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Rustici fuori zona, lasci ogni speranza chi li affitta online

Il Cantone si adegua a Berna: lettera ai Comuni sull’obbligo di cambiare destinazione. Ma ‘disposizioni severe e autorizzazioni solo in casi eccezionali’

(Ti-Press)
15 settembre 2023
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Si mettano il cuore in pace – o si armino di pazienza mettendo anche la mano sul portamonete – i proprietari di rustici situati fuori zona edificabile intenzionati ad affittarli per brevi periodi (sotto i 90 giorni annui) a scopo turistico tramite piattaforme online. In tutti i casi “va sempre inoltrata una domanda di costruzione atta a verificare la possibilità per un cambiamento di destinazione” da residenza secondaria ad alloggio turistico. Eventuali autorizzazioni “devono essere valutate in base alle severe disposizioni federali concernenti la costruzione al di fuori delle zone edificabili”; autorizzazioni “che potranno essere concesse solo in casi eccezionali”. Non va meglio agli alloggi situati nel Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (Puc-Peip): qui la questione “è più delicata: se non rientranti nella limitata casistica degli edifici tutelati da una situazione acquisita, le locazioni di breve durata a scopi turistici sono escluse”.

Interrogazione pendente

A dirlo in una comunicazione inviata il 10 agosto a tutti i Comuni ticinesi è la Sezione cantonale degli enti locali. Che ha agito da postina essendo il tema di competenza del Dipartimento del territorio e del Dipartimento finanze ed economia. Il tutto mentre dal 21 giugno è pendente sul tavolo del Consiglio di Stato un’interrogazione dei granconsiglieri Aron Piezzi e Luca Renzetti sul fatto che il Cantone fra il 2021 e oggi avrebbe adottato un atteggiamento ondivago, ossia inizialmente accomodante nei confronti dei proprietari dei rustici fuori zona, ma da quest’anno più restrittivo. Da cosa derivi questo cambiamento di approccio è la domanda di fondo dell’interrogazione, che sollecita dal CdS una chiara presa di posizione all’indirizzo dei proprietari e dei Comuni.

Poche spiegazioni

Una prima risposta – parziale, mancando il côté politico – è implicitamente contenuta appunto nella missiva Sel di cui siamo entrati in possesso. Lettera che sta suscitando ampio dibattito nei Municipi, che agiscono in prima fila nelle procedure e non di rado desiderano vedere animati i pregiati monti grazie alla presenza non solo dei proprietari dei rustici ma anche dei turisti che li occupano, non da ultimo per le ricadute positive sui servizi locali (in primis commerci, ristorazione e impianti di risalita) e sulle casse pubbliche sotto forma di tassa di soggiorno incamerata dalle Organizzazioni turistiche regionali che a loro volta la investono nel territorio. Nella lettera ai Comuni il Cantone esordisce affermando di aver “sentito l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale” e di voler così condividere “le indicazioni dei competenti servizi in ambito di procedure edilizie”.

Due tentativi andati a vuoto

La redazione ha sollecitato telefonicamente e via posta elettronica i servizi del Dt e del Dfe, come pure il Dipartimento federale e l’Azienda turistica ticinese. Quest’ultima spiega che “l’Att si occupa unicamente della parte tecnica della piattaforma per le registrazioni; non disponiamo di dati relativi al numero di rustici registrati che sono fuori zona. Sono in ogni caso i Comuni a dover effettuare le verifiche ed eventualmente rifiutare le richieste”. Il Dt (Divisione sviluppo territoriale e mobilità) scrive di non avere informazioni utili da dare poiché il tema “è seguito in primis dalla Divisione dell’economia” al Dfe. La quale a sua volta si dice non competente in materia e c’invita a contattare il Dt. Infine, citando gli articoli 75 della Costituzione federale e 1 e 24 e seguenti della Legge federale sulla pianificazione del territorio, Berna si limita a scrivere che “le restrizioni per le locazioni di breve durata a scopi turistici fuori dalle zone edificabili si basano sul diritto federale e in particolare sul principio di separazione tra zona edificabile e non edificabile”. E nulla più. ‘In camera caritatis’ dal Cantone ci viene detto che negli ultimi mesi Bellinzona ha tentato due volte di sensibilizzare il Dipartimento federale ambiente, trasporti, energia e comunicazioni sull’opportunità di impostare un approccio meno restrittivo e un po’ più vicino alla strategia turistica impostata dal Dipartimento federale economia, formazione e ricerca che vede nelle regioni di montagna e rurali sempre più opportunità da sfruttare, non da ultimo considerando il cambiamento climatico.

Una sola eccezione ammessa

A una prima risposta negativa giunta dall’Ufficio federale dello sviluppo territoriale, sarebbe seguita una lettera cantonale di insistenza sulla necessità di trattare i casi con modalità più vicine alle esigenze del turismo, della sua promozione e sviluppo. Tentativi vani, perché Berna ha sempre fatto valere le severe disposizioni federali concernenti – non solo in Ticino ma sull’intero territorio nazionale – la costruzione al di fuori delle zone edificabili. Un po' diversa, rispetto a quella inviata alla redazione, la risposta data alle istanze ticinesi dall'Ufficio federale, laddove fonda la propria opinione vincolante sull’Ordinanza relativa alla pianificazione del territorio. Viene citato l’articolo 39 dedicato alle eccezioni previste per edifici fuori zona e in comprensori con insediamenti sparsi ed edifici tipici del paesaggio. L’articolo alla lettera D sancisce che i Cantoni possono autorizzare la modifica dell’utilizzo di edifici esistenti, protetti perché elementi tipici del paesaggio, unicamente se la conservazione duratura degli stessi può essere garantita solo con un cambiamento di destinazione, nel caso specifico appunto da residenza secondaria a (anche) turistica.

Obbligo d'intervenire

In definitiva – stando a quanto filtra col contagocce – in seno ai servizi cantonali è maturata l’opinione secondo cui Berna ritenga inammissibile consentire in generale l’affitto al di fuori dalle zone edificabili anche per brevi periodi e soprattutto in assenza di autorizzazione. Non solo, sempre secondo Berna l’autorità cantonale competente in ambito di edilizia (Ufficio domande di costruzione al Dipartimento del territorio), dovrebbe intervenire e impedire tali attività nel perimetro del Puc-Peip come sancito dal capoverso 5 dell’articolo 39, secondo cui 5 “In caso di modifiche illegali l’autorità cantonale provvede affinché sia disposto ed eseguito il ripristino della situazione conforme al diritto”.

Atteggiamento rigoroso

Ne consegue che in seno al governo nessuno si è ora sentito di andare contro il volere così espresso dall’Ufficio federale. E che difficilmente i proprietari di rustici fuori zona intenzionati ad affittarli inoltreranno domande di costruzione per cambio di destinazione. Difficilmente sia per gli oneri finanziari derivanti dalla procedura edilizia priva di garanzia di successo, sia per il rischio d’incorrere prima o poi in ispezioni, sanzioni e obblighi di ripristino in presenza di abusi edilizi, anche di piccola entità, fino a quel momento mai ravvisati. Il tutto nell’ambito della cosiddetta ‘polizia edilizia’ che agisce per far rispettare il Regolamento di applicazione della Legge edilizia e la Legge federale sulla pianificazione del territorio.

Due anni fa era invece ‘sicuramente autorizzabile’

In definitiva Berna detta legge e il Cantone si adegua. La conseguenza è che un settore economico in ambito turistico, dotato di buon potenziale, rischia di non potersi sviluppare perché non autorizzato a esistere. Questo a differenza degli alloggi situati in zona edificabile che grazie a una recente modifica del Regolamento di applicazione della Legge edilizia cantonale non devono inoltrare domanda di costruzione per cambio di destinazione se utilizzati a scopo turistico per periodi brevi e sotto i 90 giorni annui. Per contro – rammentano i deputati Piezzi e Renzetti nell’interrogazione pendente – nel 2021 il Consiglio di Stato in risposta alla Commissione economia e lavoro del Gran Consiglio scriveva: “Attualmente nelle nostre valli si è confrontati con il problema dei letti freddi. In ogni caso i rustici ristrutturati dovrebbero perlomeno aver ottenuto l'abitabilità da parte del Comune. Se un edificio è abitato (o abitabile) dai proprietari è sicuramente autorizzabile anche per l'affitto a breve termine, per cui il Comune deve agire come in una normale richiesta limitandosi a una valutazione di fatto dell'edificio con gli elementi di sua conoscenza”.

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