
‘Nessuna frontiera’. ‘Fuori i razzisti dalle città’. Il messaggio è chiaro. Gli striscioni distesi in piazza Indipendenza a Chiasso parlano di territori senza confini. Gli slogan filtrati dal megafono di solidarietà ai migranti. Chi si è dato appuntamento, ieri pomeriggio, in centrocittà sogna “un mondo dove nessuno/a debba morire per una linea tracciata su una cartina o per il fatto di non possedere un pezzo di carta”. A rispondere al tam tam di ‘Nemiche e nemici di ogni frontiera’ – così si firmano sul volantino distribuito ai presenti – sono stati, a occhio, una sessantina. Ci sono i ragazzi che hanno promosso il presidio solidale – dichiaratamente «non autorizzato» – e ci sono semplici cittadini. Non è la prima volta che accade qui a due passi dalla porta sud della Svizzera, ma questo giovedì esserci, si fa capire subito, ha un significato particolare. Stavolta vuol dire accendere i riflettori su una morte – quella del ragazzo maliano rimasto folgorato, lunedì, sul tetto di un Tilo – di cui si rifiuta la definizione di “tragico incidente”. Un giovane prende la parola. «La nostra solidarietà – motiva – va a tutte le vittime di questa strage, che non ha nulla di misterioso e che i giornalisti dovrebbero cominciare a narrare con la giusta importanza». Una «testimonianza attiva», spiega, per dire come «la disumanizzazione del migrante» faccia parte di «un dispositivo ben congegnato che prevede la spersonificazione di queste persone, identificate solo dal colore della pelle e non per la loro appartenenza razziale». Segue la lettura di un testo. Che precede una marcia verso la stazione. Gli striscioni si animano e il piccolo corteo muove verso lo scalo ferroviario. Le parole sono forti, ma l’attitudine è pacifica. Superato l’atrio della stazione ecco comparire il dispositivo di sicurezza in tenuta antisommossa. Una presenza, questa, non annunciata ma prevedibile (visto i precedenti). Prima un drappello sparuto, poi oltre una ventina di agenti si schiera lungo il marciapiede da cui partono i Tilo diretti a Nord. La tensione sale. Ci scappa qualche spintone. Il confronto, però, resta verbale. La manifestazione torna sui suoi passi e torna a scandire i richiami a un’Europa senza barriere. Poi tutti a casa. L’importante è non dimenticare.