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Oggi in Appello il processo sul fallimento Airlight di Biasca

Fotovoltaico e rinnovabili: tornano in tribunale per il giudizio di secondo grado i cinque imputati, quattro dei quali erano stati assolti nel 2023

Uno dei prototipi fotovoltaici sviluppati a Biasca
(Ti-Press)
16 gennaio 2025
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A quasi due anni dal giudizio di primo grado, torna oggi e domani in tribunale a Lugano il caso Airlight di Biasca, startup chiusa nel settembre 2016 sotto il peso dei debiti (25 milioni) proprio mentre stava ottenendo la certificazione del suo primo grande impianto fotovoltaico in Marocco concepito per l'alimentazione energetica di un cementificio nel deserto. Prosciolti quattro imputati su cinque nell’aprile 2023, ma ora di nuovo tutti e cinque alla sbarra davanti alla Corte di appello e revisione penale: questo perché la Procura ha impugnato le assoluzioni, come pure l’unico condannato ha ricorso contro il giudizio a lui sfavorevole pronunciato dalle Assise criminali presiedute dall’ormai ex giudice, destituito, Siro Quadri. Idem hanno fatto due accusatori privati che chiedono la condanna del quintetto. Corte che nel 2023 aveva di fatto smontato quasi integralmente il castello accusatorio portato avanti dal procuratore pubblico Daniele Galliano, che aveva proposto complessivamente a carico del quintetto oltre otto anni di detenzione.

Tutti gli imputati, sempre dichiaratisi innocenti, in varie fasi si erano intercalati ai vertici della promettente giovane azienda che dava lavoro a diversi tecnici ma che nonostante le ottime premesse a un certo punto ha imbarcato solo acqua. Nel dettaglio, la Corte di primo grado aveva condannato a 13 mesi con la condizionale unicamente l'inventore della tecnologia Airlight, e direttore della ditta, Andrea Pedretti per i reati di amministrazione infedele aggravata e diminuzione dell'attivo a danno dei creditori.

Assolto invece l'imprenditore Marco Zanetti, amministratore unico della manufacturing di Biasca dal dicembre 2015 al febbraio 2016 e membro dell’omonima holding di Lugano incaricata di procurare i finanziamenti per la parte produttiva; patrocinato dall'avvocato Stelio Pesciallo, a suo carico il procuratore aveva proposto la pena più pesante, ossia tre anni di detenzione, di cui sei mesi da scontare in carcere. Prosciolto l'ingegnere Federico Micheli, membro del Cda della holding e dal febbraio 2016 amministratore unico della manufacturing fino al fallimento: difeso dall'avvocato Emanuele Verda, rischiava fino a due anni di detenzione sospesi con la condizionale; nel frattempo ha pagato tutti gli oneri sociali della manufacturing, ciò che è sfociato in un decreto di abbandono da parte della Procura per l'ipotesi di reato annessa. Idem Pasquale Cardarelli, membro del Cda della holding, il più anziano del gruppo avendo oggi 91 anni: rappresentato dall'avvocato Mario Postizzi, per lui erano stati chiesti due anni sospesi. Stessa sorte per Francesco Bolgiani, coinvolto nella parte meno pesante dell'atto d'accusa, quella dei favori concessi a creditori: difeso dall'avvocato Paolo Bernasconi, rischiava il versamento di 180 aliquote.

‘Non si sono arricchiti’

Ma cosa diceva la Corte nel 2023? Riferendosi alla Airlight proiettata nel mondo delle energie rinnovabili, parlava di «risultato insoddisfacente, ma ciò non significa ancora che tutto debba sfociare in reati penali, considerando il principio del rischio imprenditoriale riconosciuto dal legislatore e dalla giurisprudenza». In questo ambito si puniscono secondo il Codice penale svizzero «atti commessi con grave leggerezza o con cieco ottimismo, all'origine quindi di un pesante pregiudizio». È sempre andata così? «No, ci sono stati atti legalmente giusti come le ripetute iniezioni di capitali; alcuni imputati hanno lavorato gratuitamente e non si sono certo arricchiti a dismisura. Importante, per la valutazione del dolo, è il fatto che alcuni di essi hanno messo a disposizione parecchi soldi e infine li hanno persi, il tutto in un contesto di startup di cui sin dall'inizio non si aveva certezza di successo. Stiamo parlando di un settore notoriamente a rischio».

Diametralmente opposta, evidentemente, la visione dell’Accusa. Che ribadirà – e sono attese anche nuove prove o fatti, in base al diritto penale – le richieste di pena davanti alla Carp presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will. Mentre il collegio difensivo si batterà ancora per un’assoluzione collettiva.

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