Locarno

Pestaggio in rotonda, ‘eravamo tutti troppo sotto shock’

Per due dei quattro imputati chiesti 4 anni e 6 mesi di detenzione per il tentato omicidio intenzionale di un giovane che li minacciò col coltello

In sintesi:
  • Il dubbio insinuato dal giudice è che i giovani decisero scientemente di aggredire l’avversario anziché allontanarsi e chiamare la polizia
  • Secondo tutti i ragazzi, invece, troppa fu la paura per capire cos'era giusto fare
Tensioni in rotonda
(Ti-Press)
17 aprile 2023
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Perché non andarsene a casa e lasciare che la brutta serata in città terminasse senza colpo ferire? Perché, al contrario, fare gruppo, colpire al corpo e al capo (con pugni e calci, sassi e anche con uno skateboard) l’esagitato aggressore, rischiando, alla fine dei conti, di fargli molto male, fino al punto di poterlo uccidere? Si situa al bivio fra queste due possibilità il punto focale del processo ai 4 ragazzi tra i 23 e i 30 anni che l’8 ottobre dell’anno scorso picchiarono, in rotonda a Locarno, un richiedente l’asilo srilankese che, apparentemente senza motivo, li aveva ripetutamente minacciati con un coltello.

L’opzione scelta nella concitazione di quei momenti fu la seconda, ed è costata un atto d’accusa che per due imputati parla di tentato omicidio intenzionale, per tre di tentate lesioni gravi, nonché di lesioni semplici con oggetto pericoloso, di omissione di soccorso e rissa (più, per tutti, delle contravvenzioni alla Legge federale sugli stupefacenti).

‘Dimostrami che uomo sei’

Secondo quanto ricostruito in istruttoria dibattimentale dai giovani, interrogati dal presidente delle Assise criminali di Locarno, giudice Amos Pagnamenta, il pestaggio fu nient’altro che la “logica” conseguenza dell’atteggiamento oltremodo aggressivo dello srilankese. Esso si presentò dapprima al cospetto del 30enne all’esterno dal Bar Castello, invitandolo sostanzialmente a “dimostrare che uomo fosse” e sfidandolo in un “uno contro uno”. Stando al trentenne, l’invito non venne accolto («anzi, gli proposi di calmarsi bevendo una birra insieme»), ma contribuì verosimilmente ad aumentare il misterioso carico di rabbia dello sfidante. Che poco dopo si ripresentò armato di coltello al 30enne stesso quando questi aveva raggiunto il gruppo di amici (c’erano anche due ragazze) con i quali stava passando la serata.

La versione sostanzialmente univoca emersa in aula è quella secondo cui il richiedente l’asilo era fuori controllo, probabilmente sotto l’effetto di alcol e/o sostanze, e in quello stato minacciò apertamente i ragazzi, uno per uno, a distanza ravvicinata, e lo fece oltretutto incappucciato e a viso coperto. Furono minacce oggettivamente insensate, portate con mano armata di coltello, brandito dall’alto verso il basso come a creare uno spazio di sicurezza attorno a sé. Nello spazio di pochi istanti la situazione degenerò in uno scambio di sassate a distanza, poi, visto che l’aggressore sembrava non essere intenzionato a desistere, in un vero e proprio pestaggio in cui i 4 amici (due sono gemelli) agirono da “branco” infierendo sulla loro vittima e rischiando, secondo l’accusa (pp Pablo Fäh) di ucciderlo.

‘Sarebbe bastato allontanarsi’

Il dubbio insinuato dal giudice è che i giovani decisero scientemente di aggredire l’avversario anziché disinteressarsi a lui. Ciò, con l’intenzione di fargliela pagare, sfogando su di lui tutta la tensione accumulata negli attimi precedenti. L’unica soluzione accettabile, ha ripetuto più volte Pagnamenta, sarebbe stata quella di defilarsi e chiamare la polizia, avvertendo che in rotonda c’era un esagitato da fermare. Cosa che peraltro avrebbe tentato di fare una delle due ragazze ancora prima del pestaggio, quando rapidamente stava salendo la tensione. Secondo tutti i ragazzi, invece, troppa fu la paura per capire cos'era giusto fare. “Abbiamo agito d'impulso, eravamo tutti troppo sotto shock”, hanno detto gli imputati.

I precedenti penali della vittima

In serata il procuratore pubblico Pablo Fäh ha avanzato le sue richieste di pena, notando che l'imputazione di tentato omicidio per dolo eventuale è stata considera «solo per chi ha continuato a scagliarsi con veemenza e forte accanimento sul giovane a terra» (ovverosia i due del gruppo – uno dei gemelli e il 30enne – che dal 30 gennaio, dopo 3 mesi e mezzo di carcerazione preventiva, sono in regime di carcerazione di sicurezza). Peraltro, ha riconosciuto il magistrato, il richiedente l'asilo «ha un numero impressionante di precedenti penali, anche per reati violenti».

Un elemento cardine sottolineato dal procuratore è quello secondo cui «quella degli imputati non è stata legittima difesa, perché non v'è stata una reazione ad un'aggressione imminente». Infatti, il contatto con la vittima sarebbe stato cercato, «andando verso di lui» in un lasso di tempo di almeno un minuto, per «provocare lo scontro». Fosse stata loro intenzione solo quella di difendersi, ha aggiunto, «si sarebbero limitati a disarmarlo».

Per quanto riguarda la commisurazione della pena, Fäh ha chiesto 4 anni e 6 mesi per i due accusati di tentato omicidio intenzionale, i quali vanno inoltre espulsi dalla Svizzera per un periodo di 8 anni. Più tenui le pene richieste per gli altri due ragazzi: 2 anni eventualmente sospesi e 9 mesi sospesi.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Gianella, Chiara Donati, Felice Dafond e Pascal Cattaneo. I loro interventi sono previsti martedì.

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