Locarnese

Ascona, il Lido e la penultima spiaggetta

Non si placa la polemica ‘social’ (ma non solo) dopo la sparizione del Wilson Beach all'estremo orientale dalla struttura patriziale

Il Wilson com'era fino alla scorsa estate
20 giugno 2018
|

Una mezza tempesta “social” si è scatenata attorno alla repentina dismissione, sul sedime patriziale all’estremo est del Lido di Ascona, del “Wilson Beach”, la spiaggetta con bar che da un paio di stagioni si era affermata come punto fisso e irrinunciabile, per frotte di giovani locarnesi, nelle ore della “pre movida” notturna. Non solo: con il servizio annesso di “Stand-up paddle” (Sup) era innegabile anche la sua valenza turistica e quella promozionale per una disciplina acquatica in grandissima espansione. Come già scritto proprio su queste pagine, il Sup del Lido di Ascona si era ritagliato uno spazio privilegiato nel contesto nazionale e non solo. Non è un caso che Ticino Turismo lo abbia direttamente promosso, con una “microstoria” filmata, in relazione alla campagna lanciata con la nascita del nuovo logo.

È una tempesta, quella scatenata in rete dai “tifosi” del Wilson, da cui emerge incomprensione verso i metodi gestionali applicati dai rappresentanti della società affittuaria del Lido, la MBF Sa, che da 8 anni paga un affitto al Patriziato di Ascona per gestire le attività di ristorazione e svago svolte sull’enorme superficie di 48mila metri quadrati affacciata sul lago asconese. La responsabilità imputata alla Sa (oggi impersonata dai fratelli Florin e Henrik Maasz) e al gerente del Lido (Sandro Scolari, coadiuvato all’amministrazione da Elisabeth Dionisi) è quella di aver perso per strada chi finalmente sapeva far funzionare la spiaggetta, ma non sarebbe stato apprezzato e soprattutto appoggiato come avrebbe meritato. O almeno questo è quanto ritiene chi oggi rimpiange il Wilson.

Al netto delle verità di parte che alimentano il batti e ribatti da quando la spiaggetta è tornata a chiamarsi Crusoe (la versione precedente il Wilson), v’è da rilevare che, sempre dal sedime del Lido, se ne sono andati in tempi recenti anche i subaffittuari del Sunset (il “beach-bar” situato sul fronte opposto della spiaggia rispetto al Wilson, a ovest, a ridosso del Bagno pubblico) e quelli della cucina: tutti servizi che la MBF, con il beneplacito del Patriziato, aveva dato in subappalto ma che poi, per motivi diversi dettati da incomprensioni legate ai rispettivi metodi di gestione, ha progressivamente riassunto in proprio. È evidente che qualcosa, quantomeno nella gestione dei rapporti – se non in quella delle questioni meramente commerciali – da qualche parte “sfugga”; probabilmente non soltanto, ma di certo anche alla società anonima partner del Patriziato.

Società anonima che la “Regione” ha coinvolto con una richiesta di chiarimento. A nome della Sa il vicepresidente Florin Maasz parla di «accuse generiche» mosse alla società e nota che «non è mai stata nostra intenzione partecipare alla polemica». Nel merito – dopo essere entrato nei dettagli di taluni rapporti commerciali (dettagli che tralasciamo) – Maasz rileva che «i “connotati” del Lido sono sempre gli stessi. Certo abbiamo apportato parecchie migliorie, rifatto il pavimento, coperto la terrazza, rinnovato il mobilio, rinnovato i bar in spiaggia, riseminato il parco. La struttura, a giudizio degli avventori, si presenta più attraente che mai». Quali affittuari, prosegue, «da otto anni rispondiamo personalmente per tutto quanto avviene all’interno del Lido al Patriziato di Ascona (proprietario della struttura), alle autorità comunali, alle autorità di vigilanza e all’utenza. Non paghiamo l’affitto al Patriziato unicamente per gestire le attività di ristorazione e di svago, ma siamo responsabili di tutta la struttura (comprensiva di parco e spiaggia) la cui manutenzione è interamente a nostro carico». Maasz aggiunge che «non abbiamo mai cercato dei subaffittuari, ma ogni anno riceviamo numerose proposte in tal senso. Avevamo deciso di dare fiducia ad alcune delle persone che si sono proposte, anche perché siamo sempre stati aperti a collaborazioni con altre realtà locali». Ma «una collaborazione sotto forma di subaffitto può funzionare unicamente se vi è un perseguimento di scopi comuni nel rispetto delle persone e delle regole stabilite di comune accordo». Quanto successo, invece, ha portato la Sa a rilevare che «chiunque altro, al nostro posto, dopo l’esperienza degli ultimi anni avrebbe deciso allo stesso modo. Le polemiche gratuite degli ultimi tempi non fanno che confermare l’inevitabilità delle decisioni prese».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔