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E l’Eoc va al quarto processo sui contagi di epatite C

Conclusosi due volte con una condanna di 60 mila franchi per lesioni colpose gravi il caso torna davanti alla Corte di appello

Ti-Press
29 luglio 2020
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Dapprima la Pretura penale, poi la Corte di appello e revisione penale, quindi di nuovo la Pretura e ora - il quarto vien da sé - la Corte di appello. Il caso di contagio di epatite C di tre pazienti avvenuto nelle procedure preparatorie all'esame della Tac nel reparto di radiologia dell'ospedale Civico di Lugano sei anni e mezzo fa, il 19 dicembre 2013, tornerà davanti ai giudici in quello che a diritto si può ora definire il processo infinito. La vicenda conoscerà il suo quarto grado di giudizio, dopo che l'Ente ospedaliero cantonale (Eoc), rappresentato in aula dal suo direttore generale, Giorgio Pellanda, e difeso dagli avvocati, Mario Molo e Mattia Tonella, ha inoltrato il suo ennesimo ricorso.

L’errore medico è accertato e ammesso, ma l’Eoc non si ritiene responsabile

Quel fatidico giorno di sei anni e mezzo fa, l'operatore sanitario preposto all'esame di tomografia assiale computerizzata, Tac, ha iniettato il liquido nelle vene di un paziente affetto da epatite C e, senza curarsi di cambiare il flaconcino, ha contagiato i successivi tre pazienti. Ebbene, l'Ospedale regionale di Lugano non ha saputo fornire il nome del tecnico responsabile del grave sbaglio. Così l'allora procuratore generale, John Noseda, ha rinviato a processo l'Ente ospedaliero cantonale per lesioni colpose gravi per aver violato la norma Iso che impone appunto che ogni operatore preposto a incarichi di rilievo, quali appunto la Tac, devono essere rintracciabili. Vicenda chiusa? Niente affatto. Dopo la prima sentenza di condanna pronunciata il 21 novembre 2016 dal giudice Siro Quadri della Pretura penale - 60 mila franchi per lesioni colpose gravi - l'Eoc ha interposto ricorso alla Corte di appello (presidente, la giudice Giovanna Roggero-Will), che nell'agosto 2017 ha annullato la sentenza, poiché la condanna si era fondata sulla violazione della legge sanitaria cantonale non menzionata nell'atto d'accusa. Così l'ex Pg ha "rifatto i compiti", contemplando l'atto d'accusa ed estendendola a quest'ultima legge.

Quindi un anno fa, il 9 luglio 2019, si è svolto il "processo bis" di nuovo in Pretura davanti allo stesso giudice Quadri. Qui il primo colpo di scena. Gli avvocati difensori dell'Eoc hanno ricusato il giudice Quadri, ritenendo che avesse già deciso il verdetto di colpevolezza, ancora prima di emettere la sentenza. Il dibattimento, tuttavia, non si era interrotto, giungendo alla conclusione dell'istruttoria dibattimentale. Le sorti del caso erano infatti affidate alla Corte dei reclami penali (Crp) che doveva decidere se accogliere o respingere la ricusa. La Crp ha optato per la prima opzione. La vicenda poteva concludersi con il fatidico scacco matto. Ma il secondo colpo di scena è arrivato dal procuratore pubblico, Moreno Capella, subentrato a Noseda dopo la sua pensione: il pp ha infatti ricorso al Tribunale federale, vincendo e riammettendo il giudice Quadri, che ha emesso la sua seconda sentenza di condanna contro l'Ente ospedaliero cantonale.

Di qui la decisione dell'Eoc di ricorrere nuovamente davanti alla Corte di appello e revisione penale, che ora dunque dovrà convocare le parti per il quarto giudizio. Il processo potrebbe svolgersi in autunno.

Intanto le vittime del processo, i tre pazienti, che nel frattempo stanno meglio seppure siano costretti a cure continuative, si attendono risarcimenti. I loro rappresentati legali sono gli avvocati, Stefano Pizzola, Rossano Bervini e Tuto Rossi.

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