Locarnese

Vent Negru, la tradizione di voce in voce

Vent Negru, Mauro Garbani ed Esther Rietschin
22 giugno 2017
|

“Preservare le tradizioni locali e regionali, mentre si aprono alle influenze, alle migrazioni e agli incontri”. È in bella vista sul sito ufficiale la missione del Festival Folk Euroradio, in programma nella Repubblica Ceca dal 19 al 22 luglio, in concomitanza con il Ceský Krumlov Folk Festival. La manifestazione è patrocinata da EBU (European Broadcasting Union), ‘monolite’ della comunicazione che regola l’Eurovisione per lo sport, l’Eurosong per la canzone pop e proprio l’Eurofolk per la musica popolare. A rappresentare la Svizzera in questa 38esima edizione ci sarà il duo Vent Negru. E non sarà la prima volta, come ci spiega Mauro Garbani, che con Esther Rietschin compone la coppia onsernonese: «Già nel 1986 con Mea d’Ora (gruppo precedente, nato nel 1983 e attivo sino al ’91, ndr) fui invitato a Segovia, in Spagna, proprio dall’EBU per lo stesso festival. Il fatto che questo accada una seconda volta è una soddisfazione ancora più grande».

(Vent Negru in concerto a Grono, lo scorso aprile)

Fondato da Garbani nel 1991, Vent Negru si è fatto tramite di un patrimonio di canti e musiche popolari del sud delle Alpi tramandato alla maniera della Chanson de Roland, ovvero per via orale. Di voce in voce, di luogo in luogo, di valle in valle, sino a quella di Onsernone, da dove Garbani lavora al recupero di una memoria storica non soltanto locale. «Ho iniziato a interessarmi di musica popolare quasi 40 anni fa» racconta il musicista. «Sono nato in un ambiente di memoria collettiva, di canto popolare trasmesso oralmente, ho raccolto gli ultimi rimasugli di quella memoria». Quella di Garbani è «da una parte una passione, dall’altra la voglia di continuare a trasmettere. Ci sono molti giovani interessati, quindi sento che ne vale la pena. Soprattutto quando ci spostiamo in Svizzera tedesca mi accorgo di quanta curiosità susciti la nostra musica».

In quasi 4 decenni di Vent Negru, il materiale recuperato «è imponente – dice ancora Garbani – ma io non ho le caratteristiche dell’archivista, non potrei quantificarlo fino in fondo». Il suo rapporto col passato è ricordare “non per rimpiangere com’erano belli quei tempi, ma per non dimenticarli”, un approccio finalizzato a quella che l’artista definisce «la costruzione di un pavimento pelvico mentale», inteso come una consapevolezza della storia che possa aiutarci nei tempi difficili che stiamo vivendo («se abbiamo memoria collettiva, allora siamo più consapevoli, e di conseguenza possiamo avere meno paura»). Il recupero include anche gli strumenti musicali di questa memoria, come «l’organetto diatonico, lo strumento principe in Ticino, antenato della fisarmonica», che accompagna di frequente il sassofono di Esther Rietschin («il sassofono era usato nelle bandelle, non è nuovo, e si sposa molto bene con l’organetto»). Ecco i due strumenti insieme nell'"Inno della Vallona":

Quello di Vent Negru, oltre che recupero, è anche riproposizione personale: «da una parte raccogliamo materiale, dall’altra reinterpretiamo la tradizione, applicando a volte anche gli stilemi attuali. Siamo aperti, elastici». Una reinterpretazione che è stata caratteristica spesso necessaria della musica popolare: «nessuno ha mai scritto nulla – sottolinea Garbani – se si considera che in passato era già un’eccezione quella di sapere scrivere, ancor più quella di scrivere musica». Da qui la necessità di tramandare musica oralmente. Dunque, «chi la riceveva, la musica, la faceva un po’ sua, nella continuità che viene dai cantastorie, dai suonatori itineranti». Nel video che segue, il musicista parla del ritrovamento della fisarmonica "semitonata" appartenuta e suonata da Carlo Nottaris (1875-1940):

In Repubblica Ceca, Vent Negru porterà «in ogni caso il meglio del nostro repertorio», quello che sta anche nell’ultimo cd “Resumada”, raccolta che è insieme bilancio e ripartenza: «da agosto, avremo una "new entry”», annuncia il fondatore, parlando del luganese Mattia Mirenda, 25enne che oltre a cantare, suona chitarra, organetto, mandolino e percussioni. «Mattia ha raccolto la nostra filosofia, ha sposato la musica e le espressioni di tradizione orale. Mi sento di dire che questo fatto, in termini di eredità, rappresenta una prima assoluta nel folk ticinese».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔