Francesco Lombardo, presidente dell’Associazione Franca, sollecita le autorità a riconsiderare il caso leventinese sulla base della Convenzione Onu
«I diritti del bambino, ancorati nel 1996 nella specifica Convenzione internazionale dell’Onu sottoscritta l’anno dopo dalla Svizzera, sono stati debitamente considerati e rispettati nelle varie procedure e decisioni adottate dalle autorità amministrative e giudiziarie ticinesi e federali nel caso dei tre nipotini onduregni di Giornico?». È una domanda che va dritta al cuore della questione quella che pone Francesco Lombardo, presidente dell’Associazione Franca di Arbedo, sin dal 2011 impegnata in attività didattiche, di animazione, promozione e prevenzione nei confronti di bambini e ragazzi fino ai 18 anni. La pone interrogandosi sulla sorte di Massimiliano, Teodoro e Francesco Mossi di dieci, undici e dodici anni. Della loro storia – finita anche al centro di un’interrogazione parlamentare interpartitica che chiede di adottare un approccio più umano e comprensivo nel rilascio dei permessi – abbiamo riferito tre volte nelle ultime settimane.
Tutti e tre rischiano di dover lasciare il Ticino il prossimo 30 giugno, alla fine dell’anno scolastico. Il loro nonno Marzio Mossi, cittadino svizzero di origini bellinzonesi, li ha cresciuti in Leventina durante gli ultimi nove anni, insieme alla moglie onduregna Claudia, dopo averli portati via nel 2016 da uno dei Paesi più pericolosi al mondo. In Honduras, tanti anni fa, Marzio si era rifatto una vita come piccolo imprenditore; ma a un certo punto, dopo essere stato pestato a sangue, si è visto costretto a fuggire insieme alla famiglia poiché inseguito da concrete minacce di morte. Assenti i genitori dei bambini, l’anno scorso Marzio e Claudia hanno quindi ottenuto lo statuto di tutori ufficiali per decisione dell’Autorità regionale di protezione di Faido basatasi su proprie valutazioni socio-ambientali e su quelle svolte dall’Ufficio cantonale dell’aiuto e della protezione. Valutazioni positive che insieme alle relative decisioni non sembrano però sufficienti a evitare il temuto rimpatrio forzato.
Francesco Lombardo, che idea s’è fatta di questo caso?
Anzitutto pongo alcune domande: e i diritti del bambino a 35 anni di distanza dalla proclamazione della Convenzione Onu che abbiamo appena celebrato con diversi eventi sul nostro territorio? Non stiamo facendo uno, due, tre passi indietro? Più se ne parla e più quei diritti vengono calpestati. Eppure la Convenzione rappresenta la legge, visto che la Svizzera l’ha ratificata nel 1997!
Ma quali diritti possono vantare questi bambini?
Molto semplice, sono esattamente gli stessi degli altri bambini. Non è perché oggi vivono una situazione di migrazione che in più devono essere privati dei loro diritti inscritti nella Convenzione e nelle nostre leggi domestiche: diritto di andare a scuola, di apprendere, di confrontarsi con bambini del Paese d’accoglienza, di vivere con la propria famiglia o con persone di riferimento positive e significative, di essere messi in situazione di potersi integrare e di non essere discriminati. Di arricchire i bambini autoctoni che possono avere l’opportunità di confrontarsi con altri bambini con lingue, usi e costumi, culture differenti.
La politica ora si è mossa su iniziativa della deputata Sara Beretta Piccoli. Sarà sufficiente?
Questi bambini ci ricordano un capitolo importante della Convenzione che concerne la responsabilità degli adulti, famiglia e Stato. Spetta a noi adulti, genitori, professionisti, politici, docenti, amministratori del bene pubblico, batterci perché questi diritti vengano rispettati. Ritroveremmo allora la nostra responsabilità di cittadini. Considerato il loro passato questi bambini hanno bisogno più di altri, o almeno quanto gli altri, di sostegno, di essere attentamente ascoltati, ma soprattutto di sentirsi uguali agli altri bambini, in linea con quanto promosso finora dal Decs e dal Dss con la formazione di docenti e operatori dei vari servizi.
Già, i servizi. Le autorità che decidono. Hanno veramente capito i contorni della vicenda?
Non vorrei apparire sgarbato o arrogante, ho un profondo rispetto per chi lavora in questi ambiti, ma in uno spirito costruttivo mi permetto di ricordare una volta di più ai vari funzionari e addetti ai lavori, poiché questo caso non è altro che l’ultimo di una lunga serie, che prima di essere migranti e di prendere in considerazione e applicare le leggi sulla migrazione, Massimiliano, Teodoro e Francesco sono innanzitutto bambini e come tali devono beneficiare di tutti i diritti e di tutte le garanzie previsti nelle leggi. Ciò che potrebbe sembrare ovvio, purtroppo non lo è affatto. Perciò invito il Consiglio di Stato a rivedere la sua decisione e ad adottare tutte le misure di sua competenza per permettere a questi bambini di continuare a vivere e crescere in Ticino con i loro nonni, altre figure significative di riferimento importanti, compagni e amici. Appaiono quindi sproporzionate e non negli interessi superiori di questi bambini (articolo 3 della Convenzione) le decisioni di respingimento delle domande e di obbligo di lasciare la Svizzera. Tanto più che, dopo quasi nove anni, i tre nipotini non conoscono altra realtà che quella ticinese. Sono ben integrati e non gravano economicamente sulle casse cantonali, occupandosi i nonni del loro sostentamento e della crescita.
Perciò cosa suggerisce di fare?
Ben consapevole delle enormi difficoltà e complessità a livello globale, quindi anche in Ticino, nel far fronte a un fenomeno emergente e preoccupante come quello dei flussi migratori, senza stigmatizzare l’operato dei vari uffici e dei servizi, e con spirito costruttivo onde evitare il ripetersi di altre azioni intimidatorie e disdicevoli, mi permetto di formulare alcune raccomandazioni. Confido che il governo le tenga sempre in considerazione per quanto attiene ai minorenni migranti. Per cominciare, preoccupa il fatto che il principio dell’interesse superiore del bambino, almeno per questa vicenda, non sia stato esplicitamente inserito in tutte le pertinenti normative a livello cantonale e non sia stato applicato sistematicamente in tutti i procedimenti amministrativi e giudiziari.
Ossia, concretamente?
Raccomando che il principio fondamentale degli interessi superiori del bambino sia una considerazione permanente e che questo diritto sia adeguatamente integrato e coerentemente applicato in tutti i procedimenti e in tutte le decisioni di natura legislativa, amministrativa e giudiziaria, nonché in tutte le politiche e in tutti i programmi e progetti pertinenti e aventi ripercussioni sui minori sul territorio, quindi anche sui bambini con statuto di migrante residenti in Ticino. Invito le autorità competenti a sviluppare procedure e criteri per fornire indicazioni utili a tutte le persone competenti per determinare quali siano gli interessi superiori del bambino in ogni ambito e per attribuirgli la dovuta importanza a titolo di considerazione permanente. Tali procedure e criteri dovrebbero essere diffusi in tribunali, autorità amministrative, organi legislativi, istituzioni pubbliche e private di protezione sociale, nonché nella società civile.
Quindi, ancora una volta, lei teme che nel caso dei tre nipotini il tema ‘diritti del fanciullo’ sia stato trascurato?
Sì. Perciò la domanda s’impone: siamo sicuri che gli uffici preposti stiano agendo negli interessi superiori dei minori separandoli dai nonni, che ne detengono oltretutto l’autorità parentale, dagli amici, dagli affetti, dal territorio, dal loro percorso educativo e formativo, rispedendoli in uno Stato, l’Honduras, considerato come uno dei Paesi più pericolosi al mondo, che di fatto nemmeno conoscono vivendo in Ticino da ben nove anni?
Bisogna però anche dire che nel nostro Paese c’è un’attenzione abbastanza elevata verso i bisogni del bambino. Si può dire altrettanto dell’ascolto?
Rispetto alle opinioni del bambino rilevo gli sforzi continui compiuti dallo Stato per garantire il rispetto delle sue opinioni nei procedimenti familiari e in materia di protezione, nella giustizia minorile e in altri ambiti pertinenti, nonché per coinvolgere i minori nella pianificazione politica e nei processi decisionali a livello comunale. Tuttavia, temo che il principio del rispetto delle sue opinioni non sia assicurato né applicato sistematicamente, nella prassi, in tutte le questioni che interessano i minori e che esistano disparità di trattamento in termini di attuazione. Sono inoltre preoccupato per il fatto che le figure professionali che lavorano con e per i minori non sono sufficientemente formate all’applicazione di questo principio. Perciò, anche in virtù delle normative in vigore relative al diritto del bambino di essere ascoltato, raccomando alle autorità di adottare le misure necessarie a rafforzare questo diritto in conformità all’articolo 12 della Convenzione Onu.
Quali le conseguenze pratiche?
Si deve rafforzare l’impegno nel garantire che il diritto del bambino di essere ascoltato sia applicato in tutti i procedimenti giudiziari e amministrativi concernenti le persone minorenni e che le opinioni di queste siano debitamente prese in considerazione. Occorre intensificare gli sforzi per garantire che i minorenni abbiano il diritto di esprimere liberamente la loro opinione su ogni questione che li interessa e che le loro opinioni siano debitamente prese in considerazione a scuola e dalle altre istituzioni educative, in famiglia, nel sistema di ‘presa a carico di rete’ (welfare), nonché nella pianificazione politica e nei processi decisionali, prestando particolare attenzione ai minorenni che vivono in condizioni sfavorevoli e di emarginazione. E ancora: bisogna garantire che le figure professionali attive in ambito giudiziario e sociale, o che operano in altri ambiti concernenti i minorenni, ricevano sistematicamente una formazione adeguata su come assicurare una partecipazione effettiva dei bambini.
Torniamo all’inizio. Parrebbe inevaso, in tutto questo, un interrogativo di fondo ritenuto un elemento chiave dall’Onu.
Che è semplicemente questo: sono stati ascoltati i tre bambini da personale specializzato, per capire le loro opinioni e i loro punti di vista su questa faccenda cruciale per la loro salute e vita, in vista di completare il quadro, affinché le autorità competenti possano decidere quali siano i loro interessi prioritari (educazione, salute fisica e mentale ecc.) che lo Stato deve loro non sulla base della carità, ma nel rispetto delle varie leggi?