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Da stalla ad abitazione: punito abuso edilizio a Serravalle

Accolto dal Tf il ricorso dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale che, una volta accertata l’irregolarità, sollecitava lo smantellamento

‘Prima cavalli e in futuro mucche’: ma la sostanza non cambia
(Ti-Press)
17 ottobre 2023
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Decisamente originale l’abuso edilizio che il Comune di Serravalle, il Dipartimento del territorio, il Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo cantonale, l’Ufficio federale della pianificazione territoriale e ora anche il Tribunale federale hanno gestito durante l’ultimo decennio nella bassa Val di Blenio, dove la proprietaria di una stalla per cavalli, situata fuori zona edificabile, ne ha trasformata una parte rendendola abitabile. Non un appartamento, ma una vera e propria abitazione di cento metri quadrati e su tre piani per il custode. Una situazione analoga a quella dei rustici ristrutturati abusivamente, con la sola differenza che questi furono un tempo umili edifici rurali, mentre la stalla in questione era al momento dei fatti in piena attività. Un caso netto, dunque, di abuso edilizio. Tant’è che ora, a oltre dieci anni dalla prima decisione municipale che negava nel marzo 2012 il permesso chiesto a posteriori dalla proprietaria per il parziale cambiamento di destinazione, il Tribunale federale ha scritto la parola fine alla vertenza: accogliendo parzialmente il ricorso dell’irremovibile Ufficio federale della pianificazione territoriale, ha rinviato la causa al Comune di Serravalle affinché ordini lo sgombero dei locali e la loro demolizione.

La prescrizione di 30 anni

Pugno di ferro dunque contro un abuso che nel suo piccolo ha pur sempre del clamoroso. Pugno di ferro che la massima Corte giudiziaria elvetica ha sempre applicato anche in passato, in più parti della Svizzera tradizionale, nei confronti della miriade di modifiche abusive scoperte in edifici fuori zona edificabile. Un caso su tutti, restando nelle Tre Valli, il cosiddetto ‘rustico della Val Pontirone’ che di rurale, una volta ristrutturato, perse ogni forma divenendo a tutti gli effetti un edificio montano di ottima qualità, ma ahilui, e per i suoi proprietari, appunto abusivo. Una rigorosa applicazione del diritto tuttavia allentata l’anno scorso dalle Camere federali accogliendo la mozione che chiedeva di riconoscere e applicare un termine di prescrizione di 30 anni, scaduto il quale non si può più far demolire un’opera abusiva. Detto altrimenti, un condono edilizio. Tuttavia nel frattempo non entrato in vigore dovendo ancora il Consiglio federale elaborare un apposito messaggio.

Passa il tempo e nulla cambia

Ma torniamo alla stalla di Serravalle. Come emerge dalla sentenza di Losanna, il ‘niet’ municipale del 2012 contro il cambiamento di destinazione postumo non era stato impugnato dalla proprietaria; cosicché tre anni dopo, nel 2015, ad aggregazione avvenuta, il Municipio del nuovo Comune di Serravalle aveva ripreso il filo del discorso intimando a lei e al custode di liberare entro fine ottobre i locali abusivi. Due le reazioni della titolare: un ricorso al Consiglio di Stato contro l’ordine municipale e una domanda di costruzione in sanatoria. Passato un altro anno e mezzo, nel marzo 2017 il Municipio aveva negato il permesso richiesto sulla base del preavviso dipartimentale negativo anche perché, per la tenuta di cavalli a scopo ricreativo, la presenza permanente di un custode non sarebbe indispensabile. Nel 2018 il governo cantonale aveva quindi confermato sia il diniego comunale, sia l’ordine municipale di sgombero. Altro doppio ricorso della proprietaria, altri tre anni di utilizzo abusivo, finché nel settembre 2021 il Tram riunisce i due ricorsi respingendoli entrambi.

Berna come un falco

E qui come un falco piomba sulla vertenza l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale. Il quale al Tf, avvalendosi di tale possibilità, chiede una ‘reformatio in peius’, ossia di completare la decisione del Tram. In che modo? Anzitutto annullando la decisione municipale del 2015 poiché, scrive, erroneamente non impone il ripristino della situazione preesistente e in particolare la rimozione di tutte le strutture abusive suscettibili di rendere abitabile la stalla; inoltre l’Ufficio chiede al Tf anche di imporre alla proprietaria il ripristino della situazione preesistente e il rinvio degli atti al Comune affinché stabilisca i dettagli del ripristino. A suo dire, infatti, il semplice divieto d’uso non garantisce da solo il ripristino legale di una situazione conforme al diritto. In risposta, la proprietaria chiede di respingere il ricorso indicando anche la volontà di inoltrare una nuova domanda di costruzione. Motivo: dopo il fallimento dei precedenti progetti con i cavalli, un nuovo gestore intenderebbe attuarne uno per l’allevamento di mucche che richiederebbe la presenza costante del custode in loco, con tanto di abitazione. A sua volta, e stranamente, anche il Comune critica il ricorso dell’Ufficio sostenendo che l’ordine di ripristino verrà emanato successivamente (a ben dieci anni dal suo primo diniego). E siccome la proprietaria non aveva invece impugnato la decisione del Tram, l’Ufficio federale nel ricorso inoltrato al Tf scrive che il Municipio avrebbe potuto imporre nel frattempo il divieto di utilizzo, se del caso passando esso stesso dalle parole ai fatti “sigillando porte e finestre, cambiando le serrature e interrompendo gli allacciamenti” di elettricità e acqua.

Comune e Cantone sollecitati ad agire

Siamo al groviglio totale e il Tribunale federale trova il bandolo della matassa citando la Legge edilizia e il suo regolamento di applicazione che in Ticino codificano la gestione dell’ordine di demolizione per gli edifici situati fuori zona edificabile. Ne consegue che il Municipio per far eseguire l’ordine – cresciuta in giudicato la decisione sull’illegalità della trasformazione edilizia – deve preventivamente chiedere l’avviso del Dipartimento del territorio; avviso che ha “forza vincolante per il Municipio”. Nel caso specifico l’ordine di demolizione, considerato lo stadio della procedura all’epoca, non poteva dunque essere comunicato dal Comune simultaneamente al divieto d’uso, da ritenere in ogni caso una misura cautelare. Ma “qualora il Comune avesse sollecitato l’avviso dipartimentale in vista dell’adozione di un ordine di demolizione, l’Ufficio federale avrebbe verosimilmente ritirato il ricorso, o lo stesso sarebbe diventato privo d’oggetto”. Da qui la conclusione del Tf: l’abitazione abusiva dovrà essere smantellata sulla base delle misure che il Municipio dovrà “senza indugio” sollecitare al Dipartimento del territorio e che quest’ultimo dovrà indicare al Municipio. Questo mentre “è immediatamente eseguibile” l’ordine di liberare i locali. Fine dell’abuso e 2’000 franchi di spese giudiziarie poste a carico della proprietaria.MA.MO.

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