Luganese

Accoltellamento alla Manor, respinta la scarcerazione

Il Tribunale federale non accoglie il ricorso dei legali della donna ritenuta colpevole di ripetuto tentato assassinio

Il fatto di sangue aveva suscitato scalpore
(Ti-Press)
28 giugno 2023
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Sono senza fondamento le richieste avanzate dai legali della giovane di Vezia che, il 24 novembre del 2020, accoltellò due donne alla Manor di Lugano. Dopo la condanna a nove anni di reclusione inflittale dalla Corte penale del Tribunale penale federale di Bellinzona, per ripetuto tentato assassinio, violazione della legge federale che vieta i gruppi “Al-Qaïda” e “Stato islamico” nonché le organizzazioni associate e ripetuto esercizio illecito della prostituzione, i suoi avvocati hanno presentato ricorso al Tribunale federale. La sua domanda di scarcerazione è però stata respinta.

Era stata condannata a nove anni

La donna, lo ricordiamo, era stata condannata il 19 settembre 2022 a nove anni di prigione, dedotto il carcere preventivo sofferto e la pena anticipatamente espiata, dalla Corte penale del Tribunale penale federale di Bellinzona, per ripetuto tentato assassinio, violazione della legge federale che vieta i gruppi “Al-Qaïda” e “Stato islamico” nonché le organizzazioni associate e ripetuto esercizio illecito della prostituzione. Le era stata inflitta pure una multa di duemila franchi e, nei suoi confronti, la Corte aveva ordinato il trattamento stazionario, sospendendo la pena detentiva. Ed è proprio sulle modalità effettive di esecuzione del trattamento stazionario che è imperniato il ricorso.

Chiesta una struttura sanitaria chiusa

Visto che i legali della donna, che venne arresta il 24 novembre del 2020, avevano impugnato solo la colpevolezza e la commisurazione della pena, lo scorso 6 febbraio, la Corte di appello del Tribunale penale federale ha ordinato l’esecuzione del trattamento stazionario. Successivamente, mediante istanza del 29 marzo, indirizzata all’Ufficio del Giudice dei provvedimenti coercitivi, l’interessata ha chiesto d’essere trasferita in una struttura sanitaria chiusa, idonea al trattamento delle sue patologie psichiatriche “affinché, in assenza del postulato trasferimento, abbia a trattarla come istanza di scarcerazione”. Con decreto del 31 marzo, il Presidente della Corte d’appello ha dichiarato irricevibile la domanda di scarcerazione, ritenuto che il trattamento stazionario era già stato posto in esecuzione.

Come detto, i giudici del Tribunale federale non hanno potuto fare altro che respingere il ricorso degli avvocati della donna. A lei e ai suoi patrocinatori, era infatti notorio che la misura in esame avrebbe potuto essere concretizzata semmai anche in un penitenziario. Notorio era inoltre che in Ticino non vi è un carcere femminile, del quale la ricorrente lamenta l’inesistenza. Questa situazione, risaputa, era risaputa alla ricorrente, che non ha tuttavia impugnato l’ordinato trattamento stazionario, del quale adduce in sostanza una pretesa inattuabilità.

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