver sposato per tempo ed elaborato a fondo il concetto dell’ospedale di prossimità. All’inizio del 2010 eravamo già, più o meno, su questo filone di idee; che poi abbiamo approfondito, facendo nascere i contenuti progettuali che ora troveranno posto nella nuova costruzione. Oggi, certo, i cambiamenti sono accelerati. Si fa fatica adesso a immaginarsi l’ospedale fra 5 anni.
Bisogna seguire con attenzione la nuova era della sanità 4.0 – tra informatica e robotica, ndr –, ma mantenere altresì i piedi per terra. Noi siamo molto legati al territorio e a ciò che può essere la sensibilità locale – conferma Selmoni –. La nuova ala ha in sé dei contenuti che ci abbiamo messo un certo periodo a concretizzare e che si interrogano appunto sul ruolo di un ospedale di prossimità. L’innovazione sta nel fatto che costruiamo un ospedale in cui invitiamo a coabitare i principali servizi sanitari, anzi parlerei a ragion veduta di partner. Un approccio, questo, fortemente voluto. Per esemplificare: avere gli aiuti domiciliari con noi [al pari di Hospice, Lega contro il cancro e Lega polmonare, ndr] significa capire che l’ospedale non è più chiuso su sé stesso, ma già dal momento del ricovero pensa a cosa succederà al rientro a casa del paziente, ragionando insieme sulla presa a carico successiva. Ma c’è di più: nella nuova ala inseriremo tutta una serie di ambulatori. Anche perché qui non ci stiamo più, abbiamo un radicale bisogno di spazio. In questo modo assecondiamo la tendenza che porta verso la medicina ambulatoriale.
Che è molto importante, alla pari della chirurgia ambulatoriale, che manterremo nella struttura attuale [datata 1990, ndr], spostando nel nuovo edificio altre attività. Il che ci impegnerà ad avere anche altri ritmi e a studiare dei percorsi per seguire i pazienti.