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Cerca casa e curatore il Piccolo museo della scatola di latta

Ad Aquila chiude lo spazio espositivo e l’ideatore Franco Grassi, ormai in là con gli anni, vorrebbe consegnare i 7’000 pezzi in mani volenterose

18 ottobre 2022
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Franco Grassi lo aveva ideato nel 1987 occupando uno spazio di casa sua con i primi pezzi esposti. Oggi, 35 anni dopo e migliaia di visitatori dopo, all’età di 76 anni si vede costretto a cercare un successore e anche una nuova sede. Parliamo del Piccolo museo della scatola di latta i cui settemila pezzi da dieci anni sono esposti, ma ancora solo per pochissimi giorni, nell’antica casa di Grumarone, frazioncina di Aquila, in Val di Blenio. Dentro questi sei locali settecenteschi le confezioni provenienti da mezzo mondo e che un tempo contenevano caramelle, biscotti, dolciumi, dado, caffè, tè, tabacco, farmaci, creme di bellezza, lucido per scarpe, polveri miracolose per sportivi e, restando in tema, anche acqua santa di Lourdes, accolgono con i loro simpatici colori gli occhi incuriositi dei visitatori. Sui coperchi puoi vederci Carlo e Diana sorridenti quando ancora la vita sorrideva loro, e poi bamboline, soldati in uniforme, bambini che giocano, fiori freschi e secchi, frutta e natura morta, immagini bucoliche, grafiche della Belle Époque e disegni avveniristici, motivi pasquali, natalizi e anche i Re Magi. Poi ci sono le scatole a forma di scrigno, di vecchie locomotive, treni, bus della posta, camion del latte, camion della Migros, vetture, battelli e ambulanze. Tutte rigorosamente di metallo e meticolosamente esposte, catalogate, spolverate, tenute semplicemente in ordine, pronte a farsi ammirare.

Un viaggio attraverso tre secoli

Un tempo però che sta per finire, ci spiega Franco Grassi, originario di Massagno e domiciliato a Olivone. Anche attraverso l’intermediazione della ‘Voce di Blenio’, che ci ha contattati, si è messo alla ricerca di un nuovo spazio espositivo. Infatti nei prossimi mesi i figli del suo amico proprietario, giunto anch’egli a una certa età, intendono vendere l’antica casa messagli a disposizione una dozzina d’anni fa a condizioni molto favorevoli. «Ho impiegato tre anni per sistemarla trasformando i sei locali in uno spazio espositivo dignitoso e ben fruibile», sottolinea Franco: «Quindi nel 2012 l’apertura ufficiale. Da allora ho accolto mediamente circa 300 visitatori all’anno durante il periodo di apertura limitato alla sola bella stagione. Ora che mia moglie non c’è più e che gli anni si fanno un po’ sentire, forse è giunto anche per me il momento di passare il testimone». Già, ma a chi? «Mi piacerebbe tanto che lo prendesse qualcuno con la mia stessa passione. Confido che vi siano in Ticino, o altrove, singole persone, gruppi, associazioni, fondazioni o musei capaci di vedere in queste settemila scatole di latta un valido motivo per impegnare tempo e risorse in qualcosa che vuol essere anche un affascinante viaggio a cavallo di tre secoli». La scatola più vecchia, una della Suchard contenente cacao, risale infatti al 1862. Intanto qualche tentativo per individuare una nuova sede è già stato fatto, ma recenti contatti avuti con la Parrocchia di Aquila e con autorità onsernonesi non hanno purtroppo portato al risultato sperato; ora si cerca di percorrere qualsiasi via utile. Compreso l’appello attraverso questo articolo di giornale.

Tutto ebbe inizio a Lugano

Ma come nasce la passione di Franco Grassi, insegnante di scuole professionali in pensione, per questi contenitori che il più delle volte finiscono a custodire viti e bulloni in cantina, o il necessario per il rammendo casalingo, o qualche segreto dimenticato in fondo a un cassetto, oppure gettati tra la ferraglia degli ecocentri? «Ricordo di aver visitato una mostra alla Banca del Gottardo a Lugano verso la metà degli anni 80. Me ne innamorai subito. Memore di alcuni pezzi identici che appartenevano già a mia nonna Freada e a mia madre Marta, mi misi ad accumularne sia comprandone nei mercatini e da altri collezionisti, sia ricevendone in dono. Una volta raggiunto un numero sufficientemente ampio – ricorda Franco – li esposi in un locale della casa di Giubiasco dove abitavamo allora. Poi, siccome da cosa nasce cosa, la quantità a un certo punto era diventata tale da richiedere una superficie più generosa. Ed eccoci in Val di Blenio, dapprima nella troppo piccola casa di vacanza a Ponto Aquilesco e poi qui a Grumarone dove occupiamo circa 120 metri quadrati. I locali sono numerati per facilitare la catalogazione e l’individuazione di qualche pezzo particolare o pregiato». Uscire di qui non sarà facile, sottolinea Grassi: quando a fine ottobre chiuderà l’esposizione per quest’anno, «dovrò… inscatolare tutto quanto e svuotare i locali entro fine anno. Sarebbe davvero bello se da qui ad allora maturasse da qualche parte l’interesse a ritirare la collezione. La cedo gratuitamente, non chiedo niente in cambio. Soltanto un futuro dignitoso per le mie scatole di latta». Eventuali interessati possono rivolgersi direttamente a lui telefonandogli allo 079 683 30 40: «Sarò volentieri a disposizione per il trasloco e per riavviare la mostra altrove. Poi la saluterei definitivamente».

Un’efficace rete di raccolta

Il ‘patrimonio’ è stato accumulato «grazie anche alla mia funzione di ispettore dei mercatini dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana. Una vasta rete di contatti che mi ha permesso di entrare pian piano in possesso di molti pezzi unici, di cui i proprietari volevano semplicemente disfarsi». Una curiosità, per finire: chi sono i visitatori del piccolo museo? «Per lo più singole persone, come me appassionate, alcune delle quali sono poi tornate qui donandomi delle scatole di pregio. Altri ne approfittano per consegnare interi scatoloni, che poi devo selezionare, come l’ultimo arrivato proprio in questi giorni». Un museo adatto anche alle scuole? «In teoria sì, perché ha pur sempre un contenuto storico e, se si vuole, anche didattico per quanto riguarda per esempio i beni di consumo e le mode alimentari succedutesi nell’arco di svariati decenni. Purtroppo però (ndr: sorride mentre ne parla) la dimensione di questi locali e le condizioni dello stabile secolare non consentono visite di gruppi troppo numerosi. Qui infatti se ci si sposta tutti insieme le mensole traballano e le scatole cadono per terra».

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