Luganese

‘Una relazione tossica’, chiesti 6 anni di carcere

È arrivata la richiesta di pena per il 37enne a processo a Lugano per ripetuto tentato omicidio. La difesa chiede la scarcerazione

(archivio Ti-Press)
26 settembre 2023
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«Una relazione tossica». Così la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha descritto quella che legava il 37enne a processo davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta per rispondere di tentato omicidio, e la sua ex compagna. Al termine del suo intervento, Pedretti ha proposto una condanna a 6 anni carcere, una pena pecuniaria di 40 aliquote e una multa di 400 franchi. A questo si aggiunge un trattamento ambulatoriale e l'espulsione di 7 anni dalla Svizzera senza iscrizione al Sistema Informativo di Schengen. «Era una relazione colma fino all'orlo, impregnata da continui conflitti verbali e fisici anche reciproci – ha aggiunto la pp –. Nonostante non siano due sprovveduti, avendo entrambi una formazione sanitaria, non sono stati in grado di scorgere campanelli d'allarme, trovandosi incastrati in una relazione che faceva del male a entrambi». La donna ha chiamato la polizia al termine dell'ultimo litigio, la notte dell'ultimo Capodanno, spaventata dalla vista del sangue. «All'arrivo della polizia si era già pentita, a conferma della tossicità della loro relazione: sapeva che raccontando tutto lo avrebbe perso».

Parlando dell'episodio di quella sera, ovvero quando l'uomo non ha negato di avere stretto le mani al collo della compagna per pochi secondi, per la procuratrice si è trattato di «un'azione per dolo eventuale che sfiora il diretto. Se esaminiamo la dinamicità dei fatti, ci avviciniamo al dolo diretto. Ma non posso fare astrazione dal fatto che anche lui era incatenato alla relazione tossica e che quella sera per l’ennesima volta se ne voleva andare. Ha di nuovo agito d’impulso, ma non mi sento di poter dire che volesse toglierle la vita. Sebbene esasperato, tornava da lei». Quando la donna è riuscita a liberarsi «non ha infierito ulteriormente». In merito ai calci, negati dall'imputato, del mese di settembre, «dalle dichiarazioni della vittima emergono elementi di rilevanza e sulla forza usata per quei calci».

Quella del 37enne è «una colpa oggettivamente e soggettivamente grave: di alternative ne aveva ma è andato oltre ogni limite accettabile, agendo con un movente egoistico». Il fatto che le conseguenze delle sue azioni «siano state contenute, non attenua la sua colpa: l'ha afferrato al collo e l'ha strozzata perché esasperato da lei per motivi inconsistenti. Non si è ravveduto per quanto fatto». Solo in un verbale del mese di febbraio, ha fatto sapere l’accusa, «c'è stata una presa di coscienza, ma pochi giorni dopo tutto era cambiato».

La legale della vittima, l'avvocato Barbara Pezzati, ha chiesto il rimborso delle spese mediche e legali e un risarcimento di torto morale di 18mila franchi. L'avvocato difensore Yasar Ravi si è battuto per un sostanziale proscioglimento del 37enne, ritenendo i nove mesi di detenzione già scontati sufficienti, e quindi la scarcerazione dell'imputato, il quale definendosi «molto stanco» non ha voluto aggiungere nulla. La Corte di riunirà in camera di consiglio domani, mercoledì, alle 10. Il giudice Amos Pagnamenta pronuncerà la sentenza alle 15.30.

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