Luganese

Ex Macello di Lugano, un’inchiesta finita in ‘farsa’

Il Cs()a il Molino commenta con sarcasmo il decreto di abbandono deciso dal procuratore generale Andrea Pagani

Le macerie dell’edificio abbattuto nella notte fra il 29 e il 30 maggio
(Ti-Press)
10 dicembre 2021
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“Non ci sorprende che il ricorso alla demolizione e all’intervento militare sia stata una decisione presa fin dal primo giorno della costituzione dello Stato Maggiore per gestire l’operazione Papi. Ossia la demolizione materiale dell’autogestione. Ad affermarlo sono le mail inviate il 12.03.2021 tra il vicecomandante della polizia di Lugano, Macchi, e lo Stato Maggiore, in cui veniva segnalato che, dopo lo sgombero del macello, si sarebbe potuto demolire lo stabile dormitorio degli occupanti. Davvero possibile che i comandanti della polizia cantonale Cocchi e quello della polcom di Lugano Torrente non ne sapessero niente?”. Il Cs()a il Molino commenta così il decreto di abbandono deciso dal procuratore generale Andrea Pagani, per l’inchiesta penale sullo sgombero e la demolizione di un edificio dell’ex Macello di Lugano. Una decisione che, secondo gli autogestiti, fa “emergere la netta ed evidente contrapposizione tra la parte poliziesca – che parla della chiara possibilità della demolizione di parte dello stabile, di scontri duri, di possibili feriti e addirittura di morti – e quella politica che, con un candore ipocrita e vigliacco, asserisce di non saperne niente della più volte ipotizzata demolizione”.

Il Cs()a il Molino ritiene che non sia rimasta alcuna traccia del “paventato effetto ‘degenerazione’ della manifestazione del 29 maggio”. Un effetto “preso a pretesto dal Municipio di Lugano come giustificazione dello sgombero. O probabilmente solo l’ultima delle beffe, quella che entra di diritto nello spazio temporale della menzogna, dell’infamia e della codardia. Qualificare infatti un’occupazione temporanea e rivendicativa di uno stabile in disuso e di prossima distruzione, è quanto di più assurdo e subdolo si possa prendere a giustificazione. Ad apparire ‘corretta’ risulta invece – paradossalmente – la scelta militare della distruzione della parte abitativa per impedire la possibile rioccupazione della struttura. Il risultato finora ottenuto è lì a dimostrarlo”.

Sempre per il Cs()a è “altresì derisorio, anche se tinto da vaghe sfumature inquietanti, che, ancora prima del nuovo interrogatorio a Karin Valenzano Rossi mercoledì 1 dicembre, il Pg già faceva sapere della sua intenzione di pronunciare un decreto d’abbandono. Una procedura decisamente poco seria che (...) dovrebbe far riflettere sulla credibilità delle così dette istituzioni”. Gli autonomi criticano e definiscono ‘preoccupante’ “la scelta di non interrogare i massimi vertici della polizia cantonale e comunale (Cocchi e Torrente) e il loro responsabile Norman Gobbi”. Insomma, per concludere Il C()sa parla di “una farsa. Uno stato delle cose perlomeno imbarazzante. Uno sfregio alla tanto decantata democrazia. E la conferma della sua natura ipocrita”.

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