Mendrisiotto

In aula gli imputati passano da tre a due

(Tatiana Scolari)
4 dicembre 2017
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Non più tre, bensì due imputati. Questa mattina, lunedì, il processo al Tribunale penale federale a Bellinzona è iniziato su una… battuta d'arresto. All'appello della Corte, presieduta dal giudice Giuseppe Muschietti, mancava, infatti, uno degli accusati. Presenti Franco Longo, considerato l'uomo di fiducia della cosca dei Martino in Ticino, e l'ex fiduciario, nonché ex municipale di Chiasso Oliver Camponovo, al quale si contesta il reato di riciclaggio di denaro. Non si è palesata, invece, la moglie del fratello del boss. Al suo posto è arrivato un certificato medico. «La mia assistita è bloccata a letto», ha confermato il suo legale, l'avvocato Gabriele Banfi. Una situazione che ha gettato, subito, l'ombra dell'incertezza sui tempi del dibattimento, risolta dal giudice con la decisione di disgiungere la posizione della donna «per motivi sostanziali». Nei suoi confronti sarà fissata una nuova udienza: la data resta da stabilire. 

La mattinata, in ogni caso, ha riservato anche altri colpi di scena. Presa la parola, l'avvocato Mario Postizzi, difensore del consulente finanziario chiassese – che sarà affiancato da un secondo avvocato, Aron Camponovo –, ha inanellato una serie di eccezioni. Secondo il legale l'atto d'accusa del procuratore federale Stefano Herold non ha chiarito né sviscerato elementi essenziali. Non solo, Postizzi ha rivendicato la possibilità di vedersi garantita la parità delle armi con i colleghi. Per cominciare, non tutte le sentenze delle Corti italiane, acquisite nel corso dell'istruttoria, sono cresciute in giudicato. Inoltre, la trascrizione delle intercettazioni da parte delle autorità italiane è stata «unilaterale». Quanto basta per chiedere l'audizione di una serie di persone, a cominciare dai fratelli Martino, capo (Giulio) in testa. Ne va della ricostruzione di fatti che risalgono agli anni Ottanta-Novanta, ha motivato.

Il procuratore Herold, dal canto suo, ha respinto al mittente tutte le richieste del difensore. «L'atto d'accusa – ha ribadito – è preciso e le prove verranno trattate in sede di requisitoria». Insomma, nessuna lesione della parità di trattamento e nessun malinteso quanto ai capi di imputazione.«Il crimine a monte – ha sottolineato –, indicato con precisione, rimanda al traffico di stupefacenti, aggravato». Quanto al conto cifrato 'Adamo', a cui fa riferimento l'atto d'accusa, risulta «riconducibile all'organizzazione criminale – la 'ndrangheta, ha ricordato il procuratore, ndr –  in primis a Giulio e Vincenzo Martino, e sulla base di molteplici atti e documenti». Alla Corte sciogliere, ora, i nodi, prima di procedere con il dibattimento.