
L’odore dell’inchiostro e della carta; il rumore forte, inconfondibile e affascinante dei macchinari; un ambiente unico nel suo genere in Ticino. Il ‘Museo della tipografia Renato Fontana’ che ha ufficialmente aperto i battenti oggi è un autentico tuffo nel passato. Negli spazi della Fontana Print a Pregassona è stata infatti ricreata una tipica tipografia di fine anni Cinquanta: rappresenta idealmente la prima ‘Tipografia Renato Fontana’ del 1957. «È stato un impegno non da poco – evidenzia Ruben Fontana –, l’abbiamo però fortemente voluto affinché il passato non fosse dimenticato, ma facesse parte delle nostre radici». «Le forme di comunicazione sono radicalmente cambiate negli ultimi anni – fa eco Raoul Fontana –, e l’impressione è che molti giovanissimi non sappiano da dove siano nate e come si siano evolute queste forme nel tempo». Dietro al progetto museale ci sono i due fratelli, che hanno ereditato e gestiscono oggi con successo l’azienda di famiglia. Le intenzioni sono chiare: da un lato ricordardare le figura del padre – tra i pionieri dell’industria grafica moderna ticinese e scomparso nel 2011 –, dall’altro onorarne l’attività creando uno spazio d’interesse pubblico rivolto principalmente ai più giovani. Affinché il potenziale culturale dell’atelier sia sfruttato adeguatamente, l’accesso all’esposizione è gratuito per tutti quelli che ne faranno richiesta, «a cominciare dagli istituti scolastici di Lugano, del Cantone e perché no, anche oltre», spiega Raoul aggiungendo che «non desideravamo un museo statico, ma una struttura che avesse un’anima e che fosse viva». Un auspicio che si concretizza nella possibilità, per i visitatori, di toccare letteralmente con mano le sedici macchine (o attrezzature) esposte, alcune delle quali utilizzabili direttamente dagli ospiti.
Uno stimolo per il futuro Tra gli oggetti in mostra, il fiore all’occhiello è rappresentato probabilmente dal torchio Brisset: un imponente macchinario posto al centro della sala, datato al 1880 e pensato per la stampa litografica, ossia su pietra. Ad accompagnarlo, una suggestiva pietra calcarea che potrebbe essere ancora oggi utilizzata per la stampa, malgrado i prodotti chimici necessari per questa tecnologia siano ormai molto difficilmente reperibili. Dalla pietra dell’Ottocento, il viaggio nella storia prosegue poi attraversando tutto il Novecento con il piombo prima e i computer poi, toccando tutti i settori produttivi: la prestampa – inizialmente a composizione manuale e successivamente meccanicizzata –, la stampa vera e propria e la legatoria semi-artigianale. Avanzando nel breve ma intenso percorso espositivo, l’impressione che la tipografia sia un’arte si fa convinzione. «Sicuramente lo era – valuta Ruben – e ancora oggi con le possibilità informatiche potrebbe e può esserlo. Sono però sempre di meno i giovani che si affacciano alla professione: la digitalizzazione ha portato a dei cambiamenti e a una riduzione dei posti di lavoro. Siamo però convinti che proprio portando i ragazzi in un luogo in cui è possibile vedere com’era originariamente il lavoro sia possibile risvegliare l’interesse verso un mestiere che ha molto da dare». Parole che evidenziano una sensibilità verso i giovani che da sempre contraddistingue la società, e che suonano come un fiducioso incoraggiamento verso un’arte che «certamente avrà un futuro».