Lui, un 38enne eritreo, quel viaggio della speranza – in fuga dal suo Paese e dall’esercito – l’aveva fatto una decina d’anni orsono. L’approdo in Sudan, un lavoro in caffetteria per permettersi i 1’200 dollari necessari per raggiungere la Libia, poi il ‘barcone’ verso Lampedusa, e infine l’arrivo nel Nord Italia. Insediatosi – anche a fronte delle difficoltà economiche e nel trovare un lavoro – ha deciso di ‘aiutare’ altri connazionali a compiere il loro viaggio verso il Nord Europa. Fiducia in lui, sì, ma con un tornaconto finanziario. Insomma, ha «sfruttato i più deboli e i più poveri. Invece di mostrare comprensione non ha esitato a farsi consegnare cifre importanti considerando che si tratta di persone in fuga dal proprio Paese». Sono le parole del presidente della Corte delle...