L’Associazione ospedali di valle critica la proposta federale in consultazione e anche l’opinione parzialmente positiva del Consiglio di Stato
I casi bagatella che vengono gestiti al Pronto soccorso non devono venire tassati. Lo chiede l’Associazione per gli ospedali di valle, con sede ad Acquarossa, criticando in un comunicato stampa la presa di posizione parzialmente positiva che il Consiglio di Stato (cfr. ‘laRegione’ del 6 febbraio) ha indirizzato Berna nell’ambito della consultazione federale avviata in merito alla proposta di far pagare 50 franchi a chi si rivolge a un nosocomio per questioni minori. Una tassa il cui triplice scopo sarebbe quello di sensibilizzare i pazienti rendendoli più consapevoli sui costi sanitari, contenerne l’evoluzione e ridurre la pressione sui servizi non di rado alle prese con persone in assenza di una vera e propria situazione d’urgenza.
Ma “50 franchi per le ‘bagatelle’ non sono la soluzione!”, tuona l’associazione presieduta da Gina La Mantia dopo aver preso atto “con stupore” della posizione governativa che “appoggia l’idea scaturita da un’iniziativa parlamentare federale depositata nel 2017” volta a colpire chi si presenta senza preavviso scritto di un medico, farmacista o di un servizio di telemedicina (esclusi bambini e giovani fino a 18 anni e donne incinte). Così come pensata, la tassa “presenta dei problemi tali da renderla inutile, pericolosa e del tutto inapplicabile”. L’associazione si dice sorpresa del fatto che il Consiglio di Stato “elenchi i problemi uno per uno, senza giungere all’unica conclusione possibile: questa tassa non s’ha da introdurre perché dannosa per la salute pubblica”. Infatti alcune domande cercano risposta: “Quante persone nel dubbio rinuncerebbero alla visita medica d’urgenza, che però potrebbe essere provvidenziale, ad esempio in caso di ictus o infarto? Quante persone, proprio in questi casi, perderebbero minuti preziosi alla ricerca di una preiscrizione per potersi recare al Pronto o Primo soccorso? E cosa farebbero di notte? Quante persone vulnerabili, in situazioni di disagio sociale, senza medico di famiglia verrebbero escluse dalla possibilità di farsi vedere da un medico?”.
Quanto al testo dell’iniziativa, vi si legge che “il medico di famiglia ha da sempre rappresentato il primo interlocutore per la fruizione di cure mediche, una prassi che si è dimostrata del tutto valida”. Parole che l'associazione considera giuste, “se non fosse che i medici di famiglia oggi scarseggiano, in particolare nelle valli. Perciò questa nuova imposizione raddoppierebbe la difficoltà e prolungherebbe il tempo d’attesa prima di ottenere un sollievo fisico e morale”. Questo passaggio obbligatorio e la tassa aggiuntiva rischiano insomma di indurre i potenziali pazienti “a facilmente rinunciare alla visita. E la conseguente trascuratezza sanitaria sarebbe pericolosa”.
A ciò si aggiunga il fatto che un’apparente bagatella “potrebbe tramutarsi in un problema assai più grave: dove sta allora la reale emergenza?”, domanda l’Associazione per gli ospedali di valle. La quale in definitiva ritiene che il servizio di Pronto e Primo soccorso “debba rimanere accessibile a tutta la popolazione senza sovrattasse per qualsiasi bisogno sanitario”. Tuttavia, ritiene anche “indispensabile un’informazione chiara, semplice e completa, da parte del Cantone, delle strutture e degli specialisti sanitari sui comportamenti che i pazienti devono assumere a seconda dello stato di salute e dei sintomi, al fine di ottenere una maggior alfabetizzazione sanitaria”. Investire in questo campo, conclude l’associazione, “impone una formazione del personale addetto e la formazione di un maggior numero di medici di famiglia: così si aiuterebbe a ridurre la pressione sui reparti di Pronto e Primo soccorso, ma senza mettere a repentaglio la salute della popolazione”.
Dal canto suo, ricordiamo, il Consiglio di Stato insiste sulla necessità che le casistiche chiaramente minori siano gestite attraverso altri canali, come quello dei medici di famiglia. D’altronde a parlare chiaro sono le cifre: in Ticino la popolazione ricorre più spesso al Pronto soccorso, con 325,3 consultazioni per mille domiciliati nel 2023 a fronte di una media nazionale di 230. Tuttavia anche il governo riconosce nella proposta “una serie di inconvenienti e controindicazioni”. A cominciare dall’accesso alle cure: “Le persone con redditi modesti potrebbero in effetti aspettare troppo a lungo prima di recarsi in Pronto soccorso. Inoltre, a prescindere dalla condizione economica, questa tassa potrebbe avere un impatto destabilizzante sui pazienti per quanto attiene al comportamento adeguato da assumere al manifestarsi di un bisogno di salute”. Un esempio concreto, ancora una volta, tocca i casi di emergenza dove ogni minuto conta, come ictus o infarti: “Questa tassa sui casi di lieve entità potrebbe in effetti fare perdere preziosi minuti qualora il paziente o i suoi parenti dovessero prendere contatto dapprima con un medico, una farmacia o un centro di telemedicina”.