È cominciato in Appello il processo nei confronti dell'allora 49enne. L'avvocato Vezzoni ha fatto ricorso contro la condanna inflitta in primo grado
Non è contestato il reato di tentato omicidio, ma il modo in cui è stato compiuto. Nell’agosto del 2022 aveva destato clamore lo sparo del papà, allora 49enne, al figlio, reo di aver rubato 50mila franchi a sua nonna. Oggi si è ritornati in aula davanti alla Corte di appello e di revisione penale in quanto l’avvocata Letizia Vezzoni ha presentato ricorso, contestando il dolo diretto e la commisurazione della pena che era stata inflitta un anno fa al suo assistito dal giudice Mauro Ermani che lo aveva condannato a nove anni di reclusione, mentre Vezzoni ne aveva proposti cinque e il procuratore generale sostituto Moreno Capella – in sostituzione della procuratrice pubblica Margherita Lanzillo – aveva chiesto sette anni e mezzo di prigione.
In aula è stato ripercorso il passato del giovane per cercare di comprendere meglio le dinamiche tra padre e figlio. Davanti alla presidente della Corte Giovanna Roggero-Will, ai giudici a latere Rosa Item e Attilio Rampini e ai giudici assessori, l’uomo ha ricordato che «negli ultimi anni delle Medie sono iniziati i primi problemi con mio figlio, ma si trattava comunque di episodi gestibili. Con l’inizio del suo apprendistato ha iniziato ad avere problemi di disciplina che lo hanno portato al licenziamento anche a causa di furti che commetteva per procurarsi gli stupefacenti. Purtroppo, alla fine dell’apprendistato non ha più lavorato e ha iniziato a vivere alla giornata: finché aveva liquidità stava in giro e quando non aveva nulla rientrava a casa per pretendere soldi e in qualche occasione era stato violento con la madre spingendola e strattonandola». Questo periodo, ha precisato l’uomo, è durato circa un anno, poi, cercando di porre rimedio, il papà ha iniziato a procurare la droga a suo figlio: «La sua posta arrivava a casa e abbiamo scoperto che era stato ricoverato più volte per abuso di stupefacenti o alcol. Noi genitori eravamo molto preoccupati. È stato in quel momento – adesso mi rendo conto di aver sbagliato –, che ho iniziato a procurargli lo stupefacente: speravo di tenerlo sotto controllo ed evitare quei ricoveri. Abbiamo continuato per un altro anno e, avendola a disposizione, ci sono ricascato anche io», l’uomo in passato era già stato condannato per problemi legati alla droga e per anni ha consumato eroina. «Per diversi mesi mio figlio lavorava con me e andava tutto bene, ma poi le cose sono tornate a peggiorare: pretendeva sempre più stupefacente e aveva iniziato a rubare anche in casa».
Questo comportamento del figlio, a cui si aggiungono anche delle conoscenze legate alla droga e i furti, hanno portato il padre a sospettare del figlio quando nell’agosto del 2022 sua madre lo aveva chiamato per dirgli che le avevano rubato gioielli e tutti i suoi risparmi per un totale di 50mila franchi. «Dai primi accertamenti della polizia era emerso che la persona che era entrata doveva essere qualcuno che conosceva la casa. Io ho subito sospettato di mio figlio e l’ho detto ai poliziotti e ho detto loro dove potevano trovarlo. Mi aspettavo un loro intervento, ma così non è stato. Il giorno successivo mi hanno anche convocato in polizia per esporre i miei sospetti. Ero insoddisfatto di questo agire della polizia e volevo che mia madre recuperasse i soldi, i suoi risparmi di una vita. Era palese che nel furto era coinvolto mio figlio». A quel punto, l’uomo ha dunque cercato di recuperare in autonomia il maltolto: «Avevo saputo che era intenzionato ad andare in vacanza in Spagna con la sua compagna e con un suo conoscente. Erano due notti che non dormivo. La mia intenzione era di affrontarli, recuperare i soldi e, eventualmente, farli anche arrestare. Sapevo che con mio figlio non avrei avuto difficoltà perché lo so affrontare, ma temevo il suo amico, che pur di non farsi fermare avrebbe potuto agire in modo violento. Ho dunque preso l’arma per dimostrare che non stavo scherzando».
Messo in borsa il fucile Flobert calibro 22 a cui aveva precedentemente mozzato la canna e il calcio, si è diretto prima verso la casa della compagna del figlio, ma non trovando né lei né il figlio ha reperito delle informazioni per poterli rintracciare e ha scoperto che forse li avrebbe trovati ad Agno, in una palazzina legata allo spaccio. Non vedendoli di nuovo stava tornando indietro, poi «con la coda dell’occhio l’ho visto in lontananza e l’ho raggiunto con il fucile in mano chiedendogli “cosa hai fatto alla nonna? Come hai potuto arrivare a tanto?”». Dopo uno scambio verbale, il padre ha preso il figlio per il braccio con l’intento di portarlo via da quel luogo e consegnarlo alla polizia. «In quel momento mio figlio mi aveva detto che tanto “è inutile, i soldi non ci sono più” e io ho premuto il grilletto. Non volevo fargli male».
L’avvocata difensore Letizia Vezzoni e il procuratore generale sostituto Moreno Capella prenderanno la parola nel pomeriggio, durante il processo in corso, eccezionalmente, al Tribunale penale federale.