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Disoccupazione nel Locarnese, dietro le cifre

Le preoccupazioni del responsabile del settore per l’Ocst, dagli strascichi della pandemia alle incertezze provocate dalla guerra in Ucraina

(Ti-Press)
15 marzo 2022
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Non è così semplice la lettura dei dati della disoccupazione nel Locarnese. Le cifre, che indicano un calo del numero dei senza lavoro, vanno interpretate. E per farlo ci affidiamo a Silvano Beretta, responsabile della cassa disoccupazione per l’Organizzazione cristiano sociale ticinese (Ocst). «Apparentemente risulta che, anche nella nostra regione, c’è da registrare un’importante diminuzione della disoccupazione. I dati forniti dalla Seco (Segreteria di Stato dell’economia), relativi alla fine di febbraio 2022, indicano che all’Ufficio regionale di collocamento di Locarno risultano iscritte 1’072 persone. Erano 1’537 del 2021 e i 1’287 del 2020».

Fin qui le somme. Ma Beretta va oltre: «Il risultato della fine dello scorso mese, secondo il mio parere, va confrontato con quelli degli anni precedenti la pandemia. In effetti, negli ultimi due anni non c’è stato un assorbimento di senza lavoro proprio a causa del Covid 19, che ha limitato l’assunzione da parte dei datori di lavoro di persone iscritte alla disoccupazione». Uno strascico che era atteso dagli analisti, ma che però sembra spartito dalle cifre più recenti.

Lavoro ridotto alle stelle, 1,2 milioni di ore perse

«Le difficoltà economiche causate dalla pandemia si possono leggere anche nei dati relativi al lavoro ridotto – prosegue l’intervistato –. La nostra sezione della cassa disoccupazione Ocst, per il pagamento d’indennità a favore di datori per le regioni Locarnese, Bellinzonese e Grigioni italiano, durante l’anno 2021, ha effettuato pagamenti per poco meno di 30 milioni di franchi per il periodo gennaio-dicembre 2021. Questa somma ha coperto circa un milione e duecentomila ore perse dagli impiegati di diversi settori, che hanno operato in regime di lavoro ridotto all’interno delle proprie aziende. Numeri che da una parte sono da considerarsi decisamente importanti e preoccupanti; dall’altra parte, tuttavia, mi sembra doveroso sottolineare che, per fortuna, l’introduzione agevolata della misura del lavoro ridotto a favore delle ditte ha permesso di mantenere importanti posti, a salvaguardia dell’economia ticinese».

Un settore che ha retto egregiamente il colpo è quello turistico: con la pandemia di coronavirus gli svizzeri hanno optato per vacanze in Svizzera: il Ticino è stato uno dei cantoni più gettonati.

«C’è stato un forte aumento di pernottamenti e d’introiti generati dal turismo durante le stagioni estive, e non solo, degli ultimi due anni – spiega Beretta –. Le difficoltà di viaggiare e di potersi muovere liberamente verso Paesi limitrofi e al di fuori dei confini elvetici a causa delle restrizioni Covid hanno portato i nostri connazionali a trascorrere le vacanze nella nostra regione o comunque all’interno dei confini nazionali. Il settore turistico ha potuto tirare un sospiro di sollievo e incrementare le sue entrate dopo un periodo alquanto drammatico e difficoltoso».

Oltre ai benefici per il settore dell’impiego, questo aumento di pernottamenti ha generato utili che, verosimilmente, porteranno a investimenti nel settore: la speranza e che quest’onda si allunghi sulle prossime stagioni.

‘Se cala l’esportazione, posti di lavoro a rischio’

Lo scenario internazionale è di nuovo mutato nel giro di poche settimane. Il previsto rilancio economico globale potrebbe rallentare, con gli analisti che non escludono una recessione in alcuni Paesi.

«L’attacco della Russia all’Ucraina, con le sanzioni internazionali applicate nei confronti dell’aggressore portano nuova incertezza – conclude il nostro interlocutore –. Una riflessione s’impone: quanto perderemo a livello industriale, sia a livello di esportazioni, sia a livello di produzione in Svizzera e in particolare nel Locarnese? Diverse sono le ditte che nella nostra regione producono ed esportano macchinari sofisticati per l’industria. Un calo della domanda a livello internazionale potrebbe generare automaticamente la perdita di nuovi posti di lavoro. Non resta che augurarci che, a livello nazionale, la Seco, o meglio le autorità politiche federali agiscano prontamente, valutando un’eventuale proroga delle prestazioni per lavoro ridotto».

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