Luganese

Fece lavorare quattro africani richiedenti l’asilo, condannato

Inflitta una pena pecuniaria nei confronti di un 43enne responsabile di aver venduto, anche a un minorenne, oltre 800 grammi di marijuana

L’imputato aveva acquistato una serra per la coltivazione di ‘erba’ indoor
(Ti-Press/Archivio)
10 ottobre 2022
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Non fu una truffa, bensì una violazione della Legge federale sugli stranieri. Il 43enne comparso oggi in aula penale di fronte a Siro Quadri, presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano, ha tentato, senza riuscirci, di tirarsi fuori dal coinvolgimento nell’impiego di quattro eritrei richiedenti l’asilo, promettendo loro che li avrebbe pagati. Invece, sapeva bene che non avrebbe potuto versare loro alcun salario. Eppure, li ha fatti lavorare negli interventi di ristrutturazione a un esercizio pubblico della Val Colla e nella propria abitazione. Il fatti sono avvenuti oltre sette anni fa, quando l’imputato aveva ruoli dirigenziali ai vertici dell’associazione Unione giovani ticinesi. I quattro africani non sarebbero comunque stati assunti, perché si trovavano in assistenza. Con loro non c’era alcun contratto di lavoro. Tuttavia, ogni prestazione (anche se di poco conto), va retribuita. Non ci sono però gli estremi per la configurazione del reato di truffa, ma, secondo il giudice, il 43enne ha sicuramente violato la Legge federale sugli stranieri.

L’uomo acquistò una serra per coltivare

L’uomo è comparso in aula penale anche per rispondere di infrazione ripetuta alla Legge federale sugli stupefacenti. Nel giro di un paio di anni, tra il 2016 e il 2018, il 43enne ha spacciato e procurato quantitativi variabili di marijuana a vari consumatori, tra i quali un minorenne. Secondo l’accusa sostenuta dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi, oltre 800 grammi. Il processo è stato indiziario per questa fattispecie, in quanto basato unicamente sulle testimonianze dei consumatori, raccolte dagli inquirenti nel corso dell’inchiesta. Non solo. L’anno successivo, l’imputato ha tentato di coltivare ‘erba’. Non ci è riuscito solo perché la polizia è intervenuta in casa sua, sequestrandogli una serra indoor e numerosi utensili per coltivare. Gli elementi raccolti sono bastati al giudice per suffragare almeno in parte le ipotesi accusatorie. Il presidente della Corte, nella commisurazione della pena, ha pure tenuto conto della questione formale posta durante il dibattimento dall’avvocato Fulvio Pezzati, che ha contestato il fatto di non aver potuto partecipare all’interrogatorio dei testimoni e ha pertanto chiesto il rigetto dell’atto d’accusa. Quadri ha riconosciuto la manchevolezza, ma non ha accettato la richiesta del legale. Al 43enne sono state inflitte una multa e una pena pecuniaria di 180 aliquote di 30 franchi l’una. La pena è stata sospesa con la condizionale per un periodo di prova di tre anni.

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