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Lugano, la Città ‘risparmia otto milioni di franchi’

Il capo Dicastero pianificazione Filippo Lombardi commenta così la sentenza del Tribunale federale che nega l'indennizzo ai proprietari di un fondo a Brè

Una veduta del quartiere di Brè
(Ti-Press/Archivio)
8 agosto 2023
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Quel terreno a Brè, di oltre 11’600 metri di superficie, non era da suddividere in zone. I proprietari invece hanno rivendicato (invano) l’azzonamento, siccome nel vecchio Piano regolatore di Lugano, risalente a decenni fa, era previsto come edificabile. Alla luce del rifiuto della Città di concedere l’edificabilità, il loro avvocato ha avanzato la richiesta di espropriazione materiale, per un indennizzo di 7,9 milioni di franchi. Una richiesta arrivata al Tribunale federale che, in una sentenza pubblicata, ha respinto tale rivendicazione, rimandando l’incarto al Tribunale amministrativo cantonale (Tram) per una nuova decisione.

Espropriazione ingiustificata

Interpellato dalla ‘Regione’, Filippo Lombardi, titolare del Dicastero dello sviluppo territoriale di Lugano, commenta così la sentenza: «Abbiamo risparmiato quasi otto milioni di franchi. La richiesta della società privata avrebbe potuto essere giustificata se il fondo fosse stato oggetto di un azzonamento, poi di un dezonamento. Ma, in questo caso, i proprietari non hanno alcun diritto all’indennizzo di dezonamento, anche se il vecchio Piano regolare (Pr) concedeva l’edificazione di quel fondo. Tuttavia, il Pr in questione, che venne approvato dal Consiglio di Stato, era precedente all’entrata in vigore della Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt) e quest’ultima non consentiva l’edificazione di quel fondo».

Il primo Pr a essere adottato con la Lpt

In effetti, come scrivono i giudici di Mon Répos, “il Piano regolatore, con cui è stato imposto il vincolo di Zeic (Zona edificabile di interesse comunale) a carico del fondo dell’opponente, è stato il primo a essere adottato sotto l’egida della Lpt (entrata in vigore nel 1980, ndr.)”. La Corte cantonale ha invece ritenuto che “il momento determinante per stabilire se fosse realizzata o meno un’espropriazione materiale era la data dell’approvazione del Piano regolatore da parte del Consiglio di Stato (7 dicembre 1993)”, perché “sovrapposto alla zona edificabile R2b, ha comportato per i proprietari l’impossibilità di disporne liberamente e di edificarlo, essendo destinato a essere acquisito dal Comune. Questo provvedimento ha avuto per lei effetti equiparabili a quelli in cui si verrebbe a trovare il proprietario di un fondo edificabile gravato con un vincolo destinato alla realizzazione di un edificio d’interesse pubblico”, ammettendo l’esistenza di un’espropriazione materiale.

Una lunga vertenza

Però, la Città non ha mai accettato l’azzonamento richiesto dai proprietari. Perciò, dapprima, i privati hanno contestato la decisione al Tribunale delle espropriazioni, che aveva dato ragione alla Città, dopodiché, i privati hanno fatto appello al Tribunale amministrativo cantonale, che ha invece dato torto all’ente locale. Lugano ha tuttavia presentato ricorso al Tribunale federale e ha ottenuto ragione. In altre parole, il fondo in questione, ben 11’619 metri di superficie, costituito da 15 particelle, non andava suddiviso in zone. Come si legge nella sentenza, secondo il ricorrente (Città di Lugano, ndr), inoltre, “il fondo non sarebbe incluso in un piano generale delle canalizzazioni conforme alla legislazione federale in materia di protezione delle acque, non rientrerebbe nel comprensorio edificato in larga misura, non sarebbe sufficientemente urbanizzato, né sarebbe stato necessario a soddisfare i bisogni di terreno edificabile entro i successivi quindici anni: non avrebbe quindi avuto alcuna vocazione edilizia alla data determinante”.

Terreno non sottratto al libero mercato

La questione torna dunque sul tavolo del Tram, poiché, si legge nella sentenza, la Corte cantonale “non ha esaminato compiutamente se fossero realizzati i presupposti per un risarcimento nel caso di un rifiuto di attribuire il fondo alla zona edificabile”. Nello specifico, la Corte cantonale ha ritenuto, “a torto, sufficiente l’edificabilità di principio delle zone R2b e Zeic per ammettere un’espropriazione materiale”. Secondo tale interpretazione, favorevole ai proprietari, “il fondo è stato sottratto al libero mercato e destinato a essere acquisito dal Comune (...). Poiché la precedente attribuzione alla zona edificabile residenziale R2 secondo il Piano regolatore del 1977 non corrispondeva alle esigenze della Lpt, sotto il profilo del diritto espropriativo, il vincolo di Zeic approvato nel 1993 è quindi equivalso per la proprietaria colpita a un rifiuto di attribuire il suo fondo alla zona edificabile”.

Il caso in questione è precedente alla lunga procedura di pianificazione partecipata avviata dalla Città nel quartiere di Brè diversi anni fa.

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