Locarnese

Le tolgono la borsa di studio, scatta il ricorso

Studentessa dallo Csia passa all'Accademia di belle arti di Ravenna, ma viene privata del finanziamento. Impugnata la decisione dell'Ufficio cantonale

3 maggio 2019
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Studentessa locarnese conclude brillantemente lo Csia (Centro scolastico per le industrie artistiche), ottenendo la maturità professionale. Per proseguire la sua formazione s’iscrive all’Accademia di belle arti di Ravenna, che fra i suoi corsi di punta propone quelli di mosaico. Ottiene un aiuto allo studio di oltre cinquemila franchi. Termina il primo anno con buoni risultati. Al secondo anno l’aiuto allo studio da parte del Cantone viene più che dimezzato e la giovane inoltra un reclamo. Con sua grande sorpresa, nella risposta il competente ufficio le annuncia che l’aiuto viene totalmente annullato. Parte il ricorso al Consiglio di Stato, chiamato ora ad esprimersi.

Un nodo non facile da sciogliere, perché pone tutta una serie di quesiti sul valore di un titolo di studio, la maturità professionale, conseguito da molti giovani in Ticino. «In sostanza – ci spiega la mamma della ragazza –, l’Ufficio degli aiuti allo studio (Uast) le nega il contributo affermando che “il certificato ottenuto allo Csia non le avrebbe consentito di accedere a una formazione universitaria”. È assurdo, visto che in verità all’Accademia di Ravenna, che è un istituto statale italiano, è stata accettata dopo il relativo esame di ammissione». L’Ufficio degli aiuti allo studio, nella sua risposta al ricorso della giovane, ricorda che per la legge “il richiedente deve essere in possesso di un certificato di studio adeguato per accedere alla formazione o, se la formazione è all’estero, deve adempiere alle condizioni richieste in Svizzera per la formazione equivalente”.

‘Evitare scappatoie’

Questo articolo di legge viene utilizzato per evitare di sussidiare “scappatoie formative”. Ma la famiglia della studentessa locarnese non ci sta e ci spiega dove sta il nocciolo della questione: «In Svizzera la maturità professionale dà accesso alle Scuole universitarie d’arte, che ci sembrano in tutto e per tutto equiparabili alle Accademie di belle arti in Italia. Le prime però sono Scuole universitarie professionali (Sup); le seconde vengono considerate università. Al termine di entrambi i curricoli si possono ottenere bachelor e master. Stando all’Uast mia figlia, per ottenere l’aiuto cantonale, doveva frequentare una Sup. Ma in Italia, così come in molti altri Paesi europei, le Sup non esistono». Per la ricorrente, quindi, sia per il programma dei corsi, sia per le possibilità professionali offerte, le Scuole universitarie d’arte elvetiche e le Accademie italiane sono uguali. «Affermare il contrario solo per negare l’aiuto allo studio di giovani in formazione mi pare del tutto assurdo. Se non si vuole che i nostri figli studino all’estero, ce lo si dica chiaro e tondo, ma non si inventino cavilli giuridici a metà percorso, mettendo in difficoltà i giovani e le famiglie». Un’altra studentessa, questa volta luganese, è alle prese con il medesimo problema. La sua è una famiglia con mezzi finanziari limitati e la ragazza, anche per contenere i costi, dopo lo Csia opta per l’Accademia di belle arti di Brera, a Milano, anziché per una scuola svizzera. Supera l’esame d’ammissione e dall’Uast riceve lo scorso 5 novembre la promessa di una borsa di studio di 16mila franchi (il massimo in Ticino). Viene inviata la documentazione richiesta per il versamento degli aiuti, ma il 18 dicembre la doccia fredda: la borsa di studio è annullata. Anche in questo caso, dopo il reclamo all’Uast, scatta il ricorso al Consiglio di Stato. Ricorso tuttora pendente. Intanto la studentessa e la sua famiglia si ritrovano a gestire una situazione oltremodo difficile.

La posizione dell’Uast: lo Csia ha creato ‘una sorta di ginepraio formativo’

Nella sua risposta al ricorso citato nell’articolo sopra, l’Ufficio degli aiuti allo studio (Uast) non lesina critiche al Centro scolastico per le industrie artistiche (Csia) di Lugano.

“Si osserva – si legge nel testo firmato da Piero Locarnini – che le diverse formazioni proposte presso lo Csia possono creare delle ‘zone grigie’ in quanto ai diplomi ottenuti e al proseguimento degli studi”. Una frase che si riferisce al fatto che oltre al normale attestato federale di capacità (Afc) e alla maturità professionale, c’è ora la possibilità di ottenere la maturità di diritto cantonale, che dà possibilità di accesso (con colloquio ed esami d’ammissione specifici) all’Accademia di architettura di Mendrisio, alla Facoltà di scienze delle comunicazioni di Lugano e alla Facoltà di teologia sempre a Lugano. “Di conseguenza – prosegue l’Uast – si è creato una sorta di ‘ginepraio formativo’ dal quale non è facile districarsi e che non aiuta lo scrivente Ufficio nelle proprie decisioni e, forse, nemmeno gli stessi studenti nella scelta formativa e nel prosieguo degli studi”. «Affermazioni gravi – conclude la mamma della studentessa locarnese che si è vista cancellare la borsa di studio –. Ci sorgono spontanei diversi interrogativi. Sia Csia, sia Uast sono sotto il cappello del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. Possibile che al Decs la mano destra non sappia quello che fa la sinistra? Il Cantone crea questo “ginepraio formativo” e a pagarne le spese devono essere i giovani e le loro famiglie?».

Per cercare di chiarire la situazione, martedì scorso Locarnini ha incontrato i vertici della scuola luganese. Lo abbiamo sentito al termine della riunione. Cosa avete stabilito?

«Quello espresso nella risposta al ricorso è il nostro parere – afferma l’intervistato –. Siamo dell’idea che le scuole debbano informare in modo compiuto i loro studenti su quali scuole possono frequentare con il diploma ottenuto e a quali condizioni. Noi, anche dopo un’ulteriore analisi del caso fatta dall’intero staff dell’Ufficio degli aiuti allo studio, rimaniamo sulla nostra posizione. Sarà il Consiglio di Stato a dirimere la questione».

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