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‘Da sano e amato fratello ad aguzzino’

Alla sbarra, davanti alle Assise criminali di Lugano, un 20enne accusato di violenza carnale su due minorenni. Domani la sentenza

In sintesi:
  • A processo un 20enne del Sottoceneri accusato di violenza carnale e coazione sessuale. Fatti che si sono svolti tra il 2016 e il 2021
  • Le due vittime sono la sorellina e una sua amichetta
I fatti sono stati commessi tra il 2016 e il 2021
(archivio Ti-Press)
3 settembre 2024
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«Erano i suoi giocattoli sessuali del momento». È un caso di abusi sessuali tra le mura domestiche quello che la Corte delle Assise criminali ha esaminato oggi. Davanti al giudice Amos Pagnamenta (a latere Renata Loss Campana ed Emilie Mordasini) è comparso un 20enne del Sottoceneri accusato di violenza carnale (ripetuta e in parte tentata), coazione sessuale (ripetuta), incesto (ripetuto e in parte tentato) e atti sessuali con fanciulli (ripetuto e in parte tentato). Nell'atto d'accusa anche i reati di pornografia e rappresentazione di atti di cruda violenza (ripetuti). I fatti – interamente ammessi – sono stati commessi tra il 2016 e il 2021 ai danni di tre minorenni: la sorellina, una sua amichetta che frequentava la loro abitazione e una lontana parente (in questo ultimo caso si parla ‘solo’ di coazione). Quando ha commesso i fatti più gravi, anche il 20enne era minorenne. Inizialmente prevista per le 16.30 di oggi, la comunicazione della sentenza è stata rinviata di 24 ore. La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha proposto una condanna a 40 mesi di detenzione, sospesi a beneficio di un trattamento in una struttura chiusa. L’avvocato Sandra Xavier ha invece chiesto una condanna non superiore ai 36 mesi, parzialmente sospesi. I legali delle accusatrici private, gli avvocati Letizia Vezzoni (per la sorella) e Andrea Cantaluppi (per l'amica) hanno presentato richieste per torto morale di 40mila e, rispettivamente, 20mila franchi. «Mi scuso per tutto il male che ho fatto», sono state le parole del ventenne, che in un futuro spera di «ricostruire un legame con la sorella per quanto sarà difficile e di volersi impegnare per diventare un uomo migliore», prima della camera di consiglio.

‘È iniziato tutto quando avevo 12 anni’

Le violenze ai danni delle due bambine sono iniziate quando l’imputato aveva 12 anni. Come si legge nell’atto d’accusa, tra il 2017 e il 2021 i tentativi di congiunzione carnali sono avvenuti “in un numero imprecisato di occasioni”. Fino al 2019 “almeno 15 volte”, mentre negli ultimi anni “capitava in media ogni due settimane” ha invece costretto la sorella a “subire ripetutamente la congiunzione carnale”. Per l'amica, a “un numero imprecisato” di tentativi si aggiungono “circa 10” congiunzioni. Azioni, ha ammesso l'imputato, commesse utilizzando anche la forza e la minaccia, mettendo paura alle bambine e imponendo loro il silenzio. Le attenzioni verso la terza vittima sono invece state limitate al periodo compreso tra agosto 2022 e febbraio 2023. «È iniziato tutto quando avevo 12 anni, e mia sorella ne aveva 6, con degli strusciamenti e il tentativo di penetrazione – ha spiegato il 20enne rispondendo alle domande del giudice –. Il mio era uno stimolo sessuale che non riuscivo a contenere, forse per mancanza di un'altra valvola di sfogo. La colpa è stata solo e soltanto mia». L'uomo ha ammesso che «mia sorella non era consenziente» e che non si è sottratta «per paura». Nonostante i rifiuti della giovane «la maggior parte delle volte continuavo. Sto ancora cercando di capire perché». Gli abusi sono terminati «poco dopo i 18 anni. Ho cercato di deviare la mia frustrazione su altro, come la palestra o il socializzare di più». L'uomo è stato arrestato nel settembre scorso: a segnalare i suoi comportamenti è stata l'amica della sorella. Nei confronti della ragazza i contatti si sono interrotti «quando avevo 17 anni perché aveva litigato con mia sorella e non veniva più a casa nostra». Un successivo incontro tra i due nel giugno dell'anno scorso ha portato alla denuncia e alla successiva inchiesta.

‘La famiglia è un territorio protetto’

«La famiglia è un territorio protetto, degli affetti più spontanei e immediati, dove le relazioni fraterne sono il legame più duraturo». Un sentimento che «ha portato la sorella a non denunciare». Sono queste le parole utilizzate dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo per introdurre la sua requisitoria. Un legame che l'imputato «ha frantumato senza rimorso e considerazione con un desiderio che ha mantenuto da quando aveva 12 anni, agendo contro natura, in modo viscido e in parte violento». Con il passare degli anni, ha aggiunto Lanzillo, il 20enne «si è confrontato con queste bambine che stavano crescendo». Per l'accusa è stato un comportamento che lo ha portato a passare da «sano e amato fratello ad aguzzino» rendendo le sue vittime «inermi come delle bambole di pezza per paura e timore di eventuali conseguenze». Il movente dell'azione è stato «egoistico e funzionale ai suoi bisogni». I reati più gravi, come detto, sono stati commessi quando il ventenne era ancora minorenne. «Un aspetto importante per la commisurazione della pena».

‘Una bambina che amava giocare’

“Ero solo una bambina che amava giocare”. Le parole, affidate all'avvocato Andrea Cantaluppi, sono quelle dell'amica della sorella dell'imputato. “Lui ci diceva che era solo un gioco, ma ogni volta che entravo in quella casa la paura cresceva”. Il racconto è proseguito con due bambine che “si tenevano per mano. Eravamo entrambe intrappolate e restavamo in silenzio”. La ragazza ha concluso dicendo che “volevo solo giocare ma in un attimo il mondo si è capovolto”. L'avvocato Letizia Vezzoni ha evidenziato come la sorella dell'imputato sia stata privata del «tempo per crescere, da trascorrere con un fratello maggiore, per giocare e per affrontare nei giusti modi la propria sessualità, privandola di infanzia e fanciullezza».

‘Reo confesso: è il gesto più grande’

Undici mesi dopo l'arresto, che ha rappresentato «una liberazione», il ventenne «è cambiato e si presenta in aula reo confesso – ha evidenziato la legale Sandra Xavier –. Sono profondamente convinta che questo sia il gesto più grande che l'imputato può compiere per le sue vittime. Per reati analoghi succede poche volte e, senza nulla togliere alla gravità delle azioni, questo non può essere banalizzato». La difesa ha infine aggiunto che «i primi atti sono stati commessi quando l'imputato era poco più di un bambino e gli ultimi quando ne aveva 18: sa di aver bisogno di essere seguito e sostenuto».

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