Luganese

L’ex direttore arrestato ‘aveva ottime valutazioni’

Il Gran consiglio apre la discussione generale sul fermo, per atti sessuali con fanciulli dell’ex direttore di una scuola media del Luganese

Molte domande
(archivio Ti-Press)
17 ottobre 2022
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È stata aperta una discussione generale (richiesta da Tamara Merlo, Più Donne, e accolta con 61 voti favorevoli, 2 contrari e 8 astensioni) oggi in Gran Consiglio sull’arresto dell’ex direttore di una scuola media del Luganese per atti sessuali con fanciulli. Una discussione, durata quasi un paio d’ore, voluta dopo che il Consigliere di Stato Manuele Bertoli ha risposto alle quattro interpellanze presentate dopo l’arresto dell’uomo, il 7 settembre scorso. Ripercorrendo quanto successo nell’ultimo mese, Bertoli ha definito l’accaduto «grave, inqualificabile e inaccettabile sotto qualsiasi punto di vista». Quello oggetto d’inchiesta penale è «un reato che non può succedere a scuola, ma quantomeno non violento. Anche se questo non modifica la gravità dell’accaduto». L’inchiesta amministrativa aperta a livello cantonale «è al momento sospesa in attesa che il procuratore pubblico ci permetta di andare avanti». Bertoli ha inoltre ribadito che alla Sezione dell’insegnamento medio, alla Divisione della scuola e al Dipartimento «non sono mai arrivate segnalazioni».

‘Irragionevole sostenere fosse un campanello d’allarme’

L’ex direttore, un 39enne cittadino svizzero, docente di latino, «ha ricevuto l’incarico nel 2018 ed è stato assunto e nominato nel 2019 visto che – ha precisato Bertoli – aveva ottime valutazioni sia al momento dell’assunzione che nel passaggio dall’incarico alla nomina». Negli ultimi 10 anni, sono stati 35 i direttori assunti. Tra loro, 9 venivano da fuori dalla scuola di riferimento. «Dal 2017 – ha aggiunto il Consigliere di stato – sono stati 14. In tre casi c’è stato un candidato unico, che non corrisponde al numero formale delle candidature ma ai candidati selezionati per i colloqui. Uno di questi casi è quello della scuola del Luganese». Passando al lavoro di diploma redatto dall’uomo, lo stesso «si inserisce in un contesto di approccio interdisciplinare relativo all’educazione sessuale. Leggendo il testo, personalmente ritengo si sia andati troppo in là». Due gli errori «riconosciuti» ovvero il «non aver prospettato ai genitori cosa si andava a fare» e «l’uso di whatsapp». Due fattori, quelli appena descritti, che avrebbero dovuto essere un campanello d’allarme? «È irragionevole sostenerlo – ha risposto Bertoli –. La conseguenza logica sarebbe stata non assumerlo». La prevenzione primaria «consente nel parlare: se la gente non parla le cose non funzionano. Si è arrivati all’arresto perché alla fine qualcuno ha parlato».

Dentro la discussione generale

La discussione che ha impegnato i granconsiglieri ha sollevato vari temi. «Anche i docenti vanno educati – ha spiegato Tamara Merlo –. Ci vuole un approccio proattivo nel caso dell’ascolto, una linea diretta per segnalazioni o un dirigente specializzato nella prevenzione delle violenze. Cosa succede nelle nostre scuole? Il problema viene affrontato seriamente o la tendenza è quella di spostare come se fosse colpa dell’allievo?». Paolo Ortelli (Plr) si è detto «contrario» alla discussione e al termine ha affermato che «questo dibattito mi ha dato prova di un esercizio di ipocrisia». Per Angelica Lepori Sergi (Mps) «è arrivato il momento di trovare dei canali dove le vittime possono parlare in una situazione protetta, con l’apertura di un numero unico di emergenza attivo 24 ore su 24». In un caso come quello del docente del Luganese, «occorre riflettere su cosa sta succedendo e come si è arrivati a promuovere questo docente senza farsi domande», ha commentato Sabrina Aldi (Lega). Come mai, ha chiesto Maurizio Agustoni (il Centro), «il direttore non è stato licenziato in tronco? Il messaggio che deve passare è che non deve esserci nessuna tolleranza». Nel suo intervento, Lara Filippini (Udc) ha ricordato che nel 2013 ha presentato una mozione chiedendo di creare un convegno cantonale sulla pedofilia. «Il rapporto favorevole era del 2018: siamo nel 2022. Vergogna». Il caso, ha detto Anna Biscossa (Ps) «è estremamente preoccupante ma deve essere affrontato dalle procedure giuridiche a cui, ci metto la mano sul fuoco, seguiranno appena possibile gli approfondimenti amministrativi che ci daranno risposte articolare e precise». Di fronte a un predatore sessuale, ha fatto eco Claudia Crivelli Barella (I Verdi), «l’unica possibilità di salvezza è chiedere aiuto a una persona autorevole. Con un gruppo di mamme del Luganese abbiamo interrogato i figli che vanno alle medie chiedendo a chi si rivolgerebbero. Ci ha stupito che nessuno avesse qualcuno a cui rivolgersi. Il kamasutra è un testo sacro della letteratura indiana ed è possibile parlarne serenamente senza entrare in ambiti non appropriati». Edo Pellegrini (Udc) si è definito «perplesso: se qualcuno avesse aperto gli occhi, magari questo docente no, avrebbe ricevuto l’abilitazione con il massimo dei voti». Per Giovanni Berardi (il Centro) «c’è una questione culturale da mettere a posto: la società deve essere più coraggiosa a segnalare quando riscontra o ha dubbi su abusi». Carlo Lepori (Ps) si è invece chiesto quale sia il «collegamento causale tra il lavoro di diploma e l’aver avuto una relazione con un’allieva». Nicola Corti (Ps) ha invece parlato di prevenzione, che «si fa con la parola. Il cambio culturale è nella qualità della parola, con un approccio giusto e adeguato». La figura del direttore, ha commentato Roberta Passardi (Plr) «è importante per la protezione dei docenti e del corpo docenti stesso». Angelica Lepori Sergi ha aggiunto che «per troppo tempo siamo stato in silenzio, è molto pericoloso anche per le potenziali vittime che non hanno il coraggio di parlare». Tamara Merlo a sua volta vorrebbe «una società più coraggiosa. Ma perché c’è questo silenzio? C’è una paura di parlare su cui abbiamo il dovere di interrogarci». Cristina Maderni (Plr) si è chiesta «come mai non si è parlato con i ragazzi che hanno terminato la scuola negli anni precedenti». Simona Buri (Ps) ha portato l’esperienza personale di un tentativo di approccio alle scuole medie. La persona in questione «ha commesso reati più gravi ed è stato condannato. Non mi sono sentita meglio: con la mia testimonianza avrei potuto risparmiare atrocità ad altri ragazzi». A mente di Nadia Ghisolfi (il Centro), «lo Stato deve intervenire prima e fare in modo di creare quelle condizioni che impediscano sul nascere queste situazioni». Matteo Buzzi (I Verdi) ha spiegato che «parlare e segnalare sono questioni fondamentali». Per Daniela Pugno Ghirlanda (Ps) «se l’insegnante sbaglia è lui che sbaglia e non per i corsi di abilitazione». Maristella Polli (Plr) ha evidenziato come «la responsabilità dei genitori sia capire cosa succede ai propri figli, minorenni o maggiorenni che siano».

Perché non c’è stato il licenziamento in tronco

Intervenendo a commento della discussione generale, Bertoli ha ribadito che «senza le persone che parlano nessuno può intervenire: il sistema da solo non può funzionare». Nel diritto pubblico, «quando una persona è in carcere per un reato, non possiamo agire in base a quello che dice la stampa: abbiamo chiesto accesso ai verbali, che abbiamo avuto dopo qualche giorno. Sono apparsi chiarissimi e sufficienti per un licenziamento in tronco, ma questo può avvenire solo dopo che la persona arrestata ha fatto valere il suo diritto a essere sentita». Il Consiglio di stato ha così contattato l’ex direttore che, «il giorno prima della nostra decisione, tramite il suo avvocato ci ha fatto sapere di voler chiudere il suo contratto di lavoro il giorno in cui è stato arrestato».

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