Luganese

Stupro alla festa campestre: una condanna e due assoluzioni

I fatti accaddero nel 2019, la vittima aveva bevuto molto, ma non era inetta a resistere per questo motivo

Una festa molto alcolica
(Ti-Press)
27 ottobre 2023
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Una condanna e due assoluzioni sono state emesse nel processo per lo stupro accaduto nel luglio del 2019 a margine di una festa campestre nel Luganese, nell'ambito di un torneo di calcio. Un procedimento penale complicato, con un'appendice voluta dalla Corte delle Assiste criminali per ottenere ulteriori elementi di giudizio, sotto forma di una nuova perizia psichiatrica sulla vittima. Che alla fine è stata ritenuta tale: il principale imputato, un 31enne del Luganese, è stato condannato per violenza carnale (imputazione aggiunta in un secondo tempo), mentre gli altri due giovani alla sbarra, un 27enne e un 25enne, sono stati assolti.

Un rapporto sgradito

I fatti avvennero in un'auto posteggiata poco distante. Al termine degli stessi, la donna si rimise al volante e tornò a casa. Due giorni dopo i tre giovani finirono agli arresti. La Corte, presieduta dal giudice Siro Quadri, ha concluso che nella prima parte dei fatti, un atto sessuale a tre, non vi fosse una inettitudine a resistere. Cioè non vi è la prova che la vittima, che aveva bevuto parecchio, fosse realmente incapace di capire cosa stesse succedendo. Per contro, al 31enne doveva essere chiaro che il secondo atto sessuale, consumato subito dopo, era sgradito, ma lui pose la donna in un situazione «senza via d'uscita» sovrastandola fisicamente sul sedile posteriore dell'auto: così a mente della Corte. Il 31enne è stato dunque condannato a 30 mesi di detenzione: 24 sospesi con la condizionale e 6 da espiare. Al termine dell'udienza è scoppiato in lacrime. Il suo avvocato difensore Niccolò Giovanettina ha già annunciato che ricorrerà in Appello. Dai sei mesi andrebbero scalati i 23 giorni di carcere preventivo già sofferti. Non è escluso un ricorso nemmeno da parte dell'accusatrice privata (rappresentata dall'avvocato Letizia Vezzoni), cioè la vittima, cui è andato un risarcimento per torto morale di 5mila franchi.

Difese accusate

Il giudice Quadri ha speso vibranti parole sul percorso giudiziario di questa inchiesta, messo chiaramente in discussione dalle difese. Eventuali appunti nei confronti del procuratore Zaccaria Akbas o della magistratura andrebbero mossi nelle sedi opportune, ha detto. «Mercoledì in aula, in maniera anche polemica le difese hanno espresso sgomento, stupore, critiche all'inchiesta e ai mezzi di prova, parlato di procedimento deragliato. La corte ha definito tutte queste polemiche non solo inutili ma fatte nella sede sbagliata. Il processo si fa agli imputati, e non alla magistratura». Siro Quadri ha ricordato che «la vittima è stata male, e merita grande attenzione, un'istruttoria completa ad ampio raggio. E anche la presentazione di un nuovo atto d'accusa è contemplata dalla legge». Sui fatti: «Il perito ha detto che non era inetta a resistere ma sicuramente brilla». Successivamente, anche dai messaggini mandati quella notte stessa agli amici, è emersa una forma di autocolpevolizzazione «ma questo succede sempre nei casi di violenza sessuale». «E il consenso della vittima deve essere dedotto da quanto avvenuto durante l'atto a sfondo sessuale». «L'aggressione sessuale può anche essere psicologica, quando la situazione diventa senza via d'uscita, la Ausweglosigkeit» ha ribadito sempre il giudice riferendosi a concetti come quello di «violenza strutturale strumentalizzata».

In dubio pro reo

Riguardo alle singole posizioni, chiara l'assoluzione del 25enne difeso dall'avvocato Massimo dè' Sena. Il giovane rimase fuori dall'auto («non si sa nemmeno se facesse il palo»). È invece una assoluzione «in dubio pro reo» quella del 27enne difeso da Sandra Xavier, «Vi è solo l’ipotesi dell'articolo 191 ma non vi è la prova che la vittima fosse inetta a resistere». Pure il 31enne stato assolto dall'accusa per quanto successo inizialmente, dal reato di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. Ma non per il secondo atto sessuale, consumato da solo con la donna. «La sua versione non è convincente, lui sapeva che la vittima non lo voleva, perché glie l'aveva detto. Con un espediente ha messo la vittima in una posizione da cui non poteva più uscire, sdraiata in macchina sotto di lui. La condanna tiene conto anche del fatto che ci si aspettava delle scuse, dal momento che la sofferenza della vittima è provata». Sofferenza non solo psicologica; sono state trovate tracce di sangue su un cappello presente in auto.

Finisce così il primo atto di questo lungo procedimento: come annunciato se ne riparlerà davanti alla Corte di appello e revisione penale.

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