Luganese

Abusi sessuali, niente sconti di pena al nonno

La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado e ha inflitto sette anni e mezzo di reclusione al 71enne le cui versioni non sono state credute.

(Ti-Press)
28 febbraio 2018
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Nessuno sconto di pena. Il nonno dovrà scontare sette anni e mezzo di prigione. La Corte d'appello e di revisione penale, presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, giudici a latere Stefano Manetti e Chiarella Rei-Ferrari, nel primo pomeriggio ha confermato la sentenza di primo grado a carico del nonno 71enne condannato nel febbraio dell’anno scorso per una serie di reati di natura sessuale nei confronti della nipote e rispedito al mittente le obiezioni sollevate dalla difesa.

La vittima è insomma stata ritenuta credibile anche in seconda istanza. Sono stati dunque oltre ottanta gli episodi di violenza sessuale iniziati nel Luganese alla fine del 2011, quando la bambina aveva solo 10 anni e durati per circa quattro anni. Confermati pure i cinque i capi d’accusa a carico dell’uomo, tutti ripetuti: coazione sessuale, violenza carnale, atti sessuali con fanciulli, incesto e pornografia. La Corte non invece accolto gli argomenti della difesa, sostenuta dall’avvocato Elio Brunetti, che aveva chiesto una riduzione di pena a cinque anni e mezzo di reclusione considerando troppo severa quella inflitta un anno fa da Rosa Item presidente della Corte delle Assise Criminali di Lugano.

Dapprima, il legale ha cercato invano di convincere i giudici sul fatto che gli episodi sarebbero stati meno numerosi rispetto a quelli prospettati dall’accusa perché cominciati circa un anno dopo, ossia nel 2012. Come detto, però, la Corte ha ritenuto credibile la ragazza a prescindere dagli aspetti temporali. Da qui, la richiesta di riduzione della pena chiesta dalla difesa. L’avvocato ha poi cercato di convincere i giudici sostenendo che nei due di prigione già scontati, l’uomo ha preso coscienza del male compiuto ai danni della nipote e si è ravveduto.

Ritenuta lineare la versione della vittima

Di parere opposto sono state sia la procuratrice pubblica Chiara Borelli che, nel dibattimento celebrato martedì, ha richiesto una pena di otto anni e mezzo di reclusione nei confronti del nonno, sia l’avvocato Maria Galliani patrocinatrice della vittima. Entrambe hanno sostenuto che la ricostruzione dei fatti della ragazza è stata lineare quanto credibile e che non sono nel frattempo emersi elementi per poter cambiare idea.

Nemmeno la giudice Roggero-Will, nel corso del dibattimento e nel pronunciamento della sentenza, ha avuto dubbi. Anche lei si è convinta delle veridicità della versione fornita dalla vittima che ha fatto parecchia fatica a parlare, forse perché, nonostante tutto voleva ancora bene al nonno. Nonno che invece ha cambiato la propria versione più volte, anche martedì. L’inchiesta è scaturita, lo ricordiamo, dalla scoperta del diario della vittima da parte della madre che, con orrore ha preso atto delle confidenze a un amico fidato della figlia che in quelle pagine ha scritto ciò che le stava capitando. In seguito, sono scattate la denuncia penale alla polizia e le manette ai polsi del nonno. La maggior parte delle molestie si è svolta nell’abitazione dell’uomo, più precisamente nella cantina. Il nonno è stato peraltro vicino alla nipotina in un momento difficile, quando la madre si è ammalata e due hanno trascorso anche periodi di vacanza assieme. Eppure, questo non ha impedito all’anziano di «tradire la fiducia della bambina né instillarle il senso di colpa che se avesse parlato avrebbe rovinato la famiglia.

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