Luganese

Procura cocaina all’amico bancario, condannato ed espulso

Alle Assise correzionali il traffico di 260 grammi di cocaina avvenuto nel Luganese. Tredici mesi di carcere a un cinquantenne

(archivio Ti-Press)
23 febbraio 2023
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L’inchiesta è partita per le malversazioni avvenute in un istituto bancario del Luganese ed effettuate da un dipendente. Il protagonista – giudicato con un decreto d’accusa per l’appropriazione indebita di 70mila franchi –, ha fatto il nome di un suo amico quale suo venditore di cocaina: per l’acquisto sono stati utilizzati almeno 26mila franchi indebitamente sottratti. Questo amico, un 50enne cittadino italiano residente nel Luganese, è comparso davanti alle Assise correzionali di Lugano per rispondere dell’alienazione, tra marzo e settembre dell’anno scorso, di 260 grammi di cocaina e quindi di ripetuta infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti. Il giudice Amos Pagnamenta ha confermato l’atto d’accusa del procuratore pubblico Daniele Galliano e ha condannato il 50enne a 13 mesi di detenzione. La Corte ha ordinato anche un’espulsione di 5 anni dalla Svizzera. L’imputato è arrivato in aula con diversi precedenti penali, anche specifici, alle spalle. «Lei rappresenta un pericolo per l’opinione pubblica, nemmeno il matrimonio ha dato garanzie e in passato ha ricevuto quattro ammonimenti dalla sezione degli stranieri – sono state le parole del giudice –. È anche una questione di credibilità delle istituzioni: dopo x cartellini gialli, il rosso deve arrivare». Nessun caso di rigore, quindi, anche se il 50enne è nato e cresciuto in Ticino e qui ha costruito una famiglia.

Dalle bustine ai messaggi cancellati

L’imputato ha contestato di aver procurato 260 grammi di sostanza, ricordando che l’amico «arrivava a Lugano in treno prima delle 8 e mi dava i soldi. Io andavo al parco Ciani a prendere la droga e gliela consegnavo sul mezzogiorno, quasi sempre in centro e una-due volte a casa mia. Ci guadagnavo il mio uso personale». Una scena che si sarebbe ripetuta tre volte alla settimana. Alla domanda sui quantitativi, la risposta del 50enne è stata che «prendevo le bustine – da 4 grammi lordi, come indicato nell’atto d’accusa, ndr –, facendo un calcolo credo 16 grammi in totale». Dopo l’arresto dell’amico, l’imputato ha cancellato i messaggi del suo telefono («mi era arrivato il telefono nuovo»). Perché l’acquirente, ha chiesto il giudice, avrebbe mentito sul quantitativo, aggravando di fatto anche la sua stessa posizione? «La mia supposizione è che ha rubato talmente tanti soldi che doveva trovare un capro espiatorio perché sicuramente non li ha spesi in cocaina – è stata la risposta –. Da come lo conosco io non consumava così tanto». Dall’indagine è emerso anche l’utilizzo di un numero serbo, spesso utilizzato per diminuire il rischio di essere intercettati.

‘Chiamata in causa credibile e disinteressata’

Il procuratore pubblico non ha esitato a definire l’imputato «uno spacciatore recidivo, oltre che un forte consumatore di cocaina». Nella sua arringa ha definito «la chiamata in causa credibile e disinteressata: l’amico ha sempre riferito di aver acquistato ingenti quantitativi per il suo consumo: ha ammesso di averlo fatto in Italia ma anche dall’imputato perché era comodo, visto che lavorava a Lugano». A livello soggettivo la colpa è stata definita «molto pesante: nonostante precedenti e ammonimenti, ha fatto di tutto per commettere gli stessi reati. È incorreggibile nel nostro Paese». La richiesta di pena è stata di 18 mesi da scontare, una multa di 300 franchi per la contravvenzione e 5 anni di espulsione. «È nato qui e ha una moglie – ha concluso Galliano –. Ma a un certo punto bisogna tracciare una linea visto che rappresenta un forte pericolo per l’opinione pubblica».

‘Un fattorino, non uno spacciatore’

Di parere opposto l’avvocato Ryan Vannin, che si è battuto per una riduzione della pena, da sospendere con la condizionale e la scarcerazione dell’imputato. Il legale ha definito il 50enne «un fattorino, non uno spacciatore perché era l’amico che gli chiedeva di procurargli cocaina e gli anticipava i soldi». Per il legale «non ci sono prove che fosse lui il principale fornitore» della droga e «non poteva procacciare questo quantitativo di cocaina come descritto» ed è «altamente inverosimile che consumasse 4 grammi di cocaina al giorno».

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