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L’uomo che costruisce (in primo luogo se stesso)

Viaggio nel corso 1133 al Centro Ssic, dove in un anno, fra mille sacrifici, è possibile ottenere l’attestato federale di capacità quale muratore

Un mestiere nobile (Ti-Press)

Viaggio nel corso 1133 al Centro Ssic, dove in un anno, fra mille sacrifici, è possibile ottenere l’attestato federale di capacità quale muratore

26 gennaio 2023
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Antonio scrive del lusso, ma osservato dal suo personalissimo punto di vista di lavoratore a Sankt Moritz. Federico è invece ferratissimo sul tema della pecora bergamasca. Stefano ha un debole per i cavalli e ha scritto un breve trattato sulla comunicazione fra uomo ed equino, mentre Fabrizio ci ha messo molto del suo per raccontare qualche scampolo della sua infanzia vissuta in Calabria. Poi ci sono Alex, che ha la passione per la caccia, e Lorenzo, che chiama "casa" il suo alpeggio. Mauro, pugliese, vive a Domodossola; dovendo raccontare, ha scelto l’esperienza di vita nell’ambito di quel settore edilizio che gli dà da mangiare. Duilio non poteva che parlare della montagna, la sua grande passione, e Gaetano, calabrese trapiantato al Nord, capisce di olive ed è felice di raccontarne.

Bisogna esercitare in Svizzera da almeno 12 mesi

Sono solo alcuni esempi dei lavori di approfondimento di fine corso che i muratori in formazione hanno realizzato nell’ambito della materia di cultura generale, durante uno dei corsi 1133 organizzati al Centro di formazione Ssic di Gordola secondo l’articolo 33 della Legge sulla formazione professionale. Il corso è dedicato ai lavoratori maggiorenni, svizzeri o stranieri (domiciliati o frontalieri) che vogliono mettersi in gioco, non più ragazzi, per raggiungere il grande obiettivo di un attestato federale di capacità (Afc) quale muratore. La condizione è che esercitino la professione in Svizzera, su un cantiere edile o del genio civile, da almeno un anno. Unitamente alla cultura generale sono previsti "moduli" di conoscenze professionali, dei materiali e delle costruzioni, disegno e calcolo professionale, sicurezza sul lavoro, lavori pratici, murature e finiture e casserature. Il grosso vantaggio viene dalla possibilità di ottenere l’Afc in un solo anno.

Da un incontro in classe, mediato dalle docenti di cultura generale Belinda Morgantini e Lisa Besomi, emerge l’eterogeneità delle esperienze, ma anche un "filo rosso" che unisce tutti i partecipanti: quello della determinazione e del sacrificio. Ne sono perfetti interpreti Cesare, sardo, che vive e lavora a Coira ma il sabato mattina, puntuale, si presenta a Gordola per la sua formazione. Oppure Stefano, che alterna i suoi fine settimana fra il soccorso alpino e le lezioni nel Locarnese, per raggiungere il quale impiega due ore di auto. Poi c’è Claudio, del Sud Italia, che porta avanti i cantieri «ma con una paga da manovale», ed è per quello che anela a un certificato federale di capacità: lo fa per affrancarsi da una situazione che oggettivamente non merita, ma in qualche modo deve subire. Come Cesare, anche Francesco vive e lavora a Coira, e ha tre figli a Brindisi, che può raggiungere non più di una manciata di volte all’anno. Tutti straordinari esempi di abnegazione e lungimiranza, doti spesso e (mal)volentieri pagate sotto forma di assenze prolungate dalle famiglie, i veri polmoni che permettono a questi lavoratori di sopportare condizioni ambientali non sempre favorevoli.

Ti-Press

Un elemento fondamentale che emerge dalla discussione con i muratori in formazione riguarda il coinvolgimento delle rispettive ditte, che in alcuni casi partecipano alle spese di formazione (sui 5’000 franchi) o se le accollano interamente. L’interesse delle aziende risiede sia nella possibilità di avere alle proprie dipendenze un personale più competente e motivato, ma anche nell’"atout" costituito dal poter partecipare, in questo modo, a determinati bandi che richiedono determinate garanzie rispetto ai lavoratori.

Paolo Ortelli, direttore del Centro Ssic di Gordola, ricorda che «il corso esiste da una trentina d’anni, da quando cioè è espressamente citato nella Legge sulla formazione professionale, che stabilisce la formazione di base strutturata sotto forma di un tradizionale apprendistato, ma promuove e sostiene anche, attraverso gli articoli 32 e 33, dei moduli destinati a chi opera all’interno delle diverse attività di lavoro con determinate funzioni, ma non ha potuto conseguire un diploma corrispondente. Esiste anche una terza via, quella detta "su dossier", che prevede la validazione degli apprendimenti acquisiti, che però funziona meglio in altri ambiti, come ad esempio quello commerciale». Premesso questo, il direttore del Centro Ssic entra nel merito e spiega come «l’anno di scuola permetta loro di "dare un nome" a competenze professionali già acquisite, e di arricchirsi a livello di cultura generale, aspetto molto caro a tutti noi e in primis alla Confederazione».

Già una quindicina di anni fa Ortelli aveva testimoniato la sua vicinanza alla professione del muratore pubblicando una meritevole tesi di Master riguardante la "sacralità" dimenticata del mestiere, effettuando quello che aveva definito un "viaggio nel senso profondo della professione di Muratore" (con la "M" maiuscola).

‘Grandi vissuti da raccontare’

Vi si trova una serie di interviste con lavoratori in formazione che l’autore ricorda con piacere: «Rispetto alla situazione attuale, a quei tempi i partecipanti ai corsi erano ancora più "adulti" di quanto non lo siano ora: c’era molta gente oltre la cinquantina che aveva grandi vissuti da raccontare. Oggi l’età media si è abbassata perché tutto si è accorciato e le persone si accorgono prima (sui 26-27 anni) che un attestato federale di capacità è molto meglio averlo che non. Allora l’Afc era in primo luogo una questione personale, prima che di riconoscimento in azienda o semplicemente di salario. Umanamente comunque, e questo discorso è sempre valido, con l’Afc in mano scatta un "clic" proprio identitario».

Ortelli non nega che «esistono aziende che faticano a riconoscere un diploma; emerge dal contesto sindacale e dai controlli paritetici. Ma è anche vero che spesso anche chi non ha un attestato di capacità ma svolge lo stesso identico lavoro di chi invece lo possiede, percepisce la stessa paga. Se, come ho detto, per i più anziani con un percorso e un’esperienza solida il "diploma" assurge a simbolo di riconoscimento personale, per i più giovani il legame con il mercato è molto più stretto. Noi, intesi come comunità contrattuale, cerchiamo di promuovere la formazione, ma richiediamo anche piena trasparenza, assicurandoci che le aziende non siano all’oscuro di un dipendente in formazione. Questo determina chiarezza fin da subito: se ci sono resistenze, emergono immediatamente. Capita infatti che vi siano persone in formazione che cercano un altro datore di lavoro; ma non è frequente, visto che generalmente i datori di lavoro sono presenti e vedono molto bene l’opportunità data ai loro impiegati. La prima dimostrazione è che da 30 anni a questa parte una classe da 12-13 riusciamo sempre a formarla. Parliamo, anche, di persone che partono magari il mattino da Berna per presentarsi ai corsi in italiano che si tengono a Gordola».

Ti-PressOrtelli: ‘Il valore profondo della professione’

Nel suo lavoro di Master Ortelli metteva l’accento sulla necessità di riflettere sul "valore profondo" della professione e sul concetto di professionalità. "Riflessione – scriveva – che trova scarsissimo seguito nei processi formativi professionali. Paradossalmente sembra essere stato più facile definire contenuti, obiettivi di formazione e strutturare un ordinamento formativo di riferimento; e anche concentrarsi su aspetti indubbiamente importanti quali le competenze richieste per i diversi profili e indirizzi professionali. Aspetti che a conti fatti risultano assolutamente inefficaci di fronte ad un’assenza di un quadro di riferimento esplicito che parli dei valori profondi del nostro fare ed agire quotidiano in ambito lavorativo".

Quello che l’attuale direttore del Centro Ssic si prefiggeva di fare era "una sorta di viaggio nella professione attraverso la raccolta di testimonianze degli addetti ai lavori, i praticanti. Un ardito tentativo di fare emergere e portare alla luce l’essenza profonda della nostra professione di riferimento, attraverso l’insieme di convinzioni e credenze diffuse". Era, come avrebbe ricordato in seguito, "un estremo tentativo di riallineamento implicito del nostro termine italiano di ‘professione’ a quello in lingua tedesca: ‘Beruf’. Termine che evoca inequivocabilmente l’idea di vocazione, di chiamata", un "ritrovare casa, riparo e conforto".

In questo senso, l’attestazione professionale è un passo decisivo, anche altamente simbolico, che se raggiunto nell’ambito di un corso del genere, frequentato fra molte difficoltà e sacrifici, lo è in misura ancora maggiore. Per Paolo Ortelli è «un percorso che da solo ci deve far riflettere sulla forza e l’essenza di un impegno che, oltre a fornire l’inequivocabile certificazione professionale finale che è speranza e promessa di vita migliore, porta con sé, prepotentemente, anche il tema della costruzione e della presa di coscienza del proprio bagaglio identitario».