Luganese

L'Italia demenziale (e razzista) di Bello FiGo

Bello FiGo
12 maggio 2017
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Ma chi è questo Bello Figo? La domanda sorge spontanea, se si hanno più di diciott’anni e non si hanno figli adolescenti.

Bello FiGo Gu è prima di tutto un rapper, classe 1993. Il suo vero nome è Paul Yeboah, è ghanese, ma da oltre un decennio vive a Parma, e canta in italiano. Quando lo lasciano cantare, dato che l'ira degli xenofobi l'ha costretto a cancellare decine di concerti un po' ovunque:  da Roma a Brescia, da Mantova a Ravenna, da Legnano a Pinerolo. 

Bello FiGo è diventato popolare pubblicando i suoi video su YouTube. Si faceva chiamare Gucci Boy, poi la Gucci gli ha fatto causa. Il botto lo ha fatto col singolo “Mi faccio una se…”, titolo che sintetizza bene la finezza della sua produzione. E fin qui è una storia semplice (avviso ai parenti: testi spinti).

Più difficile è spiegare cosa canta in effetti Bello FiGo, e soprattutto perché sia diventato così popolare. In fondo parliamo di uno che ha un tatuaggio di Hello Kitty sul petto, canta con la S “sifolina”,  non sa suonare e nei suoi testi parla fondamentalmente di sesso (la “f..a bianca” ricorrente), cibo (in primis kebab e pasta al tonno), attualità (“Ho paura di Isis”). Con qualche incursione nella storia: “Io sono bello come Mussolini / tutti sanno che non lavo mai i piatti / perché sono troppo Mussolini.”

Ma l’elemento davvero incendiario del suo stile “swag” - un misto di fighetteria e sbruffonaggine – è il riferimento costante agli stereotipi razziali. Le fake news sui 35 euro di mancia ai rifugiati, gli hotel di lusso che li ospiterebbero, lo stereotipo del ne(g)ro criminale, sessuomane e pigro: nel fango Bello FiGo ci sguazza, per farci vedere come siamo davvero. Basti citare la recentissima “Sembro vucumprà”, ma soprattutto “Non pago affitto”: con versi come “tutti i miei amici son venuti con la barca”, “non faccio opraio (sic)”, “non mi sporco le mani perché sono già nero.”

Si può trovare divertente o meno, magari ripensando agli Squallor (che di parolacce ne usavano tante, ma con ammiccamenti ai cantautori e al pop) o agli Skiantos d’antan:

 

Ma la cosa più curiosa è il fronte trasversale di odio che Bello FiGo è riuscito a scatenare: troppo scorretto per la sinistra, troppo sfacciato per la destra neofascista. Alessandra Mussolini ne ha invocato la cacciata “a calci” (nel video sotto, tutto l'osceno siparietto). E su questo, davvero, c’è poco da ridere.