Nella lettera inviata alle autorità 49 docenti delle scuole comunali di Lugano replicano al Municipio e parlano di limitazione della libertà d’espressione

“Come docenti, lavoriamo quotidianamente per promuovere, oltre al sapere, valori di giustizia e libertà, sviluppando il senso di responsabilità ed educando alla pace e agli ideali democratici”. Con queste parole inizia la lettera firmata da 49 insegnanti delle scuole comunali di Lugano e indirizzata al Municipio cittadino, con copia al Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, in risposta alla comunicazione municipale del 9 ottobre sulla lettera aperta del Plenum delle scuole medie di Viganello in solidarietà al popolo palestinese. I docenti rivendicano che “la scuola debba poter dialogare con la realtà sociale e culturale del tempo” e ricordano che “il Piano di studio della scuola dell’obbligo affida all’educazione civica, alla cittadinanza e alla democrazia il compito di analizzare le relazioni tra individui, gruppi e società, affrontando i temi della convivenza da una prospettiva storica, etica e politica”.
Secondo i firmatari, “la scuola non può chiudersi nel silenzio di fronte alle tragedie umane contemporanee: deve aprirsi al mondo, offrendo agli allievi strumenti di comprensione critica e morale”. Nella lettera viene presa posizione anche sul tema della neutralità, che “non può essere confusa con l’indifferenza: la neutralità politica non si traduce in neutralità morale. La neutralità intesa come silenzio innanzi alle ingiustizie è già di per sé una presa di posizione”.
I docenti esprimono inoltre preoccupazione anche per il tono usato dall’Esecutivo luganese: “Le parole del Municipio, pur forse animate da un intento di tutela istituzionale, hanno suscitato nel corpo docente la sensazione di una limitazione della libertà d’espressione. Il collegio dei docenti, come stabilito dall’articolo 37 della Legge della scuola, ha la facoltà di affrontare problemi politici e sindacali connessi con la professione”. E aggiungono: “Questo spazio di confronto e di riflessione è parte integrante della vitalità democratica della scuola pubblica”.
Per gli insegnanti, “educare significa aiutare a leggere la realtà, a riconoscere l’ingiustizia e a coltivare la responsabilità”. Citano la crisi umanitaria a Gaza, definita come tale da “istituzioni internazionali, tra cui la Corte Penale Internazionale”, per affermare che “una scuola che rifiuta di affrontare questi temi rischia di formare cittadini privi di pensiero morale”.
Nella loro riflessione gli insegnanti evocano un’idea di scuola che non si limita a trasmettere nozioni, ma coltiva coscienze: “Difendere la libertà di parola e la riflessione etica nella scuola significa, oggi più che mai, difendere la sua funzione più autentica: quella di educare alla consapevolezza, alla pace e alla dignità umana”.
Nelle righe finali, i firmatari esprimono “rammarico per il tono e i contenuti della comunicazione municipale, che ci hanno colpiti non solo come docenti, ma anche come dipendenti e collaboratori dell’Istituto scolastico”. E concludono: “Crediamo che un dialogo aperto e rispettoso tra istituzioni e scuola contribuisca a rafforzare il senso di appartenenza e di fiducia reciproca. È interesse comune tutelare questi valori, pilastri della nostra democrazia e del nostro mandato professionale”.