Il Tram dichiara illecita la procedura di assegnazione tramite mandato diretto da parte dell’Azienda cantonale dei rifiuti. ‘Serviva un concorso pubblico’
Una “grave irregolarità” nell’assegnazione delle commesse per la posa dei pannelli fotovoltaici sulle facciate del termovalorizzatore di Giubiasco. È quanto ravvisa il Tribunale amministrativo cantonale (Tram) nella sua sentenza del 12 febbraio 2025, giudicando illeciti gli incarichi diretti deliberati dal committente, ovvero l’Azienda cantonale dei rifiuti (Acr).
In sostanza, la recente decisione sconfessa la scelta dell’Acr del 14 settembre 2023 – stando a nostre informazioni avallata dal Consiglio di amministrazione all’interno del quale siede anche il consigliere di Stato e direttore del Dipartmento del territorio, Claudio Zali – di suddividere l’assegnazione dei lavori, affidando a un’azienda un incarico per un importo di 137mila franchi per la posa dei pannelli su una delle pareti, mentre a una seconda ditta un appalto pari a 130mila franchi per l’installazione degli impianti fotovoltaici su un’altra facciata dell’edificio. Ora, nella sua sentenza, il Tram sottolinea che le prestazioni affidate a una delle due aziende riguardavano anche la necessaria predisposizione alla posa dei pannelli di cui era stata incaricata l’altra ditta. “Le opere – si legge nella sentenza – sono pertanto strettamente correlate nella misura in cui dipendono necessariamente le une dalle altre”. E il committente, nella stima del valore di mercato, “non poteva pertanto che prenderle in considerazione nel loro insieme”. Il Tram evidenzia dunque che l’importo complessivo della delibera è in realtà di 267mila franchi. Ciò che risulta “di gran lunga superiore a quello che permette l’aggiudicazione diretta per le commesse edili o artigianali” (in questi casi il totale della delibera non deve superare i 150mila franchi, ndr). Il committente, conclude il tribunale, avrebbe pertanto dovuto indire un pubblico concorso. “Le delibere risultano quindi inficiate da una grave irregolarità, costituita da una lesione di norme di diritto imperativo”. Dal canto suo la committenza, patrocinata dall’avvocato Andrea Bersani, ha formulato le sue osservazioni, affermando – a torto secondo il Tram – che la suddivisione dell’appalto è prassi ricorrente, volta ad aprire maggiormente il mercato, ritenuto che le autorizzazioni per l’esecuzione dei lavori sono diverse, così come le competenze.
A contestare la procedura scelta dall’Azienda cantonale dei rifiuti è stata un’altra ditta attiva nel settore delle energie rinnovabili: con il ricorso interposto il 21 ottobre 2024, l’azienda in questione – patrocinata dall’avvocato Filippo Gianoni – ha chiesto l’annullamento delle delibere e la concessione dell’effetto sospensivo. Effetto sospensivo negato dal Tram con decreto dell’11 novembre 2024, ritenuto che allora la fase del cantiere era già in stato avanzato. La licenza edilizia per la posa dei pannelli è infatti stata rilasciata nell’aprile del 2024 e solo nel successivo mese di ottobre la ditta ricorrente è venuta a conoscenza della procedura di aggiudicazione. Recentemente si sono conclusi gli interventi per quanto riguarda una delle pareti, mentre sull’altra facciata (quella più lunga) si sta procedendo con l’installazione degli agganci e dei cablaggi.
Delibere illecite ma non annullabili
La sentenza del Tram dichiara dunque illecite le delibere dell’Acr, che tuttavia rimangono di fatto valide e non vengono annullate come sollecitava il ricorso (di qui il suo parziale accoglimento). In caso di ricorso contro una procedura di aggiudicazione, si legge nella sentenza, se il contratto è già stato concluso, l’autorità adita si limita infatti “a constatare il carattere illegale della decisione”. Nel caso specifico, i lavori erano già cominciati prima dell’inoltro del ricorso, avvenuto oltre un anno dopo la delibera. Lavori che non sono stati interrotti nelle more della procedura, avendo il giudice delegato respinto la domanda di concessione dell’effetto sospensivo. “In queste circostanze, atteso che le opere, laddove non fossero ancora ultimate, sarebbero comunque a uno stadio avanzato, non si giustifica di ordinare al committente di mettere fine ai contratti con le deliberatarie”, indica il Tram.
Oltre dunque ad accertare il carattere illegale delle decisioni, la sentenza pone a carico del committente e di una delle aziende aggiudicartici (l’altra non ha invece contestato il ricorso) unicamente le spese giudiziarie a carico della ditta ricorrente. Restano tuttavia possibili eventuali misure di competenza dell’Ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche del Dipartimento del territorio, a cui è stata trasmessa la sentenza. Contattata dalla redazione, la direzione dell’Acr ha preferito non commentare la vicenda, limitandosi a indicare che le valutazioni sono in corso circa l’eventualità di un ricorso che porterebbe il caso davanti al Tribunale federale.
«Ho chiesto informazioni all’Azienda cantonale dei rifiuti per capire come mai non ci fosse stato un bando di concorso per un mandato così grande», afferma contattato dalla redazione il titolare della ditta ricorrente. «Purtroppo ho riscontrato parecchia opposizione da parte dell’Acr. Mi era stato detto che si era scelto di assegnare un mandato diretto per evitare lungaggini burocratiche e procedure complesse. Un modo di operare poco trasparente, visto che si parla pur sempre di un ente pubblico». Da qui la decisione di presentare ricorso. «Senza un bando di concorso si elimina la concorrenza e quindi anche la possibilità per il committente, in questo caso l’Azienda cantonale dei rifiuti, di ottenere un risparmio. Sono piuttosto sicuro – prosegue il nostro interlocutore – che con un bando, e quindi uno studio di progettazione esterno, l’Acr avrebbe potuto ottenere un prezzo migliore. Anche perché sull’intera vicenda ci sono diversi punti interrogativi. Non si è saputo, ad esempio, quanto è stato speso per l’acquisto del materiale». La ditta ricorrente non otterrà alcun vantaggio economico o indennizzo dal ricorso in quanto, come detto, i lavori sono nel frattempo in dirittura d’arrivo. «È soprattutto una questione di principio e per evitare che situazioni illegali si riproducano in futuro. In questa vicenda vedo una procedura gestita male sotto diversi profili: tecnico, economico e gestionale. Senza dimenticare che in questi anni e anche in futuro, giustamente, il Cantone intende promuovere con convinzione l’installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici. È importante che lo si faccia seguendo correttamente le procedure e con l’intento di non spendere più del necessario».