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Bioggio Pharma Manufacture, ‘vergogna: 80 anni buttati via’

Licenziamento collettivo di 83 persone e chiusura dell'azienda suscitano sgomento nei lavoratori. Un ex dipendente si fa portavoce del loro malessere

Ai dipendenti licenziati è stato vietato di parlare con i media
(Ti-Press)
5 marzo 2025
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Preferiscono non esporsi gli 83 dipendenti della Bioggio Pharma Sa (circa il 70% è composto da frontalieri) all’indomani della notizia della chiusura dell’azienda, che ieri è stata annunciata entro la fine del prossimo mese di agosto. All’uscita della sede della società farmaceutica, che si trova nella zona industriale del paese malcantonese, però, incontriamo Maurizio Parma, ex dipendente ormai in pensione, giunto per manifestare solidarietà ai suoi ex colleghi. È visibilmente arrabbiato per come sono stati trattati i suoi ex compagni di lavoro. Lui non teme ripercussioni e accetta di fornire la sua versione dei fatti e di fare da portavoce a tutti dipendenti che sono tuttora attivi all’interno dello stabilimento produttivo nonostante la spada di Damocle della prossima chiusura della fabbrica.

La casa madre è in Australia

Nel frattempo, i vertici dell’azienda hanno inviato una stringata risposta alle domande formulate da ‘laRegione’ limitandosi a confermare che il licenziamento collettivo riguarda tutti gli 83 dipendenti e che “Bioggio Pharma Manufacture Sa e Soho Flordis International Switzerland Sa, anch’essa sita a Bioggio, fanno entrambe parte del Gruppo SFI Health con casa madre in Australia”. La stessa SFI Health che nel novembre 2022, a sua volta, aveva annunciato il licenziamento di una quarantina di dipendenti. Il forte ridimensionamento deciso qualche anno fa, causato dalla perdita di un importante contratto di produzione per conto terzi, ha consentito alla società di continuare l’attività. Fino al taglio netto della produzione, con l'annunciata chiusura di BPM. Negli ultimi anni nel settore farmaceutico ci sono state alcune soppressioni di personale. Lo scorso gennaio, la Sintetica ha annunciato un taglio di 15 dipendenti nella storica sede di Mendrisio e 40 nello stabilimento di Couvet (Neuchâtel). Restando nel Luganese, oltre ai citati licenziamenti alla Sfi Health, nell’ottobre del 2022 una quarantina di dipendenti aveva perso il posto di lavoro alla Helsinn di Pazzallo. Buona parte del personale, tuttavia, è riuscito a trovare un’altra occupazione nel settore, ci ha confermato Piero Poli, presidente di Farma Industria Ticino.

‘Ci sentivamo coma una famiglia’

«Secondo me è veramente una vergogna: 85 anni di storia buttati nel cesso, per incapacità di programmare le cose. All’interno della ditta ci sono macchinari all’avanguardia, come il magazzino automatico e una struttura di laboratorio che le altre aziende ci invidiavano. Eppure, malgrado il potenziale, sono riusciti a distruggere tutto questo nel giro di 2 o 3 anni. Questo è dovuto al passaggio di gestione e all'incapacità di chi sta dirigendo ora la società». Non usa mezzi termini Parma: «Nel 2018 eravamo 180 dipendenti, lo stesso numero qualche anno dopo quando sono andato in pensione. Pian piano li hanno ridotti a poco più di un’ottantina». Il nostro interlocutore ricorda che Bioggio Pharma Manufacture è nata dalle ceneri di un’altra nota società che ha fatto la storia del settore farmaceutico in Ticino: la Pharmaton, fondata nel 1942, che all’inizio degli anni Novanta è entrata a far parte del gruppo tedesco Boehringer Ingelheim. «Lavoravamo in ditta ma ci sentivamo come una famiglia in perfetta sintonia con il padrone. Invece, l’attuale dirigenza sta approfittando del fatto che il personale ci tiene talmente tanto a lavorare qui che ancora adesso, nonostante le lettere di licenziamento che riceveranno, stanno lavorando tranquillamente, perché hanno un senso di responsabilità dovuto alla sensazione di attaccamento alla ditta» racconta il pensionato, secondo cui anche il ricollocamento del personale non sarà facile perché la maggior parte dei lavoratori è in ditta da oltre vent’anni o trent’anni. Per ora, la direzione non ha fatto accenni a un Piano sociale a favore dei dipendenti.

‘I miei ex colleghi stanno male’

Un senso di attaccamento alla società che è rimasto, malgrado tutto. Parma ci tiene a raccontare il malumore di chi oggi lavora per BPM, quasi fosse il portavoce dei dipendenti ai quali è stato vietato di parlare con i media: «Oggi (ndr), i miei ex colleghi stanno male, è come si gli avessero annunciato la morte di un paziente che è stato in rianimazione da tanto tempo. Si sentono ancora come una famiglia e lavorano per un’azienda, i cui valori fondamentali erano quelli dell’umanità. È come se non avessero ancora realizzato che saranno licenziati. È una cosa talmente forte, che non tutti possono capire, nel senso che hanno chiuso tante aziende in Ticino, ma qui c’è questo fattore umano e un forte senso di fratellanza tra loro, che oggi li ha portati tutti al lavoro e a pensare di eseguire tutte gli ordini ricevuti per i prodotti. Questo, secondo me, è qualcosa di straordinario». L’ex dipendente pare ben informato, gli chiediamo quali sono le comunicazioni che hanno ricevuto i suoi ex colleghi: «Pare che il direttore generale si sia commosso nell’annunciare la brutta notizia, che purtroppo non possono più mantenere questo sito perché non hanno trovato degli acquirenti né degli investitori. Adesso, purtroppo, la dirigenza ha detto che non ce la fa più a mantenere aperta l’azienda».

Disdette a scaglioni, le prime 21 questo mese

Quali sono le modalità dei licenziamenti? Sono già stati intimati? «Ho saputo che le disdette di lavoro verranno mandate a scaglioni, le prime 21 partiranno questo mese, altre 52 a maggio e il resto accompagnerà la chiusura del sito – risponde Parma –. Intanto, hanno aperto la procedura di licenziamento collettivo. A quanto pare, chi vorrà potrà restare fino a fine agosto, ma non tutti. Però, ci sono ancora delle ordinazioni di prodotti da espletare. Penso che chiameranno tutti i clienti per avvisarli di una scadenza per l’interruzione delle comande. Loro sono ancora dentro a lavorare, a fare i turni doppi e tripli, per garantire la produzione. Lavorano anche di notte, perché comunque alcune lavorazioni necessitano il ciclo continuo. Posso solo ribadire che i miei ex colleghi stanno male per la perdita del posto di lavoro e perché chiuderanno questo sito, che per 85 anni è stato un gioiello in Ticino. Alcuni sono in azienda da più di trent’anni...». Un sentimento che si può equiparare a una sorta di elaborazione del lutto. Quali garanzie hanno ottenuto i dipendenti? «Ho saputo che la dirigenza ha garantito tutto quello che prevede la legge in caso di licenziamento collettivo, ossia una disdetta in base agli anni di attività in ditta, quasi tutte di tre mesi, pagheranno le ferie e gli arretrati e non di più, la maggior parte del personale lavora da oltre vent’anni. A chi resterà fino al 31 agosto verseranno uno stipendio e mezzo. Gli hanno detto che vorrebbero agevolarli nella ricerca di un altro posto di lavoro».

‘Il settore equivale all’8% del Pil cantonale’

L’annunciata chiusura di BPM non è stata nemmeno evocata nella presa di posizione dell’associazione di categoria. Farma Industria Ticino ha comunicato che considera “importante evitare di trarre conclusioni affrettate sulla base delle situazioni di singole aziende. Seppur vi siano casi di difficoltà o ristrutturazioni, ciò non riflette lo stato generale del settore farmaceutico ticinese, che continua ad attrarre investimenti, a sviluppare nuovi impianti e a creare posti di lavoro”. Il contenuto stride con la cessazione dell’attività dell’azienda di Bioggio. Abbiamo chiesto spiegazioni a Piero Poli, presidente di Farma Industria Ticino. Va proprio tutto bene nel settore farmaceutico? «Nel comparto lavorano oltre 2’200 persone, soltanto per le aziende associate, per un fatturato annuo che supera ampiamente i due miliardi di franchi – risponde Poli –. Nel 2023 sono stati effettuati più di 250 milioni di franchi di investimenti in impianti, nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie. È chiaro che una notizia del genere è una notizia importante, perché comunque si tratta di un’azienda storica. Comunque si tratta di un’ottantina di persone che presumibilmente perderanno l’attuale posto di lavoro. Dall’altra parte, non posso non enfatizzare il fatto che il settore farmaceutico continua a essere un settore importante per il Canton Ticino e rappresenta più dell’8% del totale del prodotto interno lordo». Non solo. Il settore investe parecchio anche nella formazione, per cui è vero, è stata annunciata un'ottantina di licenziamenti, però a fronte di 2’200 impiegati», aggiunge Poli.

‘Segnali che dovrebbe preoccupare’

Ci sono speranze di ricollocamento per il personale che perderà il posto? «Le nuove disposizioni sul frontalierato, sia per quanto riguarda il reperimento del personale, sia a livello impiegatizio che a livello industriale, chiaramente aiutano chi ha già un contratto e chi è già presente sul mercato del lavoro a rientrare all’interno del settore – risponde il presidente di Farma Industria Ticino –. Come peraltro è successo in passato, abbiamo riassorbito se non tutte buona parte delle persone che hanno perso il lavoro. Ci tengo a sottolineare una cosa, però: il comparto farmaceutico è un comparto come tutti gli altri, quindi si fanno scelte imprenditoriali che ogni tanto possono portare a delle disgrazie, come quello che è successo a BPM. Sono molto vicino alle persone che perderanno il loro posto di lavoro. Dall’altra parte, però, non posso fare di tutta un’erba un fascio su una, due o tre aziende che hanno deciso di ridimensionare per motivi differenti». Questa posizione è condivisa da Paolo Coppi, sindacalista dell’Ocst, che tuttavia puntualizza: «Questo licenziamento collettivo non è un bel segnale: significa che anche il settore farmaceutico negli ultimi anni abbia avuto dei problemi e non sia immune a grattacapi di vario genere. Il comparto non è in difficoltà però, allargando il campo di analisi, questi segnali dovrebbero cominciare a preoccupare, perché evidentemente c’è qualcosa che non funziona a livello di competitività dell'industria in Ticino, visto che, addirittura, a fare fatica sono anche le ditte farmaceutiche».

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