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Bodio e Faido pronti a lanciare il referendum dei Comuni

Contro la modifica della Legge tributaria che toglie risorse agli enti locali. I due sindaci: ‘Importante far sentire la nostra voce istituzionale’

Stefano Imelli (Bodio) e Corrado Anastasi (Faido)
(Ti-Press)
21 dicembre 2023
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È sull’asse leventinese Bodio-Faido, lungo appena 15 chilometri, che durante l’ultima settimana è maturata una riflessione attorno all’eventualità di lanciare anche un referendum dei Comuni – in aggiunta a quello popolare interpartitico intitolato ‘Stop ai tagli’ e la cui raccolta firme è già in corso – contro la modifica della Legge tributaria cantonale votata il 12 dicembre dalla maggioranza Plr, Lega e Udc del Gran Consiglio. Modifica che fra le altre cose prevede anche la riduzione dell’1,66% dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per compensare il ritorno del coefficiente cantonale d’imposta dal 97 al 100% e la riduzione, a favore dei redditi alti, dell’aliquota massima dal 15% al 12% da qui al 2030. Ciò che si tradurrebbe in minori entrate per 46 milioni di franchi annui nelle casse comunali. La Città di Bellinzona dovrebbe ad esempio rinunciare a 1,3-1,5 milioni.

Bellinzona il cui Municipio, in vista della seduta parlamentare, aveva scritto ai deputati della regione sensibilizzandoli sulla questione e invitandoli a bocciare la modifica. Qualcuno ha ascoltato, altri no. Municipio che sembra però ora orientato a non partecipare a un eventuale referendum dei Comuni, ritenendolo una modalità sbagliata di confronto col Cantone e vista anche la non entrata in materia votata questo lunedì dal Legislativo verso la proposta di risoluzione, favorevole appunto a un referendum dei Comuni, del Movimento per il socialismo.

‘Cifre piccole ma che fanno la differenza’

Mentre dunque la capitale ticinese resta alla finestra a guardare, nell’Alto Ticino ci si mobilita. I sindaci popolari democratici di Bodio e Faido sono convinti che la voce istituzionale dei Comuni debba essere fatta chiaramente sentire alla popolazione – in vista della chiamata alle urne – tramite un loro referendum parallelo e rafforzativo di quello interpartitico orientato a mettere in luce e a contrastare i tagli che si materializzerebbero in vari servizi pubblici, anche a seguito dell’applicazione del decreto Morisoli. «Oltre al concetto di base secondo cui le modifiche alla Legge tributaria obbligano i Comuni a partecipare al risanamento delle finanze cantonali – premette il sindaco di Bodio Stefano Imelli – tengo a sottolineare che così facendo si sottraggono importanti risorse impiegate a favore della popolazione sul piano locale. Un danno concreto, almeno alle nostre latitudini, per i molti Comuni che non navigano nell’oro. Un peggioramento che si concretizza proprio ora che nella bassa Leventina ci apprestiamo a far nascere il nuovo Comune aggregato di Bodio e Giornico. Per quanto ci riguarda, un calcolo preciso non lo abbiamo ancora fatto, ma la perdita potrebbe aggirarsi fra i 100 e i 200mila franchi annui. Risorse che se guardate con gli occhi delle città o del cantone dicono magari poco, ma che nei nostri bilanci fanno la differenza, considerate le poche persone giuridiche qui presenti».

‘Non siamo stati consultati’

Concretamente, c’è tempo fino al 13 febbraio per presentare alla Cancelleria dello Stato una lettera del Municipio che attesti l’adesione al referendum dei Comuni, che è da ritenere riuscito se vi aderisce un quinto del totale, ossia 22 enti locali sui 106 presenti. Una data chiave sarà quella del 10 gennaio quando il tema sarà messo all’ordine del giorno della prossima riunione dell’Associazione dei comuni della Leventina (Acl): «Io e il sindaco di Faido porteremo le nostre motivazioni in quel consesso – informa Imelli – cercando di convincere più colleghi possibile sulla necessità di profilarci in modo netto e compatto». «Durante la riunione si valuterà se lanciare un referendum oppure se limitarci a una presa di posizione per comunque far sentire la nostra voce – aggiunge Corrado Nastasi contattato da ‘laRegione’ –. Non si può negare che i maggiori oneri per i Comuni previsti da quanto votato dal Gran Consiglio creeranno qualche difficoltà a enti locali piccoli come i nostri». Il presidente dell’Acl mostra poi disappunto per il fatto che i Comuni «non sono stati consultati prima di portare in parlamento una riforma che tocca anche la nostra pressione fiscale: si sarebbe forse potuto trovare un compromesso». Una critica peraltro espressa anche dall’Associazione dei comuni ticinesi.

Sollecitata l’Act

Se e quanti Municipi aderiranno, al momento non è dato sapere: alcuni sindaci della regione interpellati negli ultimi giorni dalla redazione han fatto sapere che una riflessione è in corso e pochi si sono sbilanciati, sebbene a titolo personale. Si tratta di sindaci liberali-radicali, probabilmente propensi ad allinearsi alla linea del partito che ha fatto breccia in Gran Consiglio con qualche eccezione di peso. «Nel frattempo – conclude Stefano Imelli – ho sollecitato l’Associazione dei comuni ticinesi. Sarebbe molto interessante sapere cosa ne pensa e se intende profilarsi, confidando che non si limiti a tacere per mere questioni partitiche».

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